Notizie ETF Anche Bankitalia pone l’accento sulla complessità di alcuni ETF

Anche Bankitalia pone l’accento sulla complessità di alcuni ETF

Pubblicato 10 Giugno 2011 Aggiornato 26 Settembre 2022 08:39

Gli ETF sono entrati con prepotenza nei portafogli degli investitori retail grazie alla loro semplicità di utilizzo, trasparenza e bassi costi. Parallelamente la continua innovazione ha portato alla diffusione di tipologie di replicanti più sofisticati e potenzialmente più rischiosi se usati da mani inesperte. Le autorità hanno così iniziato ad aumentare il monitoraggio sugli ETF. Il Financial Stability ha posto l’accento sulla crescente complessità o opacità che caratterizza alcune tipologie di ETF. In particolare i fondi a replica sintetica, che ricorrono all’utilizzo di derivati (swap), presentano criticità in termini di rischio di controparte e di liquidità relativamente alle attività poste a garanzia.
Sotto osservazione anche gli ETF strutturati (ETF a leva e short) che possono presentale profili di rischio e complessità di funzionamento che li rendono non consoni a tutti gli investitori. “In alcuni casi – si legge in un passaggio dell’ultima relazione annuale di Bankitalia – la rischiosità e i costi complessivi gravanti sui sottoscrittori possono essere di difficile comprensione per gli investitori non professionali”. L’istituto di via Nazionale rimarca come gli ETF che assumono posizioni a leva e/o corte sugli indici di riferimento possono presentare profili di rischio e rendimento molto diversi rispetto agli ETF che si limitano a replicare gli indici sottostanti.
In tal senso sarebbe utile una maggiore educazione finanziaria sull’universo degli ETF. Da un sondaggio condotto da Morningstar in collaborazione con iShares emerge proprio come gli investitori italiani vorrebbero saperne di più sugli ETF. In particolare il motivo principale per cui il retail non investe in ETF è perché vuole prima saperne di più su questi strumenti (40%) e un altro 25% del campione ritiene di non conoscerli sufficientemente, mentre solo il 5% rimane lontano dagli ETF perché li ritiene prodotti rischiosi.
Le società emittenti stanno cercando di diminuire la complessità degli ETF. “Le autorità di vigilanza e le società di investimento stanno lavorando fianco a fianco per raggiungere un obiettivo comune: maggiore trasparenza dei prodotti, dei modelli e delle metodologie adottate per soddisfare la richiesta da parte degli investitori”, ha rimarcato Emanuele Bellingeri, responsabile di iShares per l’Italia, in occasione del lancio a maggio in Italia della nuova piattaforma iShares di ETF swap-based che punta su una maggiore trasparenza abbinata a un minore rischio di controparte grazie alla presenza di più controparti swap sia sul mercato primario che su quello secondario.

Gli italiani si mostrano abbastanza propensi a detenere ETF strutturati. Alla fine del 2010, secondo i dati riportati da Bankitalia, sul totale degli ETF in deposito presso le banche italiane la quota di proprietà delle famiglie era pari al 32 per cento per gli ETF tradizionali e al 28 per cento per quelli strutturati; le parti restanti erano detenute principalmente da banche e assicurazioni. Alla fine di aprile 2011 sul segmento ETFPlus di Borsa Italiana risultavano quotati 462 ETF tradizionali e 68 ETF strutturati con il patrimonio di tali fondi ammontava rispettivamente a 19,0 e a 0,9 miliardi (15,0 e 0,8 ad aprile del 2010).
L’incidenza sul patrimonio delle commissioni totali gravanti sui sottoscrittori di ETF è rimasta in media contenuta rispetto a quella degli altri fondi comuni (0,4 per cento per gli ETF tradizionali e 0,5 per cento per quelli strutturati); valori maggiori si sono registrati per gli ETC (0,8 per cento).