Notizie D. Choe: la Cina preferisce affrontare l’inflazione con misure soft

D. Choe: la Cina preferisce affrontare l’inflazione con misure soft

13 Dicembre 2010 16:49

Il ritorno dell’appetito per il rischio, del quale hanno beneficiato i listini azionari europei e che sta supportando l’andamento di Wall Street, sul valutario si sta traducendo un corposo rafforzamento della moneta unica. Gli operatori stanno festeggiando la decisione cinese, con l’inflazione ai massimi da 28 mesi al 5,1%, di evitare una stretta monetaria tramite incremento del costo del denaro. Per acquistare un euro in questo momento sono necessari 1,3380 dollari (+1,4%) e 111,77 yen (+0,8%).

Come segnala David Choe nel Forex Focus di Ig Markets, “il mancato rialzo dei tassi di interesse in Cina durante il fine settimana ha indotto gli investitori a passare ad attività più rischiose”. “La riluttanza della Cina di alzare i tassi di interesse sembra suggerire che la seconda economia mondiale preferisce affrontare l’inflazione con misure alternative, come l’aumento dell’obbligo di riserva per le banche, piuttosto che strumenti duri come un aumento dei tassi di interesse che possono influenzare la domanda nell’intera economia”. Secondo Choe nel caso in cui i tagli fiscali negli Stati Uniti passassero “si potrebbe innescare un rally fino alla fine dell’anno”.

Secondo invece il Centro per l’Economia e la Business Research (CEBR), uno dei principali think-tank britannico, c’è una possibilità su cinque che la Zona Euro si disintegri. Il CEBR ha avvertito che il mantenimento in vita dell’euro richiederebbe “tagli del tenore di vita superiori rispetto a quelli nel Regno Unito di fronte nella seconda guerra mondiale”; secondo l’istituto di ricerca nei PIIGS (Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna) la spesa dei consumatori dovrebbe scendere del 15% e quella pubblica calare del 10%.

Dopo un massimo di seduta a 84,340, il cambio dollaro/yen quota invece 83,530. Nel corso della seduta asiatica gli acquisti di Treasury a 10 anni da parte degli investitori giapponesi nello spingere i rendimenti al 3,3% avevano sostenuto l’andamento del biglietto verde contro la divisa nipponica.