Bitcoin: le criptomonete sostituiranno l’oro come bene rifugio?
Il valore del Bitcoin continua ad aggiornare i massimi storici, suscitando l’interesse degli investitori che iniziano a guardarlo come il bene rifugio 2.0. Dopo aver superato la soglia dei 4.000 dollari a metà agosto, la moneta virtuale ha toccato la scorsa settimana la cifra record di 4.500 dollari, per poi rallentare e muoversi oggi in area 4.240 dollari, secondo le quotazioni di CoinDesk. Ma tra gli analisti c’è chi ritiene che la moneta non abbia ancora espresso tutto il suo potenziale e che il suo valore possa crescere ancora del 40 per cento. E considerando le quotazioni già elevate del Bitcoin, si rafforza l’ipotesi che la moneta possa rimpiazzare l’oro come bene rifugio. Ma attenzione, perché le due classi di asset, sebbene a prima vista simili, presenterebbero invece caratteristiche fondamentali diverse ad un esame più approfondito. Lo ha rilevato uno studio condotto da Joe Foster, gold strategist di VanEck, nel quale spiega perché le cosiddette criptomonete non sostituiranno l’oro come bene rifugio.
Non è tutto oro ciò che luccica
Il Bitcoin viene spesso comparato all’oro come strumento finanziario per diverse ragioni. La prima nasce dal fatto che le due classi di asset non sono né emesse né controllate da governi e sono negoziate in tutto il mondo. Inoltre, l’offerta sia di oro che di Bitcoin è limitata, il che le rende sostanzialmente due valute sane. E per le transazioni di norma si devono dapprima convertire le garanzie per le due classi di asset in valuta cartacea. In aggiunta, i promotori del bitcoin ricorrono spesso all’immagine dell’oro per contribuire a consolidare lo status del loro prodotto: si pensi al fatto che i creatori dei bitcoin vengono definiti miner (minatori). In questo modo, però, passa in secondo piano il fatto che si tratta di una valuta digitale e quindi fondamentalmente di un codice binario, che esiste soltanto in una rete di computer ignoti e che non si può né toccare né vedere. “Le valute digitali senza elettricità perdono valore – sostiene Foster – L’oro fisico, per contro, può essere custodito ovunque e il suo valore non viene intaccato né da hacker né da un eventuale collasso della rete”.
Secondo l’esperto, le criptovalute avranno quindi difficoltà a offrire un grado di sicurezza analogo a quello dell’oro. D’altronde il metallo giallo si è andato affermando come investimento nel corso dell’intera storia dell’umanità. Oggi la capitalizzazione di mercato dell’oro ammonta a 8 trilioni di dollari, di cui 3 trilioni sotto forma di monete e lingotti. Il volume di scambio giornaliero si aggira attorno a 50 miliardi di dollari. I Bitcoin invece, con una capitalizzazione di circa 45 miliardi di dollari e 1,5 miliardi di dollari di volume di scambio giornaliero, appaiono nettamente inferiori nel raffronto diretto.
Le valute digitali devono ancora superare la prova del tempo. “Non siamo ancora in grado di dire se al momento attuale le valute digitali sicure riusciranno anche a tenere il passo con il progresso tecnologico. La tecnologia blockchain potrebbe essere vulnerabile agli hacker quando i computer quantistici diventeranno realtà”, spiega Foster. L’esperto è inoltre convinto che i governi impediranno alle criptovalute di raggiungere una massa critica tale da rappresentare una minaccia per le monete tradizionali.
Tuttavia, le criptovalute potrebbero crearsi una loro nicchia di investimento. “Nella migliore delle ipotesi le valute digitali come classe d’investimento possono aspirare alla creazione di una propria nicchia nell’universo degli investimenti, ma nel caso peggiore potrebbero anche scomparire come esperimento fallito”, conclude Foster. al momento l’unica certezza è rappresentata dal fatto che i criptomercati continueranno a essere dominati da una volatilità elevata.