Dollar index ai massimi da oltre un anno
I nuovi segnali positivi in arrivo dalla prima economia e le vendite che stanno colpendo euro, yen e sterlina spingono l’indice del dollaro ai massimi dal luglio del 2013. Il dato macroeconomico più importante del giorno, l’Ism manifatturiero statunitense relativo il mese di agosto, ha stupito in positivo passando da 57,1 a 59 punti, il livello maggiore dal marzo del 2011. Indicazioni decisamente positive anche dalla spesa per costruzioni, che a luglio ha doppiato le attese crescendo dell’1,8% mensile.
“Si tratta di dati che suggeriscono una crescita annualizzata di circa il 5% anche se in questo momento riteniamo che per il Pil sarà difficile toccare questi livelli nel terzo trimestre visto il debole andamento dei consumi a luglio”, ha commentato Rob Carnell di ING.
A un dollaro in grande spolvero fa da contraltare un euro in trepidante attesa delle parole che il chairman Draghi pronuncerà giovedì al termine della riunione del board. In un contesto caratterizzato da bassa crescita e da aspettative di inflazione in netto calo gli analisti si attendono nuove aperture al piano di acquisto titoli e stanno di conseguenza spingendo al ribasso l’eurodollaro che oggi ha toccato il livello minimo da 12 mesi scendendo a 1,3109 usd.
Il rimpasto di governo voluto dal premier nipponico Abe, che intende ulteriormente potenziare la politica espansiva dell’esecutivo, ha fatto salire lo usd/jpy ai massimi dal 23 gennaio a 105,20. Secondo Vincenzo Longo di IG il superamento della soglia di 105 yen dovrebbe spingere il cross “verso i massimi di inizio anno, a 105,45, dove passa anche l’ultimo dei ritracciamenti di Fibonacci nella discesa dai picchi del 2007”. “Al di sopra di tale target la corsa sarebbe importante e il cambio potrebbe arrivare almeno sino a 108”, continua l’esperto.
Nel caso del cable, il cambio sterlina/dollaro, il movimento ribassista che oggi ha portato la coppia sotto quota 1,65 (1,6490 usd) per la prima in cinque mesi è riconducibile ai risultati dell’ultimo sondaggio effettuato da YouGov in vista del referendum che potrebbe portare alla separazione della Scozia dal Regno Unito dopo oltre 300 anni.
Secondo quanto emerso dall’indagine la differenza tra pro e contro l’indipendenza si sarebbe ridotta a 6 punti percentuali rispetto ai 14 della metà di agosto. Gli intervistati a favore della separazione sono stati il 47% del totale. “La sterlina non rappresenta un asset divisibile tra due Paesi”, ha già fatto sapere il Cancelliere dello scacchiere del Regno Unito, George Osborne. “Se la Scozia dovesse lasciare il Regno Unito, lascerà anche la sterlina”.