Asset manager sempre più pessimisti sull’economia mondiale
A livello globale circa un gestore su cinque (il 19%) crede che una recessione globale sia probabile o molto probabile nel corso dei prossimi 12 mesi, mentre la quota di coloro che ritengono che una recessione sia già iniziata è raddoppiata in gennaio all’8% dal 4% di dicembre. E’ quanto emerge dall’edizione di gennaio della Merrill Lynch Global Fund Manager Survey, indagine tra i gestori di fondi, condotta mensilmente dalla casa d’affari americana. David Bowers, consulente indipendente di Merrill Lynch, ha spiegato che “questo mese la survey mostra un’evoluzione delle aspettative, da timori di un rallentamento a quelli di una recessione”.
Nell’ultimo mese le aspettative di crescita sono scese negli Usa, in Europa e in Asia. Gli asset manager focalizzati sul Vecchio continente sono però i meno ottimisti circa le prospettive sull’attività economica e i profitti aziendali nella regione. “La maggior parte degli asset manager europei – si legge nel documento pubblicato oggi – si attende che la regione eviti la recessione quest’anno nonostante l’80% pensi che l’economia rallenterà. Più preoccupante è che l’80% si attenda più bassi utili nell’anno, con solo un 4% che si aspetta utili per azione a doppia cifra. La più bassa crescita ha però ridotto i timori di inflazione. Tre mesi fa il 36% degli intervistati si aspettava un’inflazione europea più alta, ora questa percentuale è scesa a zero”.
L’azionario è ancora visto sottovalutato a livello globale, ma “in Europa – avvertono da Merrill Lynch – le valutazioni stanno andando sotto pressione a causa della crescente incertezza circa gli utili”. Pochi specialist europei, il 6%, vede la regione sottovalutata, mentre il 36% del panel detiene liquidità sopra la media.
In Europa cresce l’allocazione verso settori difensivi, con un sottopeso sul comparto dei servizi finanziari e delle banche. Il sondaggio ha anche mostrato una decisa fuga dai ciclici, con gli investitori sottopesati sugli industriali per la prima volta dal maggio 2006. In calo anche i pesi su risorse di base e costruzioni. Salgono al contrario i fondi dirottati verso i settori difensivi: pharma, utilities e telecomunicazioni.