Europa debole. Toyota mette in moto Fiat. Stampa internazionale divisa su Marchionne
Borse europee incerte nel primo pomeriggio. I listini continentali sono migliorati rispetto all’avvio e si muovono intorno alla parità dopo il ritocco all’insù dei tassi di interesse deciso dalle autorità cinesi per tenere sotto controllo crescita economica e inflazione. La Banca centrale cinese ha aumentato il tasso di riferimento e i tassi sui prestiti di 0,25 punti percentuali con effetto da mercoledì per ridurre la liquidità e per gestire la fiammata dell’inflazione. La Banca del Popolo ha dichiarato in un comunicato che porterà il tasso di prestito in yuan a un anno al 6,06% dal 5,81% e il tasso sui depositi in yuan, al 3,00% dal 2,75%.
Londra cede lo 0,1%, mentre Parigi e Francoforte segnano un +0,16% e un +0,26%. Madrid si porta a +0,36%. Stona Piazza Affari che sconta il rosso dei bancari: il Ftse Mib scivola dello 0,30%. “Siamo in un mercato molto tirato, che era salito troppo rapidamente”, segnalano alcuni operatori. “Potremmo assistere a breve a una rotazione settoriale e vedere le banche tornare indietro – azzarda un trader – nelle ultime settimane i finanziari sono saliti molto e adesso sono diventati meno appealing”. Unicredit lascia sul parterre l’1,78% a 1,87 euro. n rosso anche Intesa Sanpaolo che perde l’1,79% a 2,4725 euro. Male le tre popolari con Banco Popolare a 2,7025 euro (-1,82%), Bpm a 3,10 euro (-1,43%) e Ubi Banca a quota 7,665 euro (-0,78%). Seguono Mps (-0,79% a 0,9445 euro) e Mediobanca che registra un calo dello 0,75% a 7,95 euro.
Chi vive una seduta senza esitazioni è Fiat (+2,4%) che sfrutta la vivacità dell’intero settore auto dopo che Toyota, numero uno al mondo delle quattro ruote, ha quadruplicato sugli utili nei primi nove mesi dell’esercizio 2010-11. Buoni gli scambi che accompagnano l’ascesa del titolo: sono passati di mano circa 19,4 milioni di pezzi contro una media giornaliera di 34,6 milioni. Guadagni più contenuti per Fiat Industrial a 10,06 euro (+0,75%), così come per la holding Exor che tocca quota 23,05 euro (+0,52%). A sostenere l’onda lunga degli acquisti sul Lingotto sono le dichiarazioni dell’amministratore delegato del gruppo, Sergio Marchionne, su una possibile fusione con Chrysler con conseguente trasloco del centro decisionale dalla sede storica di Torino a Detroit, sede della controllata americana, e l’attesa dell’incontro, previsto per sabato, con il premier Silvio Berlusconi.
Sulle richieste che avanzerà il governo è stato chiaro il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani. “Chiederemo di investire nel nostro paese. Di rimanere con la testa ed il cuore nel nostro paese”, ha detto. A fare quadrato ci saranno anche il ministro delle finanze Tremonti, il ministro per lo sviluppo economico. Paolo Romani, il ministro per il Welfare, Maurizio Sacconi e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta. “Si tratterà di un vero e proprio summit”, segnalano gli analisti di Centrosim. Secondo il broker dovrebbe essere fatta chiarezza su un tavolo istituzionale, sugli obiettivi di Fabbrica Italia, un progetto di circa 20 miliardi di euro di investimenti negli stabilimenti italiani del gruppo per il rilancio definitivo della produzione domestica di Fiat.
In attesa di sabato, la stampa internazionale ha dedicato ampio spazio a Marchionne dopo le polemiche che ha scatenato sulle due sponde dell’Atlantico con le sue dichiarazioni a San Francisco. “Il fascino casual del capo della Fiat si rivela controproducente”, titola il Financial Times. “I commenti del capo della Fiat provocano agitazione”, scrive il Wall Street Journal. Per il quotidiano londinese questo passo falso per un amministratore delegato, che con la sua retorica schietta e colorita e un modo di vestirsi informale si è conquistato le simpatie dei media e dei politici, è una cosa rara. Ma “porta anche alla luce i rischi che Marchionne deve affrontare nel farsi carico di un compito delicato da un punto di vista politico”, ossia la ristrutturazione di Fiat in Italia per fermarne le perdite, e negli Usa riportare in utile Chrysler prima della quotazione in Borsa e della prevista fusione tra le due società.
Secondo il giornale Usa, invece, “il baccano” provocato dalle dichiarazioni dell’amministratore delegato del Lingotto evidenzia le difficoltà che l’Italia e le altre economie barcollanti della zona euro devono affrontare mentre tentano contemporaneamente di rilanciare la crescita e introdurre misure di austerità. Il Wsj sottolinea quindi che l’Italia ha uno dei più alti debiti pubblici in Europa, un mercato del lavoro non flessibile, tasse alte e troppa burocrazia. Tutti fattori che scoraggiano i grandi gruppi ad investire nel Paese. Diverse aziende italiane, aggiunge il quotidiano americano, hanno già delocalizzato, ma la partenza di Fiat potrebbe essere il colpo più duro per l’Italia. Il messaggio è chiaro, per tutti. O forse no. Palazzo Chigi incluso.