Cina: subito attivi i “circuit breakers”, stop alle contrattazioni nella prima seduta del 2016

Avvio di 2016 all’insegna delle vendite per i listini asiatici. Spicca in particolare il selloff che ha colpito le borse del dragone dove lo Shanghai Composite ha perso il 6,9%, il calo maggiore mai registrato in una prima seduta annua, e lo Shenzhen Composite ha lasciato sul campo l’8,2%, la performance giornaliera peggiore dal 1996. Nel giorno del debutto, sulle borse cinesi per la prima volta sono scattati i “circuit breakers”, i meccanismi automatici che prevedono la sospensione degli scambi per il resto della giornata.
Secondo la nuova regolamentazione, le autorità possono sospendere temporaneamente gli scambi se il CSI 300 (l’indice elaborato dalla China Securities Index Company che replica la performance di 300 azioni scambiate sulle piazze di Shanghai e Shenzhen) segna un incremento o un calo del 5%. Se la contrazione giornaliera supera il 7%, gli scambi sono sospesi per il resto della giornata. Si tratta in pratica di un “interruttore” introdotto per fermare le emorragie in Borsa.
Ad innescare la nuova ondata di vendite è la nuova contrazione, la decima consecutiva, registrata dal Pmi manifatturiero cinese (nell’ultimo mese dell’anno l’indice Caixin/Markit Pmi ha segnato un calo a 48,2 dal 48,6 di novembre) e il ritorno dell’avversione al rischio dopo la rottura delle relazioni diplomatiche tra Arabia Saudita e Iran. Indicazioni negative anche dal nuovo indebolimento dello yuan che in versione “onshore” è stato fissato a 6,5032, il livello minore dal 2011.
“Il sistema dei ‘circuit breaker’ crea una spirale ribassista poiché aumenta il nervosismo degli investitori che provano ad uscire dal mercato prima degli altri”, ha detto Hao Hong, direttore amministrativo della Bank of Communications. La situazione non è destinata a migliorare visto che a breve verrà abolito il divieto alla vendita di partecipazioni azionarie per i grandi azionisti, introdotto dopo le violente oscillazioni registrate la scorsa estate.