tassazione del risparmio transfrontaliero 1 luglio

  • Due nuove obbligazioni Societe Generale, in Euro e in Dollaro USA

    Societe Generale porta sul segmento Bond-X (EuroTLX) di Borsa Italiana due obbligazioni, una in EUR e una in USD, a tasso fisso decrescente con durata massima di 15 anni e possibilità di rimborso anticipato annuale a discrezione dell’Emittente.

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tassazione del risparmio
Redditi esteri, rimborso pieno
Il decreto legislativo 84/05 conferma un principio finora incerto. Si integrano le indicazioni sul credito d'imposta contenute nell'articolo 165 del Testo unico.
di Benedetto Santacroce


Per la tassazione del risparmio transfrontaliero il contribuente nazionale, anche in deroga ai principi disciplinati, in materia di credito d'imposta, dall'articolo 165 del Tuir, potrà ottenere il totale rimborso o la compensazione con altri tributi delle ritenute subite da parte dello Stato erogatore degli interessi.
L'importante previsione, che è in perfetta armonia con i principi imposti a livello comunitario dal l'articolo 14 della direttiva 2003/48/CE, è stabilitafinalmente in modo esplicito dal l'articolo 10 del Dlgs 84/05, pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale» del 23 maggio.
In questo modo, sono state fugate definitivamente le preoccupazioni che erano state sollevate, anche da queste stesse pagine, sul fatto che la mera applicazione dei principi di cui all'articolo 165 del Tuir non avrebbe del tutto soddisfatto le previsioni comunitarie.

La norma europea. La nuova disciplina comunitaria ammette, per un periodo transitorio che potrebbe - in considerazione delle regole previste dall'articolo 10 della direttiva 2003/48/CE - essere senza termine, che alcuni Stati membri (Lussemburgo, Austria e Belgio) e alcuni Stati convenzionati (Svizzera, Liechtenstein, San Marino, Monaco e Andorra) potranno applicare in luogo dello scambio d'informazione una ritenuta alla fonte crescente dal 15 al 35% degli interessi erogati.
La ritenuta potrebbe creare dei fenomeni di doppia imposizione che la stessa direttiva comunitaria cerca di scongiurare introducendo all'articolo 14 una previsione per cui lo Stato di residenza, in presenza di una ritenuta alla fonte operata dallo Stato di erogazione, deve accordare al contribuente percipiente un credito d'imposta o, in caso di incapienza dell'imposta, il rimborso dell'intera ritenuta subita.

Le regole del Tuir. La regola comunitaria prevede, quindi un obbligo da parte del legislatore nazionale di valutare con attenzione la problematica e di prevedere, nel caso in cui le regole interne non consentissero una copertura completa della ritenuta operata dall'ente erogatore, uno specifico meccanismo eccezionale e derogatorio per coprire l'eventuale eccedenza tra quanto vantabile in termini di credito d'imposta e quanto subito in termini di ritenuta alla fonte.
In effetti, la regola italiana del credito d'imposta (vale a dire l'articolo 165 del Tuir) prevede che il contribuente italiano persona fisica possa detrarre le imposte definitivamente pagate all'estero fino a concorrenza della quota d'imposta nazionale corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero e il reddito complessivo. Sempre in riferimento alla persona fisica, lo stesso articolo esclude che, in caso di eccedenza dell'imposta estera pagata rispetto al precedente limite di detrazione, la stessa possa essere riportata in avanti. Quindi se l'imposta definitivamente pagata all'estero risulta superiore rispetto al limite massimo nazionale, la stessa non sarà detraibile, non sarà riportabile a nuovo e quindi sarà persa con creazione conseguente di una doppia imposizione. Nell'ipotesi della tassazione del risparmio il fenomeno si verifica nei casi in cui il residente non abbia imposte da pagare in Italia o abbia imposte in misura inferiore di quelle sufficienti a coprire il credito vantabile.
Pertanto, in non poche occasioni la doppia imposizione si verificherà in modo automatico e inevitabile.

