Notizie ETF ETF ai raggi X, si profila una stretta normativa

ETF ai raggi X, si profila una stretta normativa

Pubblicato 14 Ottobre 2011 Aggiornato 26 Settembre 2022 08:39

Il successo degli ETF ha comportato una crescita esponenziale del numero e delle tipologie di prodotti quotati a replica passiva che nel complesso risultano oltre 4.000 (considerando anche ETC ed ETN) con masse gestite per oltre 1,6 trilioni di dollari a metà 2011. Proliferare di nuovi prodotti che ha comportato un aumento della complessità di alcune delle strutture adoperate. Sotto accusa sono finiti principalmente i prodotti a replica sintetica (swap-based) e quelli strutturati che si avvalgono dell’utilizzo di contratti derivati senza l’acquisto diretto dei titoli compresi nel sottostante.

Verso una distinzione tra le diverse tipologie di prodotti
“Le normative vigenti che disciplinano gli ETF non sono sufficienti”. Con queste parole Steven Maijoor, presidente dell’Esma, ha ribadito l’intenzione di agire nella direzione di una riforma dell’industria degli ETF volta a garantire la massima trasparenza e un’adeguata distinzione tra i differenti prodotti presenti sul mercato. Riforma dell’industria degli ETF che, secondo una delle proposte avanzate nella consultazione pubblica fatta a luglio dall’Esma, potrebbe andare anche nella direzione di una distinzione tra prodotti “complessi” e quelli “non complessi”, con la possibilità di una restrizione della vendita dei primi agli investitori retail.

L’Esma, autorità che riunisce gli organi di vigilanza europei, a settembre ha pubblicato gli esiti della consultazione che sottoponeva ai partecipanti al mercato 45 quesiti incentrati principalmente sul mercato degli ETF sintetici e dei fondi strutturati costituiti come Ucits. E’ emersa la richiesta unanime di una maggiore trasparenza, mentre pareri discordanti sono arrivati circa l’eventuale nuova classificazione dei prodotti. L’Ebf (associazione delle banche europee) si è mostrata contraria a una regolamentazione specifica per gli ETF, ritenendo più consono includere le nuove norme nell’ambito della revisione della Mifid che disciplinerà la distribuzione dei fondi comuni a livello europeo. Inoltre, l’Ebf ha parlato del rischio che una nuova regolamentazione crei confusione tra gli investitori anche a causa della mancanza di una precisa definizione degli ETF nel paper proposto dall’Esma. Tra quelli che ritengono già adeguate le attuali norme Ucits c’è Deutsche Boerse: “Il regolamento esistente fornisce agli investitori istituzionali e a quelli retail un solido quadro per prendere decisioni appropriate”. 

Di contro Fidelity Worldwide Investment ha indicato una via molto rigorosa chiedendo all’autorità europea che tutti i prodotti che utilizzano i derivati ai fini di investimento siano considerati “complessi” e quindi disciplinati in futuro non dalla Ucits ma dalla direttiva relativa ai fondi di investimento alternativi (AIFMD). Anche l’European Systemic Risk Board (ESRB), prospettando l’eventualità di una crescita esponenziale del mercato degli ETF, ha incoraggiato l’Esma ad agire in maniera preventiva imparando dalla lezione avuta in passato dalla distribuzione di prodotti eccessivamente complessi.

Trasparenza ed etichettatura
“La trasparenza è un principio generale che dovrebbe guidare tutti i protagonisti dell’industria degli ETF e per questo deve essere migliorata a beneficio degli investitori”, ha sottolineato Joseph Linhares, responsabile di iShares in Europa. BlackRock e iShares hanno proposto una serie di riforme e raccomandazioni per una migliore informativa per rispondere adeguatamente ai rapidi cambiamenti che hanno caratterizzato il mercato dei fondi passivi quotati. Linhares ha sottolineato, in particolare, che ai prodotti progettati per investitori professionali, come gli strumenti short o a leva, non dovrebbe essere permesso di utilizzare il marchio ETF. Allo stesso modo BlackRock propone una distinzione tra le due tipologie di prodotti che permettono di investire sulle commodity: da un lato l’etichetta di ETC dovrebbe essere riservata ai fondi che replicano fisicamente le materie prime, mentre quelli che fanno utilizzo di contratti futures dovrebbero essere classificati come ETN.

“Fare chiarezza su come gli ETF sono fatti è divenuto indispensabile – ha commentato a ETF News Sergio Trezzi, co-responsabile del business retail europeo di Invesco. “Si  sta andando verso un’etichettatura ben distinta – ha aggiunto Trezzi – necessaria per mettere ordine tra due tipologie di prodotti ben distinte, ossia i cash based e gli swap based”. Credit Suisse, la cui gamma di ETF presenta una netta prevalenza dei prodotti a replica fisica (da novembre quattro ETF azionari emergenti passeranno dalla replica sintetica a quella fisica), ha rimarcato come la rapida crescita dei patrimoni e la sempre più forte domanda da parte degli investitori “chiamano l’intera industria degli ETF ad esprimere maggiori livelli di chiarezza e di trasparenza e all’adozione di più stringenti misure di contenimento del rischio”.