L’aumento dei rendimenti non blocca le aste dei titoli in Eurolandia. Lisbona concede il bis
L’aumento dei rendimenti che il Portogallo è costretto a pagare nelle aste di titoli di Stato non gli impedirà di proseguire nel suo programma di emissioni preventivato. E’ il segretario di Stato al bilancio di Lisbona, Emanuel Santos, ad annunciarlo. Pur riconoscendo come i tassi dei titoli a sei mesi (nell’asta di ieri balzati dal 2,04 al 3,68%) siano molto alti, Santos ha ricordato come la domanda sia stata 2,5 volte l’offerta e che il rialzo dei rendimenti rientra in un andamento generalizzato in Europa. Che Lisbona sia guardata con sospetto dal mercato non è una gran novità. Questo nonostante il Portogallo abbia annunciato oggi di aver raggiunto l’obiettivo di un rapporto deficit/ Pil del 7,3% nel 2010 contro il 9,4% del 2009. Il target era stato annunciato lo scorso giungo nell’ambito della manovra correttiva dei conti varata d’urgenza per fare fronte alla crisi del debito sovrano.
Per il 2011 il piano di austerità di Lisbona approvato dal Parlamento a novembre, prevede una ulteriore riduzione al 4,6%. Sui mercati internazionali non si è arrestata però la pressione della speculazione: il rischio Paese calcolato dai Cds (credit default swap) è salito di 7 punti base a 504 punti, livelli massimi dal 30 novembre scorso. Così come si sono mossi in rialzo gli spread tra i titoli di stato portoghesi e spagnoli a dieci anni col bund tedesco sulla scia di voci secondo cui nelle aste della settimana prossima gli investitori chiederanno rendimenti più elevati. La forbice tra i bond portoghesi e il bund è salito a 398 punti, toccando i massimi da un mese a questa parte, mentre quello dei bond spagnoli ha toccato quota 247.
Il prossimo 13 gennaio la Spagna collocherà sul mercato titoli a cinque anni e, secondo indiscrezioni, la stessa cosa farà Lisbona, il 12 gennaio. Il Portogallo ha deciso di concedere il bis: ha messo in calendario per mercoledì prossimo un’asta di bond con due scadenze per un importo complessivo compreso tra 750 milioni e 1,25 miliardi di euro. Voci su un’emissione erano circolate nel pomeriggio nella City. Il Tesoro portoghese emetterà bond a scadenza ottobre 2014 e giugno 2020 in un collocamento che rappresenta l’ennesimo test per i nervi degli investitori. La nuova asta di titoli a dieci anni si inserisce nel piano del governo di raccogliere sui mercati fino a 20 miliardi di euro quest’anno per far fronte alle scadenze dei titoli di stato e il bilancio.
Secondo Padhraic Garvey esperto obbligazionario di Ing si tratta di una buona idea perché i due Paesi hanno necessità di fondi e non hanno alternative. Quindi a suo avviso ha senso tornare sul mercato, nonostante i rendimenti possano essere alti. “Domani è un altro giorno, la situazione resta rischiosa, ma per questi Paesi è un passo obbligato”, ribadisce l’esperto. Nella prima asta del 2011 il Portogallo è riuscito a collocare sul mercato tutto l’ammontare dei titoli a sei mesi che si era prefissato, ma i costi per finanziarsi hanno ormai raggiunto livelli definiti insostenibili da alcuni operatori, con un aggravio di un punto e mezzo sui rendimenti pagati ai sottoscrittori rispetto a settembre scorso. Lisbona ha, infatti, piazzato l’altro giorno un bond per 500 milioni di euro con scadenza a luglio offrendo un rendimento del 3,686% rispetto al 2,045% offerto nell’asta di settembre, ma solo l’anno scorso il governo lusitano sugli stessi titoli a sei mesi pagava appena lo 0,592% d’interesse.
“È una cosa pazzesca. Gli investitori pretendono dal Portogallo un interesse sette volte superiore rispetto a quello chiesto alla Germania per i titoli a sei mesi”, affermano gli analisti. Negli ultimi quattro mesi il rendimento dei bond decennali portoghesi è salito dal 5,5% al 6,8%. “Il Paese sarà costretto prima o poi a chiedere un salvataggio alla comunità internazionale come hanno fatto Grecia e Irlanda perché i costi per finanziarsi sui mercati continueranno a salire e la situazione diventerà insostenibile per Lisbona”, spiegano convinti gli analisti. Sempre che non intervenga ancora la Cina a salvare dall’irreparabile.