La soluzione adottata dal Dlgs 84/05. Per ovviare a questa situazione l'articolo 10 del Dlgs 84/05 prevede espressamente che la potenziale doppia imposizione causata dalla ritenuta subita nello Stato di erogazione dell'interesse può essere eliminata in base alle regole esposte.
In via prioritaria il contribuente residente potrà vantare un credito d'imposta, secondo l'articolo 165 del Tuir. In via secondaria o nel caso in cui la ritenuta subita risulti superiore al predetto credito d'imposta ovvero nel caso in cui non sia addirittura applicabile la norma del citato articolo 165 il contribuente potrà richiedere il rimborso dell'eccedenza o dell'intera ritenuta oppure potrà compensare l'ammontare con altri tributi o contributi ai sensi dell'articolo 17 del Dlgs 241/97.
http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&artId=668551&chId=30&artType=Articolo&back=0
 
Tassazione del risparmio
Interessi al bivio dell'«euroritenuta»
Pubblicate sulla «Gazzetta Ufficiale» le disposizioni attuative per gli importi percepiti da non residenti. Gli importi pagati dal 1° luglio saranno sottoposti allo scambio obbligatorio di informazioni oppure a un prelievo aggiuntivo del 15%.
di Benedetto Santacroce


Con la pubblicazione nella «Gazzetta Ufficiale» n. 118 di ieri, 23 maggio 2005, del decreto legislativo 18 aprile 2005, n. 84, e la conseguente notifica alla Commissione europea, l'Italia recepisce le nuove regole comunitarie sulla tassazione del risparmio transfrontaliero (direttiva 2003/48/CE) e dà, per parte sua, il via libera definitivo all'attuazione dal 1° luglio prossimo della normativa che modificherà sostanzialmente le abitudini dei contribuenti nazionali ed europei.
La normativa - che ha lo scopo di rendere conoscibili in modo automatico allo Stato membro di residenza gli interessi pagati da un altro Stato membro a un proprio residente - comporta quale primo effetto la creazione di un sistema di comunicazione tra i Paesi interessati in grado di fornire le dovute informazioni e di consentire di recuperare le eventuali evasioni.
In pratica, un contribuente italiano che riceve, ad esempio, in Germania dopo il 1° luglio 2005 il pagamento di interessi su un conto corrente lì detenuto deve sapere che già dal giugno 2006 l'amministrazione fiscale italiana riceverà da quella tedesca un'informazione automatica specifica che potrà essere incrociata con i dati dichiarati dal contribuente stesso.
Il meccanismo non opera in modo omogeneo in tutti gli Stati membri e quindi i contribuenti dovranno fare delle scelte specifiche al fine di evitare di subire gravosi accertamenti ovvero le conseguenze di una doppia imposizione.
Per questo sarà interessante, oltre a considerare le disposizioni recepite nel decreto nazionale (si veda l'articolo a fianco), valutare attentamente le regole fissate dalla direttiva.
Le regole sul territorio comunitario. In particolare, l'obiettivo della direttiva era quello di introdurre un meccanismo di scambio delle informazioni generalizzato che riguardasse non solo i 25 Stati membri ma anche alcuni Paesi terzi di particolare rilievo (Svizzera, Liechtenstein, San Marino, Monaco, Andorra).
Questo obiettivo, ambizioso ma allo stato attuale impraticabile, ha portato il consiglio Ecofin a scegliere un compromesso. Per 22 Stati membri dal 1° luglio 2005 scatterà l'obbligo di comunicare allo Stato di residenza il nome e l'ammontare degli interessi pagati a favore di soggetti residenti in altri Stati membri.
Il Belgio, il Lussemburgo e l'Austria sono autorizzati, per un periodo transitorio, ad applicare, invece dell'obbligo di scambio di informazioni, una ritenuta alla fonte nella misura del 15%, per il periodo 2005-2007, del 20% per il periodo 2008-2010 e del 35% a decorrere dal 2011. Il gettito della ritenuta applicata sarà trattenuto per il 25% nello Stato in cui viene operata la ritenuta e per il 75% verrà versato allo Stato di residenza del percipiente.
Il periodo transitorio avrà termine solo quando la Comunità europea concluderà un accordo (approvato all'unanimità dagli Stati membri) con i Paesi terzi con il quale questi si impegnano a scambiare informazioni a richiesta sulla base delle regole elaborate dall'Ocse nel 2002. Da ciò discende che, in linea teorica, questo periodo transitorio potrebbe non finire mai.
Il compromesso raggiunto da questo punto di vista è sicuramente debole in quanto consente, con qualche ostacolo in più, di mantenere coperte alcune informazioni circa i redditi di capitali che soggetti residenti in altri Stati membri conseguono in Austria, Belgio e Lussemburgo.
Inoltre, dopo gli accordi faticosamente raggiunti nei mesi scorsi, dal 1° luglio anche Svizzera, Liechtenstein, San Marino, Monaco, Andorra (che hanno una particolare importanza strategica nell'ambito dei movimenti finanziari europei) adotteranno analoghe regole a quelle sopra descritte per Austria, Belgio e Lussemburgo, introducendo un sistema di ritenuta alla fonte sugli interessi pagati ai cittadini residenti in uno dei 25 Stati membri dell'Unione Europea.
Le conseguenze nazionali. Il quadro comunitario sopra descritto rende già chiaro quale dovrà essere il comportamento dei cittadini residenti in Italia che detengono all'estero capitali che producono interessi. In effetti, se questi capitali saranno in Paesi in cui vige lo scambio d'informazioni, dovranno essere dichiarati in Italia e non si potrà più confidare nell'esistenza di un segreto bancario più o meno forte. Al contrario se tali capitali sono detenuti in uno dei Paesi in cui si applica la ritenuta sarà necessario attivarsi per evitare che si possa configurare un caso di doppia imposizione non del tutto neutralizzato dal meccanismo espressamente previsto dalla direttiva e recepito dall'Italia all'articolo 10 del Dlgs 84/2005.
24 maggio 2005
http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1184376444&chId=30
 
