Notizie Notizie Mondo Elezioni midterm 2018: Congresso spaccato in due, ma per Trump ‘enorme successo’

Elezioni midterm 2018: Congresso spaccato in due, ma per Trump ‘enorme successo’

7 Novembre 2018 09:11

Un Congresso spaccato in due, che renderà più difficile il passaggio delle riforme auspicate dal presidente americano Donald Trump: è questo il messaggio che arriva dall’esito delle elezioni midterm Usa del 2018, che si sono tenute ieri, martedì 6 novembre. Mentre prosegue il conteggio dei voti, la situazione si fa sempre più definita.

I democratici hanno riconquistato la Camera per la prima volta in otto anni, strappando  24 seggi ad altrettanti repubblicani. In tutto, la Camera ha così 207 democratici contro 190 repubblicani.

Al Senato, i democratici hanno perso tuttavia tre seggi, che sono stati guadagnati dai repubblicani, per un risultato di 43 a 51.

Donald Trump non si è certo lasciato andare allo sconforto, e ha anzi commentato i risultati delle elezioni come “un enorme successo”.

Quelle presentate fin da subito, più che elezioni midterm del Congresso, come un vero e proprio referendum su Trump non sono state certo una disfatta per il presidente americano.

Lo stesso New York Times scrive che “i democratici catturano la Camera, mentre i repubblicani rafforzano la maggioranza al Senato”.

Ma, sempre il New York Times, fa notare che “l’affluenza al voto insolitamente alta conferma l’intensità della protesta contro Trump. I democratici, tra l’altro, “hanno conquistato anche governatori cruciali”.

Viene ribadito ancora che, “una indicazione di come le divisioni culturali e politiche potrebbero solo diventare più profonde, è che i guadagni (dei seggi) dei democratici non si sono estesi al Senato”

In palio c’erano 435 seggi della Camera e 35 dei 100 seggi del Senato.

Da segnalare che i deputati rimangono in carica per due anni, mentre i senatori per sei anni.

Due seggi al Senato avranno tuttavia una scadenza di due anni, visto che nei casi specifici le elezioni sono state necessarie a causa delle dimissioni di due senatori. Nelle elezioni midterm 2018, gli americani hanno votato anche per i governatori di 36 Stati su 50.

I risultati sono messi in evidenza dall’infografica del Guardian (si ricorda come il conteggio dei voti stia comunque continuando).

L’infografica successiva riassume i risultati della corsa ai governatorati.

A tal proposito, ci sono alcune cocenti sconfitte per i democratici, ma anche per i repubblicani.

Il governatore repubblicano del Winsconsin, Scott Walker, ha perso contro il democratico Tony Evers.

Nell’Idaho è stato riconfermato il repubblicano Brad Little. Paulette Jordan non diventerà dunque la prima governatrice nativo americana degli Stati Uniti. Allo stesso tempo, la democratica Sharice Davids che ha vinto in Kansas diventerà la prima donna nativo-americana del Congresso.

Bill Nelson, democratico, ha perso nella corsa al governatorato della Florida contro il governatore uscente Rick Scott.

Tra le novità che passano alla storia, sicuramente la vittoria di Alexandra Ocasio-Cortez, che diventa ufficialmente la donna più giovane mai eletta al Congresso: 29 anni, democratica, nelle primarie del Congresso che si erano svolte a New York lo scorso giugno aveva provocato un vero e proprio terremoto nel partito dei democratici, vincendo contro il veterano Joe Crowley.

Ayanna Pressley, è la prima rappresentante della Camera Usa di origini afro-americane della storia. Al Congresso entrano anche per la prima volta due donne musulmane, Rashida Tlaib e Ilhan Omar.

Jared Polis, è il primo gay dichiarato eletto governatore nella storia degli Stati Uniti. Democratico, è diventato governatore del Colorado.

Così James Athey, Senior Investment Manager di Aberdeen Standard Investments, commenta in una nota il risultato delle elezioni midterm:

“Il risultato delle elezioni americane di Mid Term (Congresso ai Democratici e Senato ai Repubblicani) è quello che i mercati finanziari si aspettavano. E’ per questo che non c’è stata una particolare reazione da parte loro. Ora i mercati si muoveranno rapidamente per speculare su come questo risultato possa rafforzare la politica estera di Trump, dal momento che è l’area più ovvia in cui egli può in gran parte operare senza il sostegno del Congresso. La loro attenzione sarà probabilmente focalizzata sul summit del G20 di questo mese, per capire quale direzione prenderà la guerra commerciale con la Cina, o quanto la Cina sia disposta a tornare al tavolo dei negoziati”.

Athey continua:

“Trump si trova ora in una posizione illogica. L’unica cosa che gli è più cara è il suo elettorato, ma il risultato delle elezioni lo costringe a concentrare le sue energie all’estero cercando di soddisfare gli interessi interni. Ciò significa che deve trovare un equilibrio. La guerra commerciale probabilmente sta già danneggiando le aziende in cui molti dei suoi elettori lavorano.  Pertanto, Trump dovrà guardarsi bene da coloro che si trovano oltre i confini degli Stati Uniti, per evitare che i suoi elettori siano danneggiati dalle sue politiche. Questo significa che potrebbe cercare di trovare un accordo con la Cina, che ora sembra davvero necessario per aiutare a tracciare una linea di demarcazione, vista la recente debolezza economica cinese”.

“Indipendentemente dal fatto che Trump riesca a raggiungere un accordo con la Cina – conclude l’esperto – questo non rappresenta un punto di svolta nella sua presidenza. Si è parlato del fatto che il risultato potrebbe frenarlo e questo mi sembra pericolosamente ingenuo. In ogni caso, questa è stata una campagna elettorale venale che è solo un altro esempio di quanto sia divisa oggi la politica americana. Gli investitori sono ben lungi dal capire quale sia il costo economico di questa divisione, ma alla fine se ne dovrà sostenere uno”.