Cina: l’e-commerce traina i consumi discrezionali e gli analisti tornano (con cautela) a investire
La volatilità del mercato azionario cinese del corso del primo trimestre si è ridimensionata alla fine di marzo, quando sono emersi alcuni dati di miglioramento dell’economia con una crescita della produzione industriale, delle vendite al dettaglio e degli investimenti in asset fissi, e a una contestuale stabilizzazione dello yuan. Ritorna quindi l’interesse degli investitori per il mercato azionario cinese. Ma dove trovare valore? “Dall’inizio dell’anno i titoli del settore energetico, delle costruzioni e dei materiali hanno registrato performance importanti sulla scia dei dati positivi di marzo – è la risposta di di Jian Shi Cortesi, gestore del fondo Julius Baer Multistock China Evolution di GAM – E oggi ci concentriamo sui settori dei consumi discrezionali, dell’healthcare e della tecnologia, tra i più penalizzati nelle prime ottave del 2016“.
L’e-commerce traina i consumi
Secondo il responsabile del fondo Julius Baer Multistock China Evolution (che ha un’esposizione di circa il 60% su titoli quotati a Hong Kong e del 10% sul mercato azionario di classe A in Cina) si tratta di settori che continueranno a offrire buone opportunità anche grazie al perdurante trend di espansione dell’e-commerce e del mobile gaming, alla ripresa del mercato dei liquori cinesi, alla domanda crescente di auto elettriche e al percorso di crescita strutturale nel ramo delle assicurazioni, dell’istruzione e dei viaggi. “Alla luce di questi fattori, abbiamo sfruttato il sell-off del primo trimestre per aggiungere in portafoglio alcuni titoli che ci sembrano molto sottovalutati, come la società internet Changyou, che sta trattando a un rapporto prezzo/utile di una singola cifra, ha una capitalizzazione di un miliardo di dollari e liquidità per 650 milioni”.
Il problema del debito….
Non mancano nelle valutazioni degli analisti, soprattutto quelle riferite alle performance future, le perplessità legate al debito cinese, che ha raggiunto il 250-300% del Pil. Un debito concentrato in particolar modo nel settore societario, soprattutto tra quelle compagnie che hanno un eccesso di capacità e uno scarso potere di prezzo. “E’ per questo motivo che le banche cinesi stanno trattando intorno a un multiplo price to book pari a 0,6 volte, con le previsioni degli investitori in merito al coefficiente di NPL (no perrforming loans) che può andare dall’attuale 2% al 10% – spiega Shi Cortesi – Dal nostro punto di vista, riscontriamo un eccesso di debito in Cina e riteniamo che, fin quando non si troverà una soluzione a questa problematica, è probabile che le valutazioni rimarranno basse“.
… e delle riforme strutturali
Un altro elemento di perplessità è rappresentato dalla preferenza che il governo cinese sta mostrando nei confronti dei progetti infrastrutturali a scapito delle riforme strutturali (in particolare quelle che hanno come obiettivo la riduzione della capacità di produzione in eccesso) intorno alle quali si sono spese tante parole, ma pochi fatti. “Dal punto di vista delle riforme, sembra che la Cina stia venendo meno alle aspettative degli investitori”, è il parere di Shi Cortesi. Che però aggiunge: “Alla base dell’aumento del debito societario in proporzione così significativa rispetto al Pil vi è l’aumento della leva finanziaria da parte della Cina in seguito alla crisi finanziaria. Ma, un certo punto, è probabile che sarà il governo a dover rimuovere parte del carico di debito delle imprese, anche se le modalità sono ancora da capire“.