Ultima modifica:
TASSAZIONE DEL RISPARMIO
Tre opzioni per il nuovo sistema



IL REGIME ORDINARIO

* La regola. Se chi beneficia degli interessi sui risparmi è residente in uno Stato membro diverso da quello dell’agente pagatore, la direttiva 2003/48/CE impone a quest’ultimo di comunicare all’autorità competente dello Stato membro del beneficiario alcune informazioni minime
* Le informazioni. Dovranno essere comunicati elementi come l’identità e la residenza del beneficiario, il nome o la denominazione e l’indirizzo dell’agente pagatore, il numero di conto del beneficiario effettivo o, in assenza di tale riferimento, l’identificazione del credito che produce gli interessi, nonché informazioni relative al pagamento di interessi. Le informazioni sugli interessi devono essere differenziate secondo le specifiche categorie
* I tempi. Le informazioni vanno comunicate almeno una volta all’anno ed entro i sei mesi successivi al termine dell’anno fiscale dello Stato membro dell’agente pagatore

LE DEROGHE

* Esenzioni «temporanee». Durante un periodo transitorio, probabilmente fino al 2011, Belgio, Lussemburgo e Austria potranno astenersi dallo scambio di informazioni sui redditi da risparmio, a condizione che si applichi loro un sistema di ritenuta alla fonte sul complesso dei redditi: del 15% nei primi tre anni del periodo transitorio, del 20% per i tre anni seguenti e del 35% successivamente
* La redistribuzione. Gli Stati membri che applicano una ritenuta alla fonte devono conservare il 25% del gettito di tale ritenuta, mentre il restante 75% va trasferito allo Stato membro di residenza del beneficiario effettivo degli interessi
* Doppie imposizioni. La direttiva impone allo Stato membro di residenza fiscale del beneficiario effettivo di assicurare l’eliminazione di qualsiasi doppia imposizione che potrebbe derivare dall’applicazione della ritenuta alla fonte

PAESI NON UE

* Gli Stati coinvolti. Il regime di tassazione del risparmio, al di là delle regole particolari per Belgio, Lussemburgo e Austria, avrà effetti anche sui rapporti tra i Paesi Ue e alcuni di quelli che, pur facendo parte del Vecchio continente, non sono inseriti nell’Unione. In particolare, il Principato di Monaco, la Repubblica di San Marino, il Principato del Liechtenstein e quello di Andorra, nonché la Svizzera, opereranno per avere un regime simile a quello comunitario. La comunicazione sarà solo volontaria in base alla concessione del beneficiario, e l’accordo potrà essere rivisto ogni tre anni
* Casi particolari. Trattandosi di accordi singoli con la Ue, alcuni dei Paesi elencati hanno ottenuto il mantenimento di clausole specifiche. Ad esempio, la Svizzera può beneficiare dei regimi fiscali comuni applicabili alle società madri e figlie e ai pagamenti di interessi e di canoni fra società consociate

