Notizie Notizie Italia Crisi: l’allarme di Unioncamere, nel 2012 mille imprese chiuse al giorno

Crisi: l’allarme di Unioncamere, nel 2012 mille imprese chiuse al giorno

24 Gennaio 2013 11:31

Nuovo allarme sulle imprese italiane. Dopo la dura analisi di Rete Imprese Italia, pubblicata solo due giorni fa, oggi è arrivata quella non meno impressionante di Unioncamere. Secondo l’associazione che riunisce le Camere di Commercio del Belpaese sono 383.883 le imprese nate nel 2012, il valore più basso degli ultimi otto anni e 7.427 in meno rispetto al 2011, a fronte delle quali 364.972 sono quelle che hanno chiuso i battenti, 24 mila unità in più rispetto all’anno precedente. In pratica nel 2012 hanno chiuso 1.000 imprese al giorno.

Come conseguenza, il saldo tra entrate e uscite si è attestato sul valore di 18.911 imprese, un dato vicino a quello del 2009, l’anno peggiore dall’inizio della crisi. Considerando anche le cancellazioni delle imprese ormai non operative da più di tre anni, al 31 dicembre dello scorso anno lo stock complessivo delle imprese esistenti ammontava a 6.093.158 unità.

A livello settoriale si restringe ulteriormente (-6.515 imprese) il tessuto imprenditoriale dell’industria manifatturiera, trascinato dalla forte contrazione dell’artigianato, che chiude l’anno con 20.319 imprese in meno, quello delle costruzioni (-7.427) e dell’agricoltura (-16.791). Secondo lo studio di Unioncamere il conto più salato del 2012 lo paga il Nord che, Lombardia esclusa, perde complessivamente circa 6.600 imprese, i tre quarti delle quali (poco meno di 5 mila unità) nel solo Nord-Est.

“Il tempo è scaduto – ha detto il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello – tra poco la politica avrà di nuovo in mano le sorti del Paese e deve sapere che l’obiettivo primo e urgente della sua agenda deve essere quello di rimettere al centro dell’azione politica l’impresa, da cui dipende il lavoro, riducendo su entrambi i fronti la pressione fiscale in linea con le più competitive economie europee. La ripresa può venire solo dal mercato e dunque serve favorire la nascita di nuove imprese ad elevato contenuto occupazionale e tecnologico, dando priorità al Mezzogiorno, ai giovani, alle donne e all’imprenditoria sociale”.