Draghi e le minute spingono l’eurodollaro ai minimi da 3 settimane
Minimi da tre settimane per il cambio eurodollaro dopo che Mario Draghi ha confermato che la politica monetaria di Eurolandia non subirà variazioni nei prossimi mesi. Rispediti al mittente gli inviti, in special modo in arrivo dalla Germania, di una normalizzazione monetaria, il cross tra la moneta unica e il biglietto verde si è spinto a 1,0629, il livello minore da metà marzo.
“È ancora troppo presto per dichiarare vittoria sul fronte dell’inflazione”, ha detto il chairman nel corso di un intervento al Centro per gli Studi Finanziari dell’Università Goethe di Francoforte. Anzi, nelle condizioni attuali, “c’è ragione per essere cauti nel valutare quanto le prospettive dei prezzi si siano stabilizzate”.
La Banca centrale deve essere “sufficientemente sicura che l’inflazione converga davvero verso l’obiettivo di medio termine e che riesca a restare a questi livelli anche in presenza di condizioni monetarie meno accomodanti”.
A metà marzo Supermario aveva spinto l’eur/usd sopra la soglia degli 1,09 dollari, massimo da inizio novembre, dopo aver rilevato una minore urgenza di misure espansive. Su queste basi, il mercato aveva iniziato a prezzare una prima stretta monetaria a inizio 2018.
Oggi però è stato chiarito il senso di quelle parole. “Draghi ha detto in maniera piuttosto chiara che non è intenzionato a cambiare la forward guidance, che la politica monetaria necessita di restare espansiva ancora molto tempo e che l’outlook positivo dipende proprio dalle misure adottate”, ha detto Esther Reichelt, strategist valutario di Commerzbank.
A favorire gli acquisti di greenback anche la pubblicazione delle minute della Fed. Nell’ultima riunione del board l’istituto guidato da Janet Yellen ha discusso l’ipotesi di ridurre le dimensioni del suo bilancio entro la fine dell’anno. A 750 miliardi a fine 2017, al 31 marzo di 10 anni dopo il bilancio dell’istituto con sede a Washington si attestava a 4.200 miliardi di dollari.
“La Fed non ha tecnicamente parlato di vendere questi asset, ma di modificare, nei mesi a venire, la politica di reinvestimento del comitato”, segnala Arnaud Masset di Swissquote. “La banca centrale, infatti, al momento reinveste tutti i pagamenti principali dei portafogli buoni del Tesoro, debito e titoli MBS emessi da agenzie, mantenendone così invariata la dimensione nominale”.
“Il mercato non si aspettava che la Fed si sarebbe mossa così in fretta, gran parte degli analisti prevedeva che la Fed avrebbe cominciato a calibrare la sua politica di reinvestimento verso la metà del 2018”.