24 maggio 2005
http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1184390285&chId=30
 
TASSAZONE DEL RISPARMIO
Comunicazioni tra Stati entro giugno 2006
All'agenzia delle Entrate il ruolo di collettore delle informazioni - Lotta decisa contro le doppie imposizioni.
di Benedetto Santacroce


Il decreto legislativo 84/2005 di recepimento della direttiva sul risparmio transfrontaliero introduce nell'ordinamento italiano nuove regole che dovranno essere rispettate dagli intermediari finanziari residenti in Italia nel momento in cui pagheranno a soggetti non residenti somme a titolo d'interesse. Il provvedimento, però, oltre a fissare le regole di comunicazione tra ente pagatore e agenzia delle Entrate e a definire cosa si intende per pagamenti di interessi, regolamenta anche alcuni profili rilevanti per i contribuenti nazionali, in particolare per quanto riguarda le somme percepite in Paesi che sottopongono l'erogazione a ritenuta alla fonte (si veda l'articolo riportato sotto).
Il sistema di comunicazione. Il decreto legislativo disciplina, in modo particolare, due flussi di informazioni. Il primo che consente l'invio delle informazioni dagli agenti pagatori all'agenzia delle Entrate e il secondo che consente lo scambio di informazioni tra lo Stato italiano e gli altri Stati membri. Quest'ultimo deve avvenire, in base all'articolo 7, in modo automatico entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello nel corso del quale sono stati effettuati i pagamenti di interessi. In pratica, se la nuova normativa entrerà in vigore dal 1° luglio 2005, le prime comunicazioni dovrebbero essere inviate entro il 30 giugno 2006 e dovrebbero riguardare tutti gli interessi pagati dopo la data di entrata in vigore del provvedimento.
Il decreto impone a tutti coloro che pagano interessi a soggetti residenti in altri Stati membri di inviare il dettaglio delle somme pagate e l'identificazione dei beneficiari all'agenzia delle Entrate. È molto importante sottolineare che l'obbligo riguarda in prima battuta gli intermediari finanziari residenti nel territorio dello Stato, ma coinvolge anche:

* ogni altro soggetto, anche persona fisica, residente nel territorio dello Stato che per ragioni professionali o commerciali paga o attribuisce il pagamento di interessi;
* le stabili organizzazioni in Italia di soggetti non residenti.

Per l'individuazione esatta dei soggetti che sono obbligati all'invio delle comunicazioni all'agenzia delle Entrate bisogna analizzare in dettaglio cosa intende il legislatore con l'espressione «interessi». L'articolo 2 del provvedimento definisce, infatti, ben quattro categorie di interessi oggetto della comunicazione. Tra queste categorie, però, risultano per espressa previsione normativa esclusi gli interessi moratori. L'esclusione determina una concreta riduzione dei soggetti interessati, anche se in via generale, nell'adempimento ricadono anche professionisti e imprenditori.
Il mancato o tardivo invio della comunicazione comporta l'applicazione di una pesante sanzione amministrativa che varia da 2.065 a 20.658 euro. Nel caso in cui le comunicazioni siano effettuate con un ritardo non superiore a 30 giorni la sanzione applicabile è solo quella minima.
Le regole per i contribuenti nazionali. L'articolo 10 disciplina i meccanismi con cui l'Italia vuole evitare nei confronti dei propri contribuenti gli effetti di doppia imposizione che si generano nei Paesi in cui gli interessi sono soggetti a ritenuta alla fonte. La disposizione, per evitare in modo assoluto la doppia imposizione, oltre a prevedere un rinvio al meccanismo del credito d'imposta disciplinato all'articolo 165 del Tuir, dispone ulteriori meccanismi che in caso di eccedenza rispetto alle regole ordinarie dell'articolo 165 ovvero di disapplicazione dello stesso articolo 165 consentano al contribuente di ottenere il rimborso totale della ritenuta subita ovvero di poter compensare con altre imposte l'eccedenza tassata all'estero in base all'articolo 17 del decreto legislativo 241/97.
L'articolo 9 prevede la possibilità per il contribuente nazionale che percepisce all'estero interessi soggetti a ritenuta di chiedere all'agenzia delle Entrate un certificato da presentare allo Stato di erogazione da cui si evincano i dati del contribuente, dell'ente erogante e dei crediti per i quali si chiede la disapplicazione della ritenuta.
24 maggio 2005
http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1184376426&chId=30
 
