Draghi: non ci sono rischi sistemici a stabilità finanziaria. Su caso Steinhoff ammette: perdite per Bce
“Buon Natale e Felice Anno Nuovo”. Così Mario Draghi, numero uno della Bce, ha esordito ai giornalisti, aprendo la conferenza stampa successiva all’annuncio della Bce sui tassi. Oltre al nuovo outlook della Banca centrale europea sul Pil e sull’inflazione dell’Eurozona, i mercati prestano attenzione anche alla dichiarazione di Draghi, secondo cui non ci sarebbero rischi sistemici alla stabilità finanziaria.
“Ci sono – ha sottolineato il banchiere centrale – alcune fonti localizzate di preoccupazione, ma non minacce significative a livello sistemico”.
Una rassicurazione importante, in un momento in cui le valutazioni degli asset portano diversi strategist a presentare scenari di correzioni o, peggio, di mercati orso in agguato.
Allo stesso tempo, Draghi ammette che la Bce ha sofferto perdite a causa della sua esposizione verso i bond Steinhoff, anche se cerca di smorzare i toni della vicenda, sottolineando che gli acquisti delle obbligazioni sono terminati nel momento stesso in cui sono emersi i primi problemi che hanno travolto il gigante attivo nel settore retail.
Quella di oggi è stata l’ultima riunione del Consiglio direttivo della Banca centrale del 2017, così come ieri è stato l’ultimo meeting del Fomc, il braccio di politica monetaria della Federal Reserve.
La differenza tra le due sponde dell’Atlantico, soprattutto in termini di tassi, si allarga sempre di più. La Fed ha alzato ieri i tassi di riferimento di un quarto di punto percentuale, al nuovo target compreso tra l’1,25% e l’1,5%, confermando di prevedere altre tre strette monetarie nel 2018.
La Bce di Draghi continua invece a mantenere aperto il suo piano di stimoli monetari straordinari QE (Quantitative easing), anche se l’ammontare degli acquisti di asset sarà dimezzato dagli attuali 60 miliardi a 30 miliardi di euro, a partire dall’anno prossimo.
I tassi rimangono inoltre ostinatamente al minimo storico, come reso noto oggi, con la Bce che ha lasciato i tassi di riferimento principali allo zero per cento, e quelli sui depositi negativi a -0,40%.
D’altronde, in Eurozona l’inflazione continua ad arrancare.
Fermo restando che il rischio di deflazione è scomparso, parola di Draghi, la dinamica dei prezzi non è certo quella auspicata dall’istituto, che ha come obiettivo una percentuale poco inferiore al 2%.
Detto questo, la Bce oggi ha comunicato le sue nuove proiezioni di crescita dell’economia e dell’inflazione, dal 2017 al 2020, e le sorprese non sono mancate.
In particolare, la Bce ha rivisto al rialzo l’outlook sulla crescita del Pil di quest’anno a +2,4%, dal +2,2% precedente; quello del 2018 è stato alzato a +2,3% da +1,8% inizialmente atteso; quello del 2019 a +1,9% da +1,7%; infine, la crescita del 2020 è prevista al ritmo +1,7%. Draghi ha parlato di previsioni che segnalano un “ritmo solido di crescita economica”.
Rivista al rialzo anche la stima sul tasso di inflazione del 2018, atteso ora a +1,4%, mentre per il 2020 si prevede una ulteriore accelerazione all’1,7%.
Ma il trend rimane piuttosto contenuto, anche se Draghi ha sottolineato che il fattore più importante è che il dato segua un percorso autosostenibile nel medio termine e sottolinea nel corso della conferenza stampa che la crescita dell’1,7% viene considerata un progresso sufficiente, sempre in un’ottica di medio periodo.
L’inflazione latitante è il motivo per cui Draghi ha sottolineato che “un ampio livello” di stimoli è ancora necessario. I mercati beneficeranno dunque dell’assist QE almeno fino al settembre del 2018, e anche oltre, se necessario.