Def in arrivo: tagli spesa 2 mld, mentre Salvini punta su flat tax. Ma sui conti si ‘ripresenta’ bomba debito Cdp

E’ la settimana del Def: quella in cui, entro il prossimo 10 aprile, il governo M5S-Lega presenterà le proprie stime aggiornate sulla crescita del Pil e su altri parametri cruciali come il deficit-Pil e il debito-Pil: intanto, nel fine settimana, si è tornato a parlare della ‘minaccia’ del debito della Cdp (Cassa depositi e prestiti).
Di quale minaccia si parla? Per il Tempo, più che minaccia, si tratta di una vera e propria bomba che potrebbe essere piazzata nell’economia italiana: ovvero l’inserimento del debito della Cassa depositi e prestiti nel debito pubblico italiano.
“Riportare il debito delle Casse depositi e prestiti europee, anche quella italiana dunque (Cdp), nel perimetro dell’indebitamento del bilancio statale – ha scritto il quotidiano romano nel fine settimana – È l’ipotesi che Eurostat, l’istituto di statistica europeo, sta per mettere in pista per armonizzare i bilanci degli stati comunitari”.
Il titolo dell’articolo del Tempo è indicativo: ‘C’è una bomba nei conti italiani. Il debito Cdp diventi pubblico’ – “Per ora solo un’intenzione che circola nei corridoi di Bruxelles. Ma che avrebbe anche un scopo non secondario: lanciare un segnale di allarme al governo gialloverde, e in particolare al vicepremier Luigi Di Maio, che non ha mai nascosto l’idea di usare la Cassa Depositi come lo strumento per ripubblicizzare l’economia. E cioè di usare le ricche risorse del risparmio postale per sistemare le aziende in crisi come Alitalia”.
“C’è solo un problema- continua l’articolo scritto da Filippo Caleri – Applicare questo principio contabile al bilancio italiano, e cioè all’attuale debito si aggiungesse anche quello oggi fuori perimetro, sarebbe come piazzare (per l’appunto) una bomba nell’economia italiana, con la prospettiva di un nuovo attacco speculativo: far salire con un tratto di penna il debito di qualche centinaio di miliardi non renderebbe allettante la sottoscrizione di titoli di Stato da parte dei grandi investitori internazionali. Un pericolo troppo elevato. Anche per questo a sconsigliare un intervento del genere sarebbe stata la Germania“, e non certo per un improvviso slancio di generosità visto che, a essere presa di mira, sarebbe la sua stessa Cassa depositi e prestiti, la Kwf; inoltre, la Germania di Angela Merkel sa fin troppo bene di poter aver bisogno di un assist della cassa, visto il forte rallentamento che sta caratterizzando la propria economia, e che sta portando tra l’altro diverse istituzioni a sforbiciare fortemente le stime di crescita sul Pil”.
Lo spettro Cdp aleggia da un bel po’ sui conti italiani: nel settembre dello scorso anno era stata Dagospia a mettere in evidenza il rischio che i debiti della Cassa finissero, per volere di Bruxelles, per essere considerati come debito pubblico:
“I funzionari dell’Eurostat, l’ufficio statistico dell’UE – aveva riportato Dagospia – stanno da tempo collezionando tutte le dichiarazioni belluine del governo penta-leghista perché porterebbero alla conclusione che la Cassa Depositi e Prestiti è un soggetto pubblico. E come tale andrebbe riclassificato all’interno del perimetro del Bilancio dello Stato, vanificando così la manovra di Tremonti che negoziò a suo tempo il profilo privato di CDP”.
“A Bruxelles – continuava l’articolo – non è infatti passata inosservata la nomina ad amministratore delegato di Fabrizio Palermo, definito da Di Maio in quota M5S, prova provata che la CDP è controllata dallo Stato, malgrado in ogni intervista Tria provi a sostenere che si tratta di un soggetto privato”. “Una riclassificazione del genere – avvertiva Dagospia -sarebbe una débâcle perché causerebbe alle nostre malandate casse un guaio da 50 miliardi di aumento del debito“.