TASSAZIONE DEL RISPARMIO
Applicazione in sospeso per i rapporti di vecchia data
di Benedetto Santacroce


Il 1° luglio 2005 entra in vigore la nuova disciplina del risparmio transfrontaliero senza, però, che le nuove regole operino in modo uniforme per tutti gli interessi che verranno pagati a partire dal 1° luglio. Infatti, gli articoli 6 e 15 della direttiva 2003/48/CE e l'articolo 2, commi 3, 5 e 6 del decreto legislativo 84/05 prevedono regole transitorie di salvaguardia che escludono dal meccanismo di monitoraggio o dalla ritenuta una serie di operazioni produttive d'interessi.
Il decreto esclude dalla disciplina, per tutto il periodo transitorio (comunque non oltre il 31 dicembre 2010) gli interessi pagati su obbligazioni nazionali e internazionali e altri crediti negoziabili emessi per la prima volta anteriormente al 1° marzo 2001, a condizione che il credito non abbia costituito oggetto di riapertura a decorrere dal 1° marzo 2002. Se c'è stata riapertura l'articolo 2, comma 6 prevede condizioni per la disapplicazione almeno in parte degli interessi sulle emissioni.
Ulteriori esclusioni sono previste per i pagamenti di interessi versati da enti e organismi qualora l'investimento nei relativi titoli da parte degli stessi enti e organismi non sia superiore al 15% del loro attivo. La regola di esclusione opera, però, solo per gli Stati che l'hanno prevista espressamente.
24 maggio 2005
http://www.ilsole24ore.com/fc?cmd=art&codid=20.0.1184376438&chId=30
 
30 giugno 2005

Domani via con l’handicap alle tasse Ue sul risparmio

Il nuovo regime fiscale arriva dopo gli accordi di un anno fa che consentono alla Svizzera di conservare il segreto bancario. Ma l’elusione rimane facile

Scatta domani il nuovo regime europeo di tassazione del risparmio, impostato sullo scambio automatico di informazioni o, per alcuni Paesi, sull'imposizione alla fonte. passo sulla carta decisivo per l'integrazione fiscale e la lotta a elusione ed evasione.Mache, nella sostanza, secondo gli stessi esperti che hanno lavorato alla riforma, lascia "più di una scappatoia Il regime, peraltro, parte con mesi di ritardo, a causa della Svizzera che ha imposto lo slittamento dal primo gennaio per rispettare i tempi costituzionali di uneventuale referendum. Consultazione che, alla fine, non è stata richiesta.Aconferma di quanto al tavolo delle trattative gli "gnomi" abbiano giocato bene le proprie carte. Circa un anno fa l'allora presidente della Commissione, Romano Prodi, parlava di "vittoria " per aver strappato a Berna l'adesione al nuovo regime: in realtà, la Svizzera non dovrà scambiare informazioni, ma adotterà regime di imposizione alla fonte, conservando sine die il diritto segreto bancario. Quindi, addio alla speranza di alzare i veli dei forzieri elvetici. In più, in Svizzera come in Lussemburgo, Austria e Belgio e nei cosiddetti paradisi fiscali), l'aliquota alla fonte sarà tenuta a colpire una sola e precisa categoria di introiti: gli interessi liquidati a persone fisiche. E non serve un genio della finanza per costruire prodotti che mutino la definizione di un rendimento.
http://www.assinews.it/rassegna/articoli/fm300605ba4.html
 
