Aumento Unicredit, cosa fare con diritti e azioni
Sono alcune delle domande che oggi popolano il forum di Finanzaonline, la prima comunità finanziaria online d’Italia, dove l’aumento di capitale della banca di piazza Cordusio è l’indiscusso catalizzatore dell’interesse di investitori e appassionati di finanza. Complici anche le complessità tecniche delle operazioni di ricapitalizzazione.
Da oggi i diritti per aderire all’aumento di capitale per l’acquisto di due nuove azioni Unicredit vengono trattati separamente dalle azioni. Cosa fare?
La teoria dice che gli operatori avrebbero dovuto orientarsi sulla base del confronto tra la quotazione in Borsa del diritto e il suo valore teorico (1,359 euro). Con il primo minore del secondo converrebbe infatti vendere azioni per poter sottoscrivere più diritti. In caso contrario, ossia se il diritto quotasse sopra il prezzo di Borsa, converrebbe vendere i diritti e tenere le azioni.
Questo sembra non avvenire. Diritto e azioni sono caduti rapidamente al di sotto dei valori rettificati da Borsa Italiana che indicavano i titoli ordinari a 2,622 euro mentre i diritti a 1,359 euro. All’ultima rilevazione i diritti venivano indicati a 0,9 euro mentre l’azione a 2,366 euro.
Cosa sta succedendo? Perché sia le azioni sia i diritti si muovono unicamente verso il basso?
Una spiegazione che appare convincente è quella che venerdì scorso ha fornito un’analista al Financial Times. Stimando che solo circa ¼ degli attuali azionisti di Unicredit eserciteranno i loro diritti, l’analista si aspettava per oggi un diluvio di diritti. Cioè proprio quanto sta puntualmente avvenendo.
Sulle percentuali di quanti aderiranno all’aumento è naturalmente possibile formulare tesi diverse da quelle dell’analista citato, ma i movimenti di questa mattina in Borsa sembrano indicare che anche qualora i diritti dovessero essere vantaggiosi dal punto di vista teorico la domanda potrebbe non essere tale da sostenerne i prezzi.
Consigli e operatività
La trattazione dei diritti avverrà da oggi fino al 20 gennaio.
Chi non fosse interessato all’esercizio del diritto deve quindi venderlo entro tale data, altrimenti successivamente sara’ privo di valore dato che dal 23 gennaio i diritti non saranno più quotati in Borsa.
E’ da rilevare inoltre che alcune banche potrebbero non procedere con vendite automatiche nell’ultimo giorno di trattazione. E in questo caso in mancanza di istruzioni da parte del cliente, il diritto verrebbe scaricato dalle posizioni in quanto privo di valore. Altri istituti di credito invece, in assenza di istruzioni da parte dei loro clienti, potrebbero procedere alla vendita diretta degli stessi nell’asta di apertura dell’ultimo giorno di negoziazione.