Calo del petrolio e Brexit aggiungono volatilità ai mercati
Altra settimana sulle montagne russe per i mercati azionari. Solo nelle ultime sedute le Borse Usa sono riuscite a dare segnali di interruzione della serie di quattro discese consecutive partite venerdì 9 novembre. A contribuire alla risalita di Wall Street è stata la schiarita nelle relazioni commerciali tra Usa e Cina. In vista dell’incontro di fine mese tra il presidente americano e quello cinese, i ministri delle Finanze di Usa e Cina avrebbero ripreso a discutere di un ipotetico accordo commerciale con l’obiettivo di allentare le tensioni tra le due potenze economiche mondiali.
Nell’ultimo periodo la volatilità sui mercati ha trovato nuovo vigore nella forte discesa dei prezzi del petrolio. Dopo aver toccato i massimi dal 2014, circa un mese e mezzo fa, i prezzi del greggio hanno messo la retromarcia bruciando i guadagni di quest’anno. A nulla è servita finora la decisione dell’Arabia Saudita di tagliare la produzione. Secondo gli analisti, l’improvviso calo riflette un cambiamento fondamentale nelle prospettive delle quotazioni del petrolio. Solo un mese fa, i trader erano preoccupati che un’incombente scarsità di oil avrebbe spinto i prezzi dei contratti derivati del greggio oltre i 100 dollari al barile. Ora, invece, la prospettiva messa in conto è che l’offerta superi la domanda all’inizio del 2019. E così il greggio degli Stati Uniti ha registrato la sua più lunga serie di perdite da trent’anni. Il petrolio e le azioni non sempre si muovono parallelo, ma questa volta le attività si sono confermate strettamente correlate durante le recenti discese.
In questo contesto Piazza Affari è risultata molto agitata e incerta dopo la debolezza della vigilia dettata anche dai timori sul fronte Brexit. L’indice Ftse Mib ha oscillato nervosamente attorno a quota 19.000. Da Oltremanica sono arrivate le dimissioni di quattro ministri tra cui il ministro responsabile della Brexit, Dominic Raab, in dissenso circa il futuro statuto dell’Irlanda del Nord.
Le tante e ampie oscillazioni degli indici azionari hanno costituito terreno fertile per i trader in certificati. Il tema più seguito è stato ancora una volta il Ftse Mib. Sono stati premiati dai volumi il Turbo Short (Isin NL0013036874) con Strike 20.150 e scadenza 21 dicembre 2018 (leva arrivata intorno a 14), il Turbo Long (Isin NL0013036775) Strike 18.250 scadenza 21 dicembre 2018 (leva intorno 26) e il Turbo Short (Isin NL0013035025) Strike 20.500 scadenza 18 dicembre 2018 (leva intorno 12).
I trader hanno ancora cavalcato l’onda lunga degli esiti degli stress test a cui sono state sottoposte le banche italiane a inizio novembre, e che hanno messo in luce che ancora una volta, come accade dagli ultimi cinque anni, in cima alla classifica c’è Intesa Sanpaolo. Su questo sottostante gli investitori si sono concentrati sul prodotto Memory Cash Collect (Isin NL0013031446) con scadenza 24 settembre 2020 e Barriera 1,4382, risultato ai vertici della classifica dei prodotti più scambiati per controvalore.