Anche in Svizzera imposta al 15% dei redditi da capitale, dal 2011 salirà al 35%. Così i «paradisi» difendono i conti anonimi Il segreto bancario? Da oggi si paga In vigore la direttiva europea sulla tassazione del risparmio. Centri off shore, ritenute in aumento
Il segreto? E’ un servizio. Chi vuole usufruirne in banca, qualunque ne sia la ragione, da oggi pagherà: il 15% dei redditi da capitale fino a tutto il 2007, il 20% fra il 2008 e il 2010 e il 35% a partire dal 2001. Lo stesso trattamento è prescritto nei più celebri centri «off shore»: dalla Svizzera al Lussemburgo, dal Belgio all’Austria, dalle isole della Manica al Liechtenstein, ai territori e domini d’oltremare britannici (Isole Vergini, Cayman, Anguilla, Montserrat, Turcs e Caicos) e olandesi (Antille, Aruba). Senza eccezioni neanche per San Marino, Montecarlo e Andorra.

REALPOLITIK - Era forse diverso all’inizio lo spirito della direttiva per la tassazione del risparmio alla quale a Bruxelles si lavora dal 1989, quando il club era a 12 soci e si chiamava Comunità economica europea. Fatto sta che nell’attuale Ue a 25, anziché una certa idea condivisibile o meno di armonizzazione, i veti fra governi hanno prodotto un messaggio più tradizionale di Realpolitik : chi nell’Ue desideri un conto personale anonimo all’estero, alla lunga dovrà pagare imposte più alte di quelle in media richieste sui redditi da capitale nel suo Paese di residenza. I proventi però andranno per il 75% a quest’ultimo, partecipe così dei dividendi del «servizio», e per il 25% allo Stato che lo eroga grazie alle sue leggi di tutela contro la trasparenza.


DIRETTIVA MONTI - Certo quando la direttiva fu proposta nel ’98 da Mario Monti, allora commissario al Mercato interno dell’Ue, gli obiettivi erano altri: scoraggiare la concorrenza fra Stati al ribasso sulle aliquote sui capitali (per scoraggiarne la fuga) compensate da più alte aliquote sul lavoro (per sua natura meno mobile). E introdurre a questo scopo uno scambio d’informazioni fra amministrazioni fiscali sugli interessi maturati dai contribuenti su conti esteri. Fin qui le intenzioni. Nella realtà però l’Ue ha dovuto negoziare a lungo con i centri «off shore» al suo interno e fuori, vere calamite per risparmiatori non residenti grazie a conti anonimi tassati poco (Lussemburgo) o nulla (Svizzera). E’ stato un percorso a ostacoli per due ragioni: l’obbligo sulle questioni fiscali nell’Ue a decidere all’unanimità dei governi, Lussemburgo incluso; e l’impegno per coinvolgere i centri verso i quali sarebbe fuggito il risparmio se l’accordo avesse coperto la sola Unione.
Alla fine al compromesso fra ministri delle Finanze dell’Ue, le loro ex colonie e Svizzera, San Marino, Monaco, Lichtenstein e Andorra, si è giunti nel 2003. Per una direttiva programmata per entrare in vigore appunto oggi. Beninteso, come scrive in una lettera di 10 giorni fa l’ambasciatore svizzero all’Ue Bernhard Marfurt, «a condizione che le altre 39 parti coinvolte la applichino».


COMPROMESSO - Il meccanismo è inevitabilmente «à la carte». In tutta l’Ue meno che in Lussemburgo, Belgio e Austria, i Paesi tasseranno come prima il risparmio depositato dai risparmiatori residenti in un altro Stato. La novità è l’obbligo di trasparenza, per loro. Scatta insomma un meccanismo - sulla carta automatico - d’informazione dalla estera banca allo Stato di residenza del risparmiatore. Esempio: i redditi maturati da oggi su un conto di Londra di un cittadino italiano saranno comunicati nel giro di qualche mese dalla banca inglese al fisco di Roma (se l’automatismo funziona). Ovvio il rischio per l’investitore di subire accertamenti incrociati o la doppia imposizione, benché la direttiva la escluda.


