Bankitalia: Italia in recessione a fine 2018, Visco avverte: difficile crescere con debito troppo alto
Nel secondo semestre del 2018 l’Italia è entrata in recessione. La doccia fredda, all’indomani del varo del decretone che, secondo la Lega e il M5S, migliorerà la vita degli italiani, arriva da Bankitalia. Il contenuto del bollettino economico diramato da Palazzo Koch è inequivocabile:
“Dopo che la crescita si era interrotta nel terzo trimestre (-0,1% sul periodo precedente), gli indicatori congiunturali disponibili suggeriscono che l’attività potrebbe essere ancora diminuita nel quarto”.
Due trimestri consecutivi di contrazione del Pil, dunque: proprio lo scenario che viene descritto dagli economisti ‘recessione tecnica’.
Un alert sulle condizioni economiche dell’Italia e in particolare sul debito era stato lanciato qualche ora fa dal numero uno di Bankitalia, il governatore Ignazio Visco. Intervenendo all’evento per la presentazione del libro su Guido Carli, che si è tenuto all’Abi, Visco aveva detto:
“Lo sforamento dei parametri di Maastricht ha prodotto un aumento
del debito che oggi ci rende molto difficile quella possibilità di manovra per gli investimenti che servono alla crescita”. Visco aveva anche avvertito che “in questi anni abbiamo assistito ad un aumento dei disavanzi, a spese crescenti e improduttive” che non hanno favorito la crescita economica.
Nel giustificare le stime di una recessione tecnica, Bankitalia ha precisato nel suo bollettino economico che, nel corso del quarto trimestre del 2018, “l’attività sarebbe rimasta pressochè stabile nei servizi e si sarebbe ridotta nell’industria in senso stretto; sarebbe aumentata marginalmente nel comparto edile. Segnali analoghi derivano anche dalla diminuzione degli indici dei responsabili degli acquisti delle imprese (Pmi) e dal peggioramento degli indicatori della fiducia di imprese e consumatori, che rimangono tuttavia su valori relativamente elevati”.
Tali valutazioni hanno portato Bankitalia a stimare che, nell’intero 2018, la “crescita del Pil sarebbe stata dell’1% sulla base dei dati annuali (0,9% sulla base dei dati trimestrali destagionalizzati e tenendo conto degli effetti di calendario)”.
Per il 2019, le previsioni sono di una crescita inferiore a quella attesa per il 2018 (pari appunto a +1%). E altro che assist dal reddito di cittadinanza, quota 100 – contenute nel decretone – e da tutte le altre misure varate dal governo M5S-Lega.
I numeri snocciolati da via Nazionale rendono ancora più stridente e allarmante il contrasto tra il quadro roseo che inizialmente il governo M5S-Lega aveva presentato all’Unione europea, con le stime contenute nel NaDef e la bozza iniziale della manovra finanziaria, e la realtà dei fatti.
Il ministro dell’economia Giovanni Tria aveva insistito su una crescita del Pil che, nel 2019, sarebbe stata pari a +1,5%, e aveva sottolineato più volte come le previsioni fossero prudenziali, prima di accettare di limare l’outlook all’1%.
Il punto è che ora anche questo tasso di crescita sembra un miraggio: almeno per Bankitalia, secondo cui quest’anno il Pil metterà a segno una crescita a +0,6%. Gli stessi economisti di Palazzo Koch sono stati costretti quasi a dimezzare l’outlook, visto che avevano previsto nelle stime rese note a fine novembre una espansione dell’1%.
Nel report, ora invece si legge che:
“La proiezione centrale della crescita del Pil è pari allo 0,6% quest’anno, 0,4 punti in meno rispetto a quanto valutato in precedenza”.
Nel bollettino economico si precisa che alla revisione concorrono: dati più sfavorevoli sull’attività economica osservati nell’ultima parte del 2018, che hanno ridotto la crescita già acquisita per la media di quest’anno di 0,2 punti; il ridimensionamento dei piani di investimento delle imprese che risulta dagli ultimi sondaggi; le prospettive di rallentamento del commercio mondiale”.
Vengono comunque riconosciuti come “moderatamente positivi gli effetti sulla crescita dell’accordo raggiunto dal governo con la commissione europea: l’impatto favorevole della diminuzione dei tassi d’interesse a lungo termine compensa ampiamente quello degli interventi correttivi apportati alla manovra”.