Cdp a parte, le pretese di Salvini nel Def
Intanto, Cdp a parte, nelle ultime ore il vicepremier Matteo Salvini è stato molto chiaro su ciò che vuole nel Def: la sua ambiziosa proposta flat tax. Il leader leghista ha lanciato un chiaro avvertimento al M5S:
“Abbiamo votato il reddito di cittadinanza, che non è nel dna della Lega, ora pretendiamo rispetto”. Di Maio ha risposto sì, mettendo tuttavia alcuni paletti: “La flat tax va fatta ma senza aiutare i ricchi”, ha detto il vicepremier, leader del M5S e ministro dello Sviluppo economico.
Una ulteriore precisazione è arrivata ieri sera, su Twitter, dal capogruppo M5S alla Camera Francesco D’Uva:
“Il Movimento 5 stelle ha siglato un contratto di governo per tutelare gli interessi dei cittadini e rilanciare il Paese. Con lealtà – dice D’Uva – abbiamo sempre rispettato i punti del contratto e lo faremo anche in futuro. Parlano i fatti e i provvedimenti approvati. Andiamo avanti con serietà”.
Sul fronte flat tax, lo stesso sottogretario alle Infrastrutture e ai Trasporti Armando Siri, ha fatto notare che la misura è un antibiotico contro la recessione:
Come ha riportato il Sole Conte ha sottolineato che “la Flat Tax, già comparsa insieme all’Ires al 20% nelle bozze del programma nazionale di riforma da allegare al Def con l’ipotesi di aliquota al 15% per i redditi fino a 30mila euro, deve esserci perché «ha un costo iniziale ma funziona come antibiotico contro la recessione»”.
Sempre sul tema Def, Il Sole 24 Ore ha anticipato in un articolo di ieri che il governo starebbe puntando su due miliardi di tagli alle spese, che dovrebbero colpire soprattutto il Mef, ovvero il ministero dell’Economia.
“L’attivazione della clausola sulla spesa è destinata a tagliare per quest’anno una serie di voci soprattutto a carico dei ministeri dell’Economia (1,18 miliardi, tra cui 916 milioni destinati a «competitività» e «incentivi» alle imprese) e delle Infrastrutture (300 milioni per il trasporto locale). Ed è considerata inevitabile per tamponare un disavanzo spinto al 2,4% del Pil da una crescita tendenziale dello 0,1%”.
Il Sole anticipa anche che sui numeri del Def “peseranno anche i dati attesi dall’Istat su conti economici nazionali, Pil e indebitamento Pa 2018 e produzione industriale di febbraio. Questi dati torneranno a spingere al rialzo anche il debito; il suo peso è già stato ritoccato per il 2018 al 132,1% del Pil dal 131,7% calcolato a fine anno, ma la ridefinizione del perimetro della Pa che si allarga a Rete ferroviaria italiana, Ferrovie Nord e a una serie di finanziarie regionali (Lombardia, Piemonte, Trentino, Abruzzo, Val D’Aosta) insieme alla frenata dell’economia porterà fino a 8 decimali in più rispetto ai ‘vecchi’ livelli di partenza”.
Non invidiabile il compito del ministero dell’Economia, che “punta a evitare una nuova battaglia con Bruxelles su stime di crescita a forte rischio smentita in breve tempo”.
Ma “nell’agenda italiana della politica c’è l’esigenza di staccarsi dalla linea piatta tracciata dalla congiuntura. Il decreto crescita e lo sblocca-cantieri più di 1-2 decimali di Pil non possono offrire, anche perché avranno effetto a regime solo sulla seconda metà dell’anno”.
Detto questo, il quotidiano di Confindustria sottolinea anche che “da Lega ed M5S si punta ancora a valorizzare possibili spinte delle misure inserite in conversione al decretone su reddito e pensioni, a partire dallo sblocco del Tfs dei dipendenti Pa che per il Carroccio può portare fino a 7 miliardi in più nell’economia reale”. Lo stesso Di Maio nei giorni scorsi aveva rinnovato la propria fiducia nell’assist che, a suo avviso, arriverà alla crescita del Pil dal decreto crescita. Ma certo, nuovi rumor danno per certo un maxi downgrade per le stime sul Pil del 2019.