Notizie Notizie Italia Borghi e Gualtieri litigano su spread e Btp, facciamo chiarezza sul ‘dividendo della stabilità’

Borghi e Gualtieri litigano su spread e Btp, facciamo chiarezza sul ‘dividendo della stabilità’

Pubblicato 21 Dicembre 2019 Aggiornato 22 Dicembre 2019 23:40

Tiene banco l’ennesimo battibecco tra il presidente della Commissione bilancio della Camera, Claudio Borghi, e il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Il duello è andato in scena nel corso dell’audizione sulla legge di Bilancio 2020 (avvenuta il 19 dicembre) e oggetto del contendere sui numeri relativi al risparmio di spesa per interessi del 2020. Il numero uno di via XX settembre lo quantifica in 6,7 miliardi e Borghi subito interviene per contraddire il ministro. “Sono meno di 2 miliardi”, ribatte l’esponente leghista che siede al fianco del ministro e si riferisce ai numeri della tabella della Nadef che compara i dati del 2019 e quelli previsti per il 2020.

Chi ha ragione? Le due posizioni appaiono inconciliabili soprattutto perché fanno riferimento a due dati differenti. L’economista euroscettico della Lega riporta i dati relativi agli interessi passivi del 2019 e quelli del 2020 indicati dalla Nadef con minori interessi pari a 1,9 mld tra i 2019 e il 2020. Gualtieri controbatte spiegando che il dato di 6,7 miliardi emerge guardando la differenza di previsioni tra Def di aprile e Nota di aggiornamento del Def, che tiene conto del calo dello spread Btp-Bund così come il miglioramento delle condizioni generali di mercato con tassi Btp scesi ulteriormente così come quelli degli altri titoli di Stato europei (movimento che si è in parte invertito in quest’ultimo scorcio del’anno).

Gualtieri, che in passato ha più volte fatto riferimento al ‘conto del Papeete’ che l’Italia ha dovuto pagare, ha attaccato il collega parlando di “pervicacia con cui l’onorevole Borghi vuole dimostrare l’indimostrabile, e cioè che l’Italia non ha avuto un problema di spread durante il precedente governo”.  Lo spread dopo la caduta del governo M5S-Lega lo scorso agosto è sceso fino a 130 pb e anche ai livelli attuali sopra 150 pb, viaggia circa 100 pb sotto quelli di 12 mesi fa quando l’Italia era alle prese con il rischio procedura d’infrazione e l’emergere a intermittenza delle posizioni euroscettiche capitanate proprio da  Borghi (padre dei minibot) e Alberto Bagnai, presidente della Commissione di Finanza al Senato.

I numeri della svolta tra aprile e settembre

La diatriba è poi proseguita sui social con l’intervento di altri economisti. Ecco dove sono i circa 7 mld (6,72) di risparmio di interessi di cui parlava Gualtieri”, ha scritto su Twitter Luigi Marattin, economista di Italia Viva. “Dal Def (aprile) alla Nadef (settembre). In mezzo, il Papeete e I leghisti a casa”, scrive l’ex dem.

L’economista Riccardo Puglisi sottolinea due elementi fondamentali intercorsi tra aprile e settembre di quest’anno: il primo è rappresentato dal decreto di inizio luglio con cui Conte e Tria congelano i risparmi di Quota 100 e reddito di cittadinanza per evitare la procedura d’infrazione UE per debito eccessivo; il secondo, la caduta del governo GialloVerde “con conseguente abbassamento del rischio di eurexit che è incorporato nel nostro spread”.

Non solo spread. Non va tralasciato che nello stesso arco di tempo i rendimenti dei titoli di Stato, Btp e non solo, sono scesi a livello globale andando a toccare i minimi storici (quello del Btp a 10 anni era sceso a inizio settembre fino a 0,805%) tra timori recessivi e politiche monetarie più espansive delle banche centrali, andando ad amplificare l’effetto in termini di risparmi sulla spesa per interessi.

Dividendo della stabilità da 36 miliardi nel prossimo triennio

Allarga l’orizzonte temporale della questione spread il viceministro dell’economia e delle finanze nel Governo Conte bis, Antonio Misiani: “Rispetto alle previsioni di aprile, nel triennio 2020-2022 spenderemo 36 miliardi in meno per gli interessi sul debito pubblico: è il “dividendo della stabilità” di un governo che ha fatto recuperare all’Italia credibilità sui mercati e in Europa”.

Intanto i dati del Tesoro indicano il calo del costo del rifinanziamento del debito nel 2019. Quest’anno sono stati emessi complessivamente, al netto delle operazioni di concambio, titoli per 402.659 milioni di euro. Il 60,1% delle emissioni è costituito da titoli a medio-lungo termine e il 39,9% da BOT. Il costo medio annuo all’emissione nel 2019 risulta essere stato pari allo 0,93%, un livello in diminuzione rispetto all’1,07% del 2018.