Niente da fare. Tornano le vendite sui listini continentali. Le Borse europee imboccano la strada dei ribassi dopo una mattinata in ordine sparso. E’ durato un battito l’ali “l’entusiasmo” per l’ufficializzazione della richiesta avanzata da Dublino domenica per i fondi targati Unione europea e Fondo monetario internazionale. Il vertice dei ministri finanziarie ed economici della zona Europa, riunito ieri in una sessione straordinaria e poi allargata ai ministri economici di tutta la Ue, è riuscito nel “miracolo”. L’Irlanda è stata convinta: chiederà aiuto. L’Unione europea e il Fmi staccheranno un assegno tra gli 80 e i 100 miliardi di euro nell’ambito di un piano triennale che ha l’obiettivo di rimettere in sesto l’ex Tigre celtica.
Ma sui mercati si continua a navigare a vista, in attesa dei dettagli del piano. E’ una lacuna non trascurabile. Secondo gli analisti di Goldman Sachs il governo irlandese avrebbe bisogno di 65 miliardi di eueo per risanare le finanze pubbliche nei prossimi 3 anni, mentre per il sistema bancario ne occorrerebbero altri 30 miliardi. Si ragiona ancora nel campo delle ipotesi e i timori che le condizioni a cui verrà concesso l’assegno per salvare le banche irlandesi possano essere drastiche creano tensioni. Parigi perde così lo 0,36% Francoforte spunta un +0,09%. Londra cede lo 0,54%. Le piazze peggiori sono però quelle di Madrid (-1,80%), Lisbona (-1,23%) e Milano (-1,20%), ossia i paesi della Periferia d’Europa.
Nelle sale operative non si stupiscono però. “La settimana scorsa abbiamo vissuto in attesa di una richiesta dell’Irlanda: c’era nervosismo sui mercati. Adesso stiamo vivendo un fenomeno opposto: l’attesa è finita, ma mancano i dettagli del piano salva Dublino in quanto ci sono una serie di punti da chiarire e il nervosismo rimane”, spiega Antonio Cesarano di Mps Finance. “La richiesta formale arrivata ieri sera chiude il tema Irlanda, ma il mercato guarda agli altri anelli deboli: la Spagna e il Portogallo”, aggiunge.
“E’ sell on news sulle Borse. E l’effetto contagio è in atto”, segnalano diversi operatori. La storia si ripete a distanza di qualche mese: Dublino diventa la nuova Atene e Lisbona sarà la nuova Dublino è il nuovo tarlo degli operatori. Come osserva Ian Harnett, managing director presso Absolute Strategy Research qualche analogia tra i due Paesi si potrebbe anche trovare, ma arrivare a facili conclusioni è un passo sbagliato.
“Il Portogallo come l’Irlanda presenta un’economia ancora piccola con un mercato del debito relativamente illiquido ed è indicato come il prossimo Paese che potrebbe avere difficoltà – dice l’esperto – . Osservando il lavoro fatto con il pacchetto di salvataggio irlandese, potremmo sperare che gli effetti di un contagio siano limitati, ma gli investitori sembrano pensarla diversamente: stanno lasciando ad uno ad uno i Paesi più deboli e in questo senso il Portogallo viene percepito come un Paese molto a rischio”.
E in effetti i mercati reagiscono con una scrollata di spalle alle indicazioni di Amadeu Altafaj, il portavoce del commissario Ue agli affari economici e monetari Olli Rehn, che ha detto che non c’è “nessuna analogia” tra la situazione dell’Irlanda e quella del Portogallo, in quanto le banche di Lisbona sono solide e il governo ha già presentato un programma di bilancio convincente per il 2011″. A riprova di questa tesi AltafaJ ha ricordato che i dati su deficit e debito del Portogallo sono già stati convalidati da Eurostat, come quelli di tutti gli altri paesi Ue, e sono quindi affidabili.
A fare quadrato ci ha pensato poi Bruxelles che ha smentito le voci, rilanciate dall’opposizione portoghese, secondo cui i dati macroeconomici del Portogallo non sarebbero corretti, come era avvenuto in Grecia. L’ufficio statistico europeo “Eurostat ha appena pubblicato i dati consolidati per tutti gli stati membri, e per la prima volta tutti sono in linea con gli standard contabili dell’Ue”, ha messo in chiaro il portavoce di Rehn, concludendo quindi che “non ci sono ragioni per rivederli ancora una volta” dopo l’ultima pubblicazione di lunedì scorso 15 novembre.
In realtà la disaffezione degli investitori ai Paesi considerati più rischiosi è in atto da tempo. In 12 mesi, secondo i dati della Bri, gli istituti europei ed americani hanno ridotto del 43% l’esposizione verso la Grecia, del 23% verso l’Irlanda, del 21% verso la Spagna e dell’11% verso il Portogallo. In altre parole le banche hanno scaricato circa 366 miliardi di euro di titoli di stato dei Paesi Pigs. E anche per l’equity sembrano pensarla esattamente allo stesso modo.