Black Box – Tempo di mea culpa per i cauti?
Devo ammetterlo, Dow Jones ed S&P ai nuovi massimi non me li aspettavo. Dopo aver venduto tutto prima dell’1 agosto, non essere rientrato nella parte finale dello stesso mese (più o meno dopo il taglio del tasso di sconto Fed) è stato, con il senno di poi, sicuramente un errore. Certo, mi sono risparmiato i patemi d’animo e il -10% di agosto, e aver venduto alcuni titoli come Banco Popolare (scaricate a 18,05) o Seat Pagine Gialle (vendute a 0,41) è stata una scelta che ancora oggi si può considerare saggia. Ma su altri come Fiat (fuori a 21,77) o Tenaris (ceduta a 17,48) ce n’è abbastanza per mangiarsi le mani. E il rendimento dei p/t a 2 mesi accesi contestualmente alla vendita delle azioni, con l’S&P/Mib tornato ai livelli di luglio, non toglie che ora sia il momento di rivalutare l’immobilismo azionario degli ultimi due mesi.
Da agosto abbiamo assistito a mercato del credito bloccato, fondi in difficolta’, svalutazioni miliardarie (15,7 miliardi solo per UBS, Citigroup, Merrill Lynch e Deutsche Bank), al proseguimento della crisi immobiliare americana e al ritorno del petrolio a 80 dollari. Le aspettative sulla crescita degli utili del terzo trimestre per le società appartenenti all’S&P500 sono nel frattempo scese a un +3,3% dal +8,7% del secondo trimestre.
Tutto questo, chiunque ormai sembra disposto a metterci la mano sul fuoco, potrà non voler dire che ci sarà una recessione, ma solo un rallentamento dell’economia Usa. E i dati finora gli hanno dato ragione (per il Pil Usa del terzo trimestre si prevede poi una crescita del 3%).
Eppure, nonostante tutto ciò, qualcosa continua a non quadrarmi. Anzi più di qualcosa: diversi tra fattori tecnici e fondamentali (ulteriori rispetto a quelli citati poche righe più sopra).
Dal punto di vista tecnico la percentuale di azioni dell’Eurostoxx 50 e di quelle presenti sul Nyse che trattano al di sopra delle loro media a 200 giorni è ancora inferiore al 50%, come dire che il recupero è stato guidato da un numero limitato di titoli, in particolare le large cap. E se gli investitori preferiscono ancora i titoli a larga capitalizzazione il segnale è abbastanza chiaro: il rally potrebbe non essere sostenibile, il mercato ha perso di ampiezza. Poi c’è il Bull & Bear ratio, che si avvicina sempre più al 60%, indicando la piena maturità del recupero.
A questo punto c’è chi parla dell’apertura di una fase di distribuzione che potrebbe prolungarsi anche per due settimane. In questo caso potrebbe essere tardi per comprare, ma anche troppo presto per shortare aggressivamente.
E se poi avessero ragione gli analisti tecnici di Ubs, che per il quarto trimestre prevedono una profonda seconda gamba ribassista con un top a metà ottobre seguito da un più forte declino in novembre? Stando a questa tesi chi già avesse in carico azioni dovrebbe prepararsi a vendere prima di metà mese. Sarà poi un caso se in questi giorni le stesse possibilità di nuove correzioni nell’ultima parte di ottobre non siano state escluse anche da altri importanti uffici studi?
Andiamo ora sui fondamentali. Il mercato ha esultato venerdì dopo dati sul lavoro Usa che hanno mostrato una profonda revisione verso l’alto. Attenzione però: la revisione del dato di agosto, pari a 93mila unità è stata determinata per 85mila unità dalla componente governativa, ossia dalle nuove assunzioni statali, inoltre il trend rimane di rallentamento, con una media trimestrale di nuovi posti che è scesa a 97mila dai 126mila del secondo trimestre. Contemporaneamente a settembre è stata registrata anche una sensibile accelerazione della dinamica salariale, che potrebbe rendere più difficile la decisione della Fed del prossimo 31 ottobre. Economia eventualmente ancora bisognosa di sostegno e salari in crescita mal si conciliano con la scelta di nuovi tagli. Da qui la previsione, sempre più forte sul mercato, di tassi fermi al 4,75% fino alla successiva riunione dell’11 dicembre. E sappiamo quanta parte del rally sia ascrivibile alla Fed.
Concludendo: è stato sbagliato non entrare un mese fa (mi consolo pensando che sull’azionario non sbaglia mai solo chi si nasconde dietro le litanie del “profilo di rischio” e dell'”orizzonte temporale”), ma farlo ora, a mio avviso, oltre che frustrante potrebbe anche rappresentare una sorta di contrappasso per i cauti.