Def, Signorini (Bankitalia): Italia non rischia con fine QE e rialzo tassi, ma attenti a debito

“Non c’e’ un rischio imminente dalla fine del Quantitative easing per un Paese come l’Italia, non è così”. Parola di Luigi Federico Signorini, vice direttore generale di Bankitalia, che ha parlato nel corso dell‘audizione sul Def alla Camera. Insieme a Giorgio Alleva, presidente dell’Istat, Signorini ha fatto il punto della situazione sulle condizioni in cui versa l’Italia, alle prese con una fase di decelerazione della crescita, certificata dall’Istat, ma anche con diversi problemi esogeni, come il rischio di una guerra commerciale, nato con l’imposizione di dazi doganali da parte dell’amministrazione Trump.
Per Signorini, che ha ribadito anche la necessità di non fare un passo indietro nelle riforme pensionistiche adottate negli ultimi anni – quindi riforma Fornero inclusa, esattamente quella che M5S e Lega vogliono far affondare il prima possibile -, l’Italia riuscirebbe comunque a resistere alla decisione della Bce di staccare la spina del QE e/o di alzare i tassi di interesse.
“L’Italia riuscirà perfettamente a gestire” la situazione “se ci sarà un aumento graduale dei tassi di interesse, e un giorno o l’altro dobbiamo immaginare che ci sia“.
Detto questo, il funzionario di Bankitalia ha ripetuto più volte come sia fondamentale ridurre il debito pubblico e procedere nel percorso di risanamento dei conti.
“L’Italia è un Paese che pur sempre, per quanto riguarda il suo debito pubblico, ha 2.000 miliardi di debito e che ogni anno deve presentarsi ai mercati e rinnovare 400 miliardi di debito – ha ricordato Signorini – In una situazione del genere non si può non tenere conto dell’atteggiamento, della disponibilità e della capacità di assorbimento dei mercati”.
Roma insomma deve tenere in considerazione l’onnipresente platea di “investitori, fondi pensione o di investimento, che hanno bisogno di investire nel modo più redditizio e sicuro possibile”.
Ciò significa che “è estremamente importante una gestione prudente e lungimirante del debito“.
Signorini: stop aumento Iva, ma a queste condizioni
La stessa cosa vale anche per quanto riguarda la necessità di scongiurare l’aumento dell’Iva.
“Se si vuole evitare, o contenere, l’aumento dell’Iva e si è ugualmente determinati a imboccare la strada di una riduzione del debito visibile e significativa, bisognerà ricercare fonti alternative di aumento di entrata o riduzione di spesa”.
Dunque ok a stop all’aumento dell’Iva, dice Signorini, ma tenendo sempre in considerazione la priorità di ridurre il debito.
“Basta tenere a mente che l’avanzo primario di bilancio, valutato realisticamente ex ante e verificato ex post, resta la bussola che consente di mantenere fermo l’orientamento verso il riequilibrio della finanza pubblica. È a questo orientamento che guardano gli investitori. Se ora esitassimo o tornassimo indietro, resteremmo esposti al rischio di una crisi di fiducia, che potrebbe rendere tutto il percorso più arduo e costoso. Al contrario, se diventerà ancora più evidente un intento condiviso di agire sugli squilibri strutturali della finanza pubblica, lo spread potrebbe ulteriormente ridursi, facilitandoci il compito”.
Come al solito l’Italia si ritrova dunque tra l’incudine e il martello: tra la necessità di dare una spinta alla crescita della sua economia, che rimane a dispetto della ripresa fanalino di coda dell’Europa intera, nel caso specifico quella dunque di evitare l’impatto recessivo dell’aumento dell’Iva, e il bisogno di vigilare attentamente sui conti pubblici, visto il rapporto debito-Pil che rimane ancora troppo elevato.
Per questo, Signorini è stato chiaro nel difendere le riforme sulle pensioni fin qui adottate, dunque la riforma Fornero inclusa.
La sostenibilità del debito pubblico italiano “poggia in larga misura sulle riforme pensionistiche introdotte nell’arco degli ultimi decenni, che assicurano una dinamica degli esborsi in complesso gestibile nonostante l’invecchiamento della popolazione“.
Tali riforme, per il vice direttore generale di Bankitalia, rappresentano “uno dei punti di forza della finanza pubblica italiana”. Come tale, è opportuno non indebolirle, anche alla luce del fatto che le proiezioni più aggiornate sono oggi meno favorevoli delle precedenti”.