Borsa Usa: l’importanza crescente della gestione passiva. Occhio a CTA e Risk Parity
Mercato azionario, volatilità e gestione passiva. E’ anche su questo che si concentra oggi Alessandro Balsotti, Strategist e Gestore del JCI FX Macro Fund, nella sua nota odierna.
“Più volte ho ricordato come in realtà siano sempre più i flussi ‘passivi’ a determinare le sorti del mercato. Anche se non immaginavo che sarebbero stati in grado di portarci sopra quota 2800 (S&P 500) con questa facilità. Riassumendo: CTAs, strategie di Risk Parity e fondi con Volatility Target rappresentano i settori più cospicui nel mondo dell’investimento ‘passivo’ o comunque dettato da regole algoritmiche, incurante delle variabili di analisi micro (bottom-up) e/o macro(top-down) dei fondamentali economici, monetari, politici, che tipicamente guidano la gestione discrezionale”.
Balsotti continua sottolineando che “Michael Lewis, equity trader di Barclays, è sempre una buona fonte di supporto quantitativo e di commento alla dinamiche citate. Ieri Lewis nel suo commento al mercato ricordava che il gestito (equity US) sottoposto alle regole di questo tipo di strategie è stimabile in circa 700+bio USD di cui circa 400 bio sono fondi VT (con target di volatilità). Sono proprio questi ultimi ad avere spazio per comperare ancora (al momento sarebbero al 60% della loro potenza di fuoco massima) mentre CTAs e Risk Parity avrebbero già espresso buona parte, se non tutto, il loro potenziale di acquisto in questi 3 mesi scarsi di spumeggiante rialzo”.
“Nei prossimi 10 giorni -continua il gestore -, ipotizzando una volatilità ‘normale’ (per esempio 50bp di movimento giornaliero chiusura su chiusura), queste strategie compreranno ancora. Tipicamentel’input di volatilità (volatilità più bassa si aumenta la leva e si compra) è sugli ultimi 3 mesi e nelle prossime sessioni uscirà dalla finestra monitorata il momento di picco della volatilità sperimentata sotto Natale. L’ipotesi di Michael è quella di una salita all’80% dell’esposizione massima. 20% (esposizione che passa dal 60% all’80%) di 400 bio sono 80 bio. Accadendo in 10 sessioni sarebbero 8 bio al giorno. Acquisti davvero molto robusti (e insensibili alle evoluzioni economiche, monetarie, politiche) che potrebbero anche prolungarsi per altre due settimane a ritmi simili, portando l’esposizione al 100%, sempre ipotizzando una volatilità ‘normale’ sui mercati. In questo scenario provare una visita a quota 2900 (S&P500) o anche ai massimi assoluti di settembre potrebbe non essere un’assurdità. A quel punto però, se non ci sarà un rimbalzo evidente dell’economia globale in grado di riattivare acquisti importanti da parte delle strategie discrezionali, il carburante proveniente dalle strategie passive sarà con ogni probabilità terminato”.
Sulla gestione passiva e sul suo exploit a Wall Street vale la pena riprendere un articolo dell’Associated Press della metà di dicembre – proprio quando la borsa Usa è stata travolta da potenti sell off -, che ha approfondito tale strategia di investimento, sempre più in auge nei mercati azionari americani e con non pochi effetti collaterali.
La crescita della gestione passiva a Wall Street ha concentrato l’operatività dei mercati azionari negli ultimi momenti del giorno di trading, esacerbando forti crolli last-minute delle quotazioni azionarie, con sempre maggiore frequenza. L’articolo mette in evidenza anche il parere di diversi analisti, che ritengono che la gestione passiva potrebbe alla fine lasciare i mercati esposti a una maggiore volatilità nel caso in cui la fase di mercato toro attuale arrivasse al capolinea.
“Nel corso degli ultimi 15 anni, abbiamo assistito a un boom dei volumi verso la fine della giornata di contrattazioni”, ha fatto notare Howard Silverblatt, analista per S&P Dow Jones Indices.
Di fatto, le operazioni di trading last-minute hanno testato i livelli massimi, se si considera che nel corso del 2018 il 22% delle operazioni di trading è avvenuto nell’ultima mezz’ora di ciascuna sessione, in media, stando ai dati di Investment Technology.
Si tratta di un valore che è aumentato rispetto al 19% del 2014. Il fenomeno, si ricorda, vede protagonisti flussi di capitali che si dirigono verso i fondi indicizzati e gli ETF, che sono per l’appunto investimenti passivi che replicano gli indici i o portafogli ponderati dei mercati.
Questi fondi hanno assistito a una forte espansione negli ultimi anni, in quanto sono stati capaci di offrire rendimenti più alti agli investitori – in un contesto di tassi a valori rasoterra – rispetto ad altri asset tradizionali, assicurando tra l’altro un risparmio nelle commissioni di gestione.
JP Morgan ha reso noto che gli ETF e altri fondi di gestione passiva hanno visto il loro valore schizzare dagli $800 miliardi del 2008 a $5 trilioni in tutto il mondo, nel 2018.