News Per l’85% degli investitori istituzionali a rischio è il futuro previdenziale degli italiani

Per l’85% degli investitori istituzionali a rischio è il futuro previdenziale degli italiani

Pubblicato 25 Giugno 2013 Aggiornato 19 Luglio 2022 16:19

Di seguito pubblichiamo un'indagine di Natixis Global Asset Management dalla quale emerge che l'85% degli investitori istituzionali italiani ritiene che la popolazione non abbia abbastanza risorse finanziarie per mantenere un livello di vita adeguato in età pensionabile. Il sondaggio è stato compiuto intervistando oltre 500 investitori istituzionali che gestiscono complessivamente un ammontare di 11.500 miliardi di dollari di asset per fondi pensione pubblici e privati, fondi sovrani, compagnie assicurative, fondazioni, fondi di fondi e consulenti patrimoniali. Anche gli stessi portafogli degli italiani non sembrano essere adeguati per affrontare l'età pensionabile e per raggiungere obiettivi di lungo periodo. Per questo, con il decadere dei vecchi schemi, si stanno facendo strada tra gli istituzionali metodologie di investimento meno correlate con l'andamento dei principali mercati. Strategie che permettano di contenere e diversificare il rischio di portafoglio.




A rischio il futuro previdenziale

L'85% degli investitori ritiene che gli italiani non abbiano sufficienti risorse per affrontare il proprio futuro e per garantirsi un buon tenore di vita durante l'età pensionabile. Causa la crisi finanziaria degli ultimi anni, quindi, lo stato del welfare nazionale e la tenuta delle tradizionali metodologie di investimento, i portafogli degli italiani non sembrano costruiti per far fronte adeguatamente alle necessità future.




La maggioranza degli investitori intervistati a livello globale ha sottolineato l'inadeguatezza dei modelli tradizionali di investimento nel rispondere alle mutate condizioni di mercato e si sta orientando verso approcci non tradizionali che permettano la crescita del capitale nel lungo periodo e verso metodologie per incorporare in modo più efficiente la gestione del rischio di portafoglio.




Questo campanello d'allarme ha portato il 60% degli intervistati a introdurre tecniche di gestione di attività e passività all'interno dei propri portafogli, un dato ben al di sopra del 46% registrato a livello internazionale. 




"Se guardiamo alla situazione esistente solo pochi anni fa, la percentuale di investitori istituzionali che utilizzavano all'interno del portafoglio strategie di gestione degli attivi e passivi era vicina allo zero"- commenta Antonio Bottillo, Amministratore Delegato per l'Italia di Natixis Global Asset Management -. "È significativo che oggi si sia arrivati al 60%, segno che c'è sempre più bisogno di tecniche che permettano di aiutare i propri clienti a raggiungere obiettivi di lungo periodo".




Addio "vecchi" schemi

In un contesto caratterizzato da bassi tassi di interesse e da una situazione che si profila ancora incerta per il futuro, la ricerca di rendimenti sostenibili e una migliore protezione contro la volatilità dei mercati sono le necessità principali per gli investitori italiani.




L'85% ritiene che i modelli di costruzione del portafoglio che adottano un'asset allocation strategica così come tradizionalmente concepita saranno messi a dura prova e quasi la totalità svela un'assoluta difficoltà di protezione del portafoglio da movimenti estremi dei mercati. Da qui l'esigenza del 72% degli istituzionali italiani di rivedere i tradizionali approcci alla costruzione del portafoglio. "Ci troviamo in una situazione in cui i vecchi schemi si sono rivelati inadeguati a gestire l'andamento dei mercati e in cui circa la metà degli investitori (49%) è ancora alla ricerca di una nuova metodologia per costruire i propri portafogli", sottolinea Bottillo.




Spazio a strategie "non tradizionali"

Con il decadere dei vecchi schemi, si fanno strada tra gli istituzionali metodologie meno correlate con l'andamento dei principali mercati che permettano di contenere e diversificare il rischio di portafoglio. Ben il 70% degli intervistati ritiene, infatti, necessario adottare tipologie di investimento "non tradizionali", come strategie di gestione della volatilità, smart beta, investimenti in infrastrutture e quasi l'80% dichiara di esser pronto a includere/aumentare la propria esposizione a questo tipo di prodotti.




Percentuali queste più alte della media registrata negli altri Paesi europei, nei quali l'esposizione cosiddetta "alternativa" è sempre stata presente. "I dati della ricerca dimostrano ancora una volta come gli investitori istituzionali italiani siano alla ricerca di strumenti più adeguati che riescano a combinare crescita del capitale nel lungo periodo e difesa dagli shock di mercato", aggiunge Antonio Bottillo. "Proprio per far fronte a queste esigenze, crediamo che un approccio orientato al rischio, prima ancora che al rendimento, sia in grado di navigare attraverso diverse fasi di mercato in modo da assicurarsi le risorse finanziarie adeguate per il proprio futuro", conclude Bottillo.




Altre risultanze della ricerca relativamente all'Italia:




- il 78% degli investitori vede l'inflazione come elemento di preoccupazione nei prossimi tre anni;

- "solo" il 28% reputa che le manovre di politica monetaria delle banche centrali abbiano effetti significativi sulle scelte di investimento;

- il 60% degli intervistati ritiene che le decisioni di politica economica hanno un significativo effetto sugli investimenti;

- secondo l'81% dei partecipanti, quest'anno le strategie alternative daranno risultati migliori che nel 2012;

- il 33% ritiene che le azioni globali performeranno meglio che lo scorso anno;

- il 48% prevede di aumentare l'esposizione all'azionario, il 43% quella ai mercati emergenti e il 40% quella sul real estate;

- il 45% dichiara di voler ridurre l'esposizione al reddito fisso;

- il 38% degli intervistati ritiene i criteri di investimento socialmente responsabile rilevanti ai fini delle decisioni di investimento.