Borse europee col fiato sospeso, guardando al Cairo. Preoccupa ipotesi chiusura Canale di Suez
Effetto Egitto sulle Borse europee che avviano la seduta in territorio negativo. Parigi cede lo 0,23%, Francoforte lo 0,12% e Londra lo 0,11%. A Milano il Ftse Mib perde lo 0,68% e il Ftse all Share lo 0,62%. Sarà una settimana movimentata, dicono convinti gli operatori di mercato. I crescenti timori che le proteste anti-governative all’ombra delle Piramidi possano destabilizzare altri Paesi in Medio Oriente nonché la scia della debolezza di Wall Street venerdì e degli indici asiatici si fanno sentire sul sentiment. Non è un caso se il Nikkei ha salutato le contrattazioni oggi sui minimi di chiusura dell’ultimo mese con un ribasso dell’1,2% a 10.237,92 punti.
La giornata sarà dominata dai realizzi, è l’opinione che va per la maggiore. Secondo gli analisti i listini dal punto di vista tecnico registrano ancora una situazione di over-buy. Per molti operatori l’Egitto e i continui disordini che stanno sconvolgendo le attività del Paese sono la giusta occasione per realizzare. C’è chi ritiene che ci sia ancora una sufficiente domanda, rimasta ai margini negli ultimi giorni, per chi intende entrare sul mercato, approfittando dei minimi, ma questo vale solo nel caso in cui le turbolenze dall’Egitto non si propaghino anche ai vicini Paesi produttori di petrolio, come Yemen, Giordania e Arabia Saudita con possibili conseguenze sull’offerta mondiale di greggio. “Non sono previsti bruschi collassi dei listini, ma vedremo soltanto assestamenti verso il basso con scambi tranquilli”, segnala un operatore.
Prevedibile è invece un’attenzione acuita degli investitori sul premio di rischio e una continua ricerca di asset-rifugio come negli ultimi giorni della settimana scorsa. A Parigi Societè Generale e Credit Agricole hanno indicato di voler seguire molto da vicino la situazione in Egitto, in quanto sono due fra gli istituti più esposti verso Il Cairo. “La situazione di tensioni in Egitto ha fatto già salire l’avversione al rischio degli investitori, che si sono liberati degli asset più rischiosi. Con il rumour di una possibile chiusura del canale di Suez, il prezzo del petrolio è balzato venerdì, guadagnando due dollari in due ore, e oggi ha continuato la sua corsa”, dice David Jones, Chief Market Strategist di IG Index.
Ogni giorno attraverso il Canale di Suez e la Pipeline Sumed scorre circa il 6% della produzione mondiale di greggio. Il rischio è che il trasporto di quest’area subisca rallentamenti se non dei propri blocchi. Se questa ipotesi dovesse palesarsi il trasporto del greggio prendere altre direzioni ma con inevitabili ritardi. “Gli investitori sembrano essere pronti a prendere profitto nei prossimi giorni”, riprende Jones. Come lui sono diversi gli strategist che segnalano che il momento di avversione al rischio è arrivato, ma – sottolineano – quando il benchmark era già impostato per una correzione. Quel che più fa paura è un possibile contagio fra i Paesi produttori. “Gli investitori monitorano i rischi che potrebbero aumentare con il complicarsi della situazione in Medio Oriente”, osserva Gen Kawabe, broker della Chuo Mitsui Trust and Banking. “Il mercato dovrebbe restare volatile, spinto dalla sua riluttanza riguardo al rischio”. La paura del rischio potrebbe aumentare nei prossimi giorni se i problemi si diffonderanno anche ad altri paesi dell’area mediorientale.
Dopo la Tunisia e l’Egitto, la Libia di Gheddafi potrebbe essere il teatro della prossima crisi politica che sta sconvolgendo il mondo arabo. Lo ha scritto il sito americano The Daily Beast, citando i file dall’ambasciata Usa a Tripoli pubblicati nelle scorse settimane da Wikileaks. In uno in particolare, scritto lo scorso febbraio dal capo missione Gene A. Cretz, si citano le valutazioni di osservatori locali: per il Daily Beast, queste indicano che Gheddafi ha creato una dinastia familiare, decadente, avida di denaro, che potrebbe essere l’obbiettivo ideale di una prossima rivoluzione araba nelle strade del Paese. “La famiglia di Gheddafi, e in particolare i suoi due figli particolarmente ribelli – scrive il diplomatico dando conto degli incontro con contatti egiziani dell’ambasciata – ha fornito abbastanza elementi di sporcizia per una soap opera libica”.
Al di là della speculazione, gli scontri di Piazza in Egitto hanno, infatti, provocato un rialzo nei corsi del greggio sui mercati asiatici, con gli investitori che temono le turbolenze nel passaggio del petrolio dal Canale di Suez. Il Wti, consegna marzo, è salito di 37 cents a 89,71 dollari a barile e il Brent del Mare del Nord di 18 cents a 99,60 dollari. E scorrendo con l’indice il calendario macro della giornata, tra gli eventi in programma si aspettano i dati italiani sui prezzi alla produzione di dicembre, alle ore 10, e quelli sull’indice di fiducia delle imprese, alle 11. Sempre alle 11 sono in calendario i risultati della zona euro sull’inflazione a gennaio. Sarà interessante vedere quali effetti sull’inflazione potrà portare il rialzo del greggio. Possibili ulteriori rincari in arrivo, con l’inflazione in agguato, potrebbero mettere a dura prova l’inizio della ripresa mondiale. “È possibile – conclude Yoichi Itoh, capo analista di Stb Research Institute – che siamo testimoni di una trasformazione delle strutture sociali nei Paesi islamici, e visto che è un fenomeno mai visto prima, nessuno sa che cosa succederà”.