Notizie Notizie Italia Banche popolari ancora al centro del risiko, per Banca d’Italia riforma necessaria

Banche popolari ancora al centro del risiko, per Banca d’Italia riforma necessaria

18 Febbraio 2015 09:41
Non si spengono le luci sulle banche popolari a Piazza Affari. Soprattutto all’indomani dell’audizione del direttore generale di Banca d’Italia, Salvatore Rossi, sulla riforma del comparto. Il Dg di Via Nazionale ha ribadito la necessità dell’abolizione del voto capitario in quanto i grandi istituti popolari devono competere alla pari con le banche europee nell’attrarre investitori in equity e bond ibridi e devono eliminare il rischio di conflitti di interesse tra manager e clienti. Oltre al fatto che non possono essere più considerate banche del territorio, in quanto dispongono ormai di reti molto diffuse. Per questo, e per la necessità di poter accedere “tempestivamente” al mercato dei capitali, la forma cooperativa “è un handicap che va rimosso al più presto”. Per Rossi, l’approvazione della riforma è auspicabile non perchè lo impongano i regolatori o i mercati internazionali, ma perché lo suggerisce il buon senso. 
Per quanto riguarda gli eventuali emendamenti che fissano limiti ai diritto di voto, o le maggiorazioni per i vecchi soci stabili, questi sono ammissibili, a detta del Dg, a patto però che siano “accorgimenti temporanei” atti a facilitare la transizione al nuovo regime. Contrari invece al senso della riforma, ha spiegato Rossi, sono i limiti al possesso azionario o l’ipotesi di limitarsi a dare posti in Cda agli investitori istituzionali. Sempre secondo Palazzo Koch, il rischio di massicci tagli di personale è generato più dalla cattiva gestione che dalle fusioni, quindi il consolidamento, migliorando l’efficienza del sistema, potrebbe evitare sacrifici occupazionali addirittura maggiori nel medio termine.
Proseguono senza sosta intanto le indiscrezioni sulle varie ipotesi di aggregazioni tra le popolari. In particolare, Il Messaggero segnala vari contatti che sarebbero in corso, anche se la situazione è ovviamente ancora molto fluida. L’opzione principale per la Popolare di Milano (Bpm) sarebbe Bper, mentre meno gradita sarebbe la fusione con Banco Popolare. Bpm in una fase successiva potrebbe guardare a Carige e a una popolare della valtellina. Nel frattempo Bper valuterebbe anche Banca Popolare di Sondrio. Grazie al suo posizionamento, Bpm interesserebbe anche a Bnp Paribas e a Credit Agricole, ma per evitare un rafforzamento in Lombardia di questi colossi esteri, Unicredit potrebbe scendere in campo, eventualmente chiedendo risorse al mercato. Non solo. L’inchiesta su Veneto Banca, al centro oggi di tutta la stampa nazionale, potrebbe riportare d’attualità la fusione con Popolare di Vicenza.
“Non vediamo nell’articolo delle effettive novità, anche perché tutte le banche aspetteranno di vedere il testo finale del decreto”, commentano questa mattina gli analisti di Equita. “Però il processo di consolidamento è certamente partito e la difesa del voto capitario secondo noi è indebolita dall’inchiesta della magistratura su Veneto banca e dal commissariamento di Etruria“. Su quest’ultima il Corriere della Sera parla di perdita di 400 milioni nel 2014.
Su di giri le banche popolari a Piazza Affari: sul Ftse Mib Banco Popolare sale del 3,1% a 13,36 euro, Bper guadagna il 3,7% a 7,04 euro, Bpm il 3,7% a 0,82 euro mentre Ubi Banca sale del 2,3% a 6,83 euro.