Crif: mercato italiano dei mutui strutturalmente solido
A gettare un po’ di acqua sul fuoco in un clima di ansia da “crisi mutui subprime” ci pensa Crif. Il gruppo specializzato nello sviluppo di sistemi decisionali a supporto dell’erogazione del credito alle famiglie e alle imprese ha infatti organizzato una tavola rotonda dal titolo “Crisi dei mutui: quali rischi per il sistema Italia?” da cui è emerso che, sebbene i mercati finanziari siano stati subissati dagli ordini di vendita, l’Italia non risulta coinvolta più di tanto nella crisi e dunque il mercato dei mutui del Belpaese sarebbe strutturalmente solido. In sostanza, il mercato italiano dei mutui, a differenza di quello a stelle e strisce, non presenta al momento, elementi concreti di allarme in quanto strutturalmente solido e i tassi di insolvenza sui mutui mostrano una sostanziale stabilità negli ultimi sei anni. Tuttavia bisogna riconoscere che gli istituti di credito del nostro Paese restano esposti a nuovi elementi di rischio per cui la situazione potrebbe mutare nei prossimi anni e l’evolversi della situazione va dunque attentamente monitorato.
L’analisi di Crif ha permesso di evidenziare le caratteristiche e i trend del mercato dei mutui italiano e quello americano, con una particolare attenzione alla valutazione della rischiosità. Il mercato americano, spinto dalla volontà di aumentare l’offerta anche con prodotti non tradizionali, ha registrato una crescita dell’ammontare complessivo dei mutui residenziali approssimativamente dai 6.000 miliardi di dollari di fine 2002 ai 10.000 del marzo 2007. In particolare, il mercato dei mutui subprime, che nella definizione della Federal Reserve è costituito dai clienti che hanno mostrato difficoltà nei pagamenti, oltreoceano si è sviluppato più della media negli anni 2003-2005 per poi stabilizzarsi intorno al 20% del totale. Il nuovo credito è stato erogato a volte con forme contrattuali non tradizionali, con condizioni inizialmente molto appetibili e successivamente decisamente più alte, esponendo così il cliente a un aumento consistente della rata a fronte di uno scenario caratterizzato da tassi crescenti. È stato dunque l’aumento continuo e marcato dei tassi di interesse nel periodo 2003-2007 a ingenerare difficoltà crescenti nel rimborso delle rate ed è una delle principali cause dell’aumento dei tassi di insolvenza registrati negli Stati Uniti. Il mercato immobiliare americano, inoltre, ha risentito di una battuta d’arresto dagli inizi del 2006 e sul fronte del mercato secondario le cartolarizzazioni di mutui subprime sono state sostenute. Il 76% del totale mutui erogati nel 2006, ad esempio, è stato cartolarizzato e una parte consistente – circa il 25% – dei mutui cartolarizzati appartiene al segmento subprime. Questi elementi, sommati al crescente indebitamento delle famiglie americane, hanno condotto a un peggioramento dei tassi di insolvenza sui mutui, che sono così passati da un 2,4% nel secondo trimestre del 2005 al 3,7% nell’analogo periodo di quest’anno.
Spostando lo sguardo allo Stivale, anche il mercato italiano dei mutui italiano è cresciuto significativamente durante il periodo dicembre 2002-giugno 2007: i mutui erogati in Italia sono aumentati a tassi sostenuti passando da 132 miliardi a 255 miliardi di euro. Benché le dinamiche dei tassi di interesse e del mercato immobiliare siano state simili tra Italia e Stati Uniti negli anni scorsi, la situazione italiana a oggi si presenta molto più tranquilla: l’evoluzione della rischiosità del segmento dei mutui rappresenta il primo reale elemento congiunturale di differenza con il caso statunitense. Infatti, il tasso di default in Italia presenta un andamento pressoché costante negli ultimi sei anni e non sembra mostrare concreti segnali di allarme neanche quest’anno, attestandosi intorno all’1,1%, stabile anche nel mese di luglio. Insomma, la diversa propensione degli italiani a ricorrere al credito, come mette in evidenza Crif, fa emergere un quadro sostanzialmente tranquillizzante.
A questo punto quali sono gli effetti della crisi? Secondo Crif non sono ancora chiari: gli Stati Uniti rischiano di vedere trasformarsi le loro attuali debolezze congiunturali in recessione e se questo dovesse accadere le ripercussioni sulle altre economie, già in fase di rallentamento, potrebbero essere non trascurabili. Oltreoceano vi potrebbero essere effetti anche sull’erogazione di mutui: tanto maggiore sarà la stretta creditizia tanto più rilevante risulterà l’impatto sugli investimenti e sulla propensione al consumo/risparmio. Per quanto riguarda l’Italia, le ripercussioni prevedibili sui consumatori sono per lo più legate alla loro ricchezza finanziaria (nel solo mese di agosto la Borsa ha distrutto 6,8 miliardi di euro) e all’andamento dei tassi di interesse. Non si prevedono, invece, strette creditizie legate a un irrigidimento delle politiche di erogazione da parte degli istituti di credito. In sostanza quindi il mercato italiano sembra ancora protetto dai margini di solidità tipici di un mercato più tradizionale nonostante i mutamenti nell’offerta delle banche negli anni scorsi. Tuttavia, anche sul mercato nostrano i cambiamenti in atto comportano la necessità di presidiare maggiormente il rischio di credito in termini di verifica puntuale dell’affidabilità del clienti e della valutazione degli immobili presi in garanzia nonché delle prospettive del mercato immobiliare in generale.