Allarme debiti sovrani anche negli Usa, per Meredith Whitney default per almeno 100 città
Non c’è solo l’Europa a tremare in questo inizio 2011. Anche Oltreoceano è scattato l’allarme dei debiti sovrani sulla fragilità dei muni-bond. Un mercato che vale qualcosa come 2.900 miliardi di dollari e che potrebbe essere il nuovo epicentro di una crisi. Con conseguenze inimmaginabili. Se gli Stati Uniti d’America non si attrezzeranno con un credibile piano di riduzione del deficit, il rating potrebbe essere messo sotto pressione. E’ stata l’agenzia internazionale Standard & Poor’s l’ultima a lanciare il monito, sottolineando come l’outlook americano è stabile perchè si suppone che il governo presenti un piano credibile per raddrizzare la politica di bilancio per consentire al debito di stabilizzarsi rispetto al Pil e di ridursi nel medio termine.
“Un default del Tesoro americano sul debito potrebbe provocare problemi finanziari ed economici considerevoli e duraturi. Non pensiamo – ha spiegato il capo economista di Standard & Poor’s, David Wys – ci siano forti probabilità che comunque questo accada”. “E’ un dibattito in divenire quello che concerne il possibile abbassamento del rating sugli Stati Uniti, ma se dovesse davvero accadere dovranno essere presi in considerazione anche altri Paesi del club tripla A”, tranquillizza Silvio Peruzzo di Royal Bank of Scotland, secondo cui non è un passo così facile. “Se succederà, sarà comunque anticipato da una serie di moniti, soprattutto sul fronte della messa a punto di un consolidamento fiscale”.
Bisogna rimettere indietro le lancette dell’orologio al 1917 per ritrovare una situazione simile: allora furono i Buoni del Tesoro americani ad essere messi sotto esame per una possibile bocciatura. Dunque anche se l’economia americana sta prendendo slancio – con il mercato del lavoro ripartito sulle richieste di sussidi alla disoccupazione che sperimentano la flessione più pesante da quasi un anno, con altri segnali positivi arrivati dal settore immobiliare al centro della crisi e con il superindice economico salito per il sesto mese consecutivo – sono forti gli scricchioli avvertiti al di là dell’Oceano. Molti Stati, fra cui anche la dorata California e l’Illinois, e alcune città americane, come Los Angeles, sono sull’orlo del collasso, in ginocchio di fronte a enormi buchi di bilancio che stanno imponendo drastiche cure dimagranti fatte di tagli della spesa e del personale. A lanciare l’allarme sul possibile default di alcune città americane sono stati gli stessi sindaci di Los Angeles, Antonio Villaraigosa, e di Chicago, Richard M. Daley. “Ci sono seri problemi finanziari per molte città, specialmente in quelle piccole”, ha osservato Daley. “Non c’è dubbio che alcune città faranno default. La differenza fra noi e il governo federale è che loro possono stampare valuta”, gli ha fatto eco Villaraigosa.
California e Illinois, per molti analisti, rischiano di essere i primi due Stati a fare bancarotta dal 1930. I problemi di bilancio degli stati americani sono dovuti a un calo delle entrate tributarie in seguito alla crisi finanziaria. Risanare i bilanci statali con un un aumento delle imposte sui redditi non sarebbe la soluzione per ripianare il deficit neanche per i governatori americani. E questo – ha riportato il New York Times – anche perchè a fronte di un aumento delle tasse sui redditi molti stati non riuscirebbero a ripianare i propri bilanci.
In California, ad esempio, un aumento delle imposte sui redditi di 2 punti percentuali consentirebbe di raccogliere oltre 13 miliardi di dollari. Un pugno di briciole rispetto a una quota dei 25 miliardi di rosso dello Stato. Anche la Grande Mela trema. Andrew Cuomo, governatore di New York, sta valutando la possibilità di ridurre i dipendenti di 10.000-12.000 unità, ovvero il 5% del totale: sarebbe la prima volta dal 1990, quando Mario Cuomo era alle prese con la recessione, che un governatore di New York valuta tagli di tale entità.
Questi rumors su possibili default dei governi locali hanno finito per pesare sul mercato dei bond municipali, che nell’ultimo trimestre del 2010 hanno registrato il calo maggiore dei ritorni dal 1994 a questa parte. Ma è stata la scorsa settimana che i rendimenti hanno raggiunto i massimi dalla crisi finanziaria del 2008. Meredith Whitney, l’analista finanziaria la cui popolarità è salita per aver correttamente previsto il taglio del dividendo di Citigroup, è tornata a fare la Cassandra, prevedendo il default di almeno 100 municipalità, per un costo di centinaia di miliardi di dollari. I numeri si commentano da soli: le città e gli Stati si trovano in tasca complessivamente 3.000 miliardi di dollari di bond e un buco di 3.500 miliardi di dollari nei fondi pensione. Quanto basta per non dormire sonni tranquilli.