Dollaro snobba la Fed. Carica degli hedge fund su euro, e per contrarian Bce alzerà tassi già nel 2018 (GRAFICI)
Le mosse della Fed, che si prepara all’annuncio di stasera sui tassi, sono ormai, in gran parte, scontate dal dollaro. Diverso il caso dell’euro e dello yen visto che, come sottolinea a Bloomberg Erin Browne, responsabile della divisione di asset allocation di UBS Asset Management, “i mercati hanno prezzato molto poco” le possibili prossime decisioni della Bce di Mario Draghi e della Bank of Japan di Haruhiko Kuroda.
La Federal Reserve di Janet Yellen dovrebbe alzare i tassi di interesse Usa per la terza e ultima volta quest’anno, portando il target a un range compreso tra l’1,25 e l’1,5%. Continuando nel percorso di normalizzazione dei tassi anche nel 2018.
Eppure, il dollaro ha perso quest’anno più del 7% nei confronti delle principali valute al mondo, soffrendo la flessione più forte in più di un decennio. E le previsioni per il 2018 non lasciano presagire nulla di buono.
Certo, visto che questa terza stretta monetaria è scontata – il rialzo stimato è di un quarto di punto percentuale – l’attenzione degli investitori sarà rivolta oggi soprattutto alle indicazioni che Yellen darà sul 2018 e sul 2019, riferendosi anche e soprattutto all’impatto che il pacchetto di tagli fiscali al vaglio al Congresso Usa avrà sull’outlook. E una qualsiasi dichiarazione inaspettata potrebbe sostenere il biglietto verde.
E’ possibile per esempio che la Fed decida di rivedere al rialzo le previsioni di crescita del Pil Usa e anche quelle relative all’inflazione, che continua a confermarsi nota dolente delle banche centrali, a causa del suo lento avanzare.
I trader si concentreranno soprattutto sul dot plot, ovvero sulle stime della stessa Fed sul trend dei tassi di interesse: dot plot che nel mese di settembre prevedeva altri tre rialzi del costo del denaro di un quarto di punto percentuale, nel 2018 e che, secondo alcuni analisti di Wall Street, potrebbe essere aggiornato nelle prossime ore fino a contemplare, per il prossimo anno, quattro strette monetarie.
Yellen indirà la sua ultima conferenza stampa nelle vesti di numero uno della Fed alle 20.30 ora italiana. Poi, la palla passerà l’anno prossimo, a febbraio, al suo successore scelto da Donald Trump, Jerome Powell, che dovrebbe rimanere allineato al percorso attuale di politica monetaria.
Evidentemente però il dollaro sembra aver scontato anche in gran parte i futuri rialzi dei tassi, visto che quest’anno i trader che operano sul forex hanno continuato a vendere dollari nonostante il balzo dei forward interest-rate swap, che riflettono le scommesse sui rialzi di interesse da parte della Banca centrale Usa. Piuttosto, i trader hanno preferito puntare su euro e yen.
A proposito dell’euro, in attesa della riunione della Bce di domani, giovedì 15 dicembre, ci sono almeno sei banche che ritengono che Draghi potrebbe essere costretto – a dispetto delle rassicurazioni date ai mercati su un Quantitative easing aperto, quasi infinito – ad alzare i tassi di interesse già dal prossimo anno (e non nel 2019 come la maggior parte degli strategist stima).
Secondo le divisioni di ricerca di tali istituti, che includono Nomura International e Barclays, la crescita dell’inflazione più veloce delle attese in Eurozona costringerà la Banca centrale europea ad agire.
Così gli economisti di Nomura del team di Andrew Cates:
“Contrariamente al consensus, crediamo che a un certo punto, nell’arco dei prossimi mesi, la Bce rivedrà la propria strategia di politica monetaria”.
L’outlook è di un rialzo dei tassi sui depositi, al momento pari a -0,40%, di 10 punti base.
Philippe Gudin, responsabile economista dell’Europa per Barclays, è un altro contrarian, che ritiene che il Consiglio direttivo della Bce porrà fine al piano di Quantitative easing prima della fine del 2018, aumenterà i tassi sui depositi di 20 punti base nel quarto trimestre del prossimo anno, fino a portarli a zero all’inizio del 2019.
Ovviamente, una prospettiva del genere andrebbe a sostenere le quotazioni dell’euro.
Ma non c’è bisogno di far parte di queste banche “contrarian” per essere bullish sulla moneta unica.
Basta guardare agli stessi fatti: nel mercato dei futures, hedge fund e money managers stanno facendo infatti incetta di euro, tanto che le scommesse rialziste sono volate, su base netta, al record in sei anni.
In generale gli speculatori sono meno convinti sulle potenzialità di rialzo dello yen, ma Alan Ruskin, co-responsabile della divisione di ricerca sul forex di Deutsche Bank, sottolinea che un eventuale dietrofront della Bank of Japan rispetto alla sua politica monetaria potrebbe scatenare un movimento decisamente più ampio.
Da quando la Bank of Japan ha deciso di stabilire un target per il livello dei rendimenti dei bond, ovvero dal settembre del 2016, la valuta giapponese ha continuato a indebolirsi.
Proprio per questo, “lo yen è estremamente conveniente, per cui quando inizierà a invertire il trend, lo farà in modo molto deciso”.
Tornando al dollaro, i ribassisti ammettono che esiste una buona probabilità che la riforma fiscale di Trump sostenga le sue quotazioni nel primo semestre del prossimo anno. Ma pochi prevedono un trend rialzista nella seconda metà dell’anno, e anche con il rialzo dei tassi da parte della Fed. Gli analisti intervistati da Bloomberg sostengono che la valuta perderà terreno nei confronti di 13 delle 16 monete più scambiate al mondo, fino alla fine del 2018.