LE BARRICATE - Austria, Belgio e Lussemburgo invece hanno alzato le barricare a difesa dei conti anonimi dei non residenti. In contropartita preleveranno ritenute alla fonte in aumento dal 15% al 35%, ma dei proventi tratterranno appunto solo un quarto. Per i domini e i territori d’Oltremare (in primis le isole di Guernsey, Jersey e Man) sono previste regole «identiche». In Svizzera e negli altri centri ai confini dell’Ue, ci saranno invece misure «equivalenti». Il primo effetto c’è già: le banche elvetiche, meta di un terzo del risparmio «off shore» del mondo, ha già investito 200 milioni per applicare le ritenute. Per ora non teme una fuga di capitali, benché l’Associazione svizzera dei banchieri chieda già di estendere i vincoli ai «paradisi» più lontani di Singapore e Hong Kong. Perché in Europa, fuori dall’ingranaggio, per ora resta poco: i dividendi, i prodotti assicurativi, i guadagni in capitale sociale e i derivati.

Federico Fubini
corriere della sera
 
1 luglio 2005

Trasparenza fiscale senza sconti

DIRETTIVA RISPARMIO • In vigore da oggi le regole per la circolazione delle notizie sui conti correnti e sull'euroritenuta

La conoscenza delle modalità di applicazione della direttiva risparmio al via da oggi nei vari Paesi europei e in Italia è indispensabile per evitare di essere sospettati di evasione anche quando si sia adottato un comportamento fiscalmente corretto.
Detenzione di conti correnti all'estero. Molti soggetti residenti in Italia detengono conti correnti all'estero di esiguo importo per effettuare pagamenti in loco ( ad esempio, conti di servizio dei detentori di abitazioni all'estero). Lo scambio di informazioni non prevede una soglia minima; pertanto anche interessi di pochi euro sono oggetto di segnalazione. Per evitare di essere obbligati a indicare nella dichiarazione gli interessi percepiti e di compilare, in alcuni casi, il quadro RW potrebbe essere utile incaricare alla banca estera di accreditare tempestivamente gli interessi su un conto corrente italiano; la banca italiana opererà la ritenta d'imposta d'ingresso e il contribuente sarà esonerato da altri adempimenti ( circolare 54/ E del 2002, risposta 14).
Soci di società semplici estere. Le società semplici residenti e non residenti sono considerate « agenti pagatori » ( rientrano fra le cosiddette " entità residuali" di cui all'articolo 1, comma 3 del Dlgs 84/ 2005); pertanto, nel momento in cui riscuotono interessi, devono fornire lo scambio di informazioni con riferimento ai loro soci residenti in altri Stati Ue. In Italia, però, i redditi delle società semplici non residenti devono essere dichiarati dal socio come utili ( articolo 44, comma 1, lettera e del Testo unico) solo quando vengono distribuiti dalla società e non quando questa li riscuote. Il socio, quindi, risulta aver riscosso un reddito che non ha legittimamente dichiarato, non avendo ancora percepito alcun utile dalla società. L'inconveniente può essere evitato se la società semplice chiede— come consente l'articolo 4, paragrafo 3 della direttiva— di essere autorizzata a fare la comunicazione solo nel momento in cui eroga il reddito al socio.
Obbligazioni di emittenti privati. Molte persone fisiche italiane detengono obbligazioni di società estere. Non essendoci l'intervento di intermediari finanziari, l'agente pagatore è la società estera, la quale sarà quindi obbligata allo scambio di informazioni ( o ad operare la ritenuta sostitutiva, se risiede nei Paesi che fruiscono di questa opzione). Per evitare di dover indicare nella dichiarazione dei redditi gli interessi percepiti e di dover compilare il quadro RW, sarebbe sufficiente che il residente depositasse il titolo presso una banca italiana o lo intestasse a una fiduciaria italiana, optando per il regime del risparmio amministrato. In questo modo, infatti, non opererebbe alcuno scambio di informazioni e gli adempimenti fiscali italiani sarebbero a carico dell'intermediario. Ma occorre considerare che alcuni intermediari considerano l'operazione descritta un « trasferimento dall'estero » e quindi effettuano il monitoraggio ( comunicazione telematica all'Anagrafe tributaria dell'operazione) di cui all'articolo 1 del Dl 167/ 90.
Finanziamenti a società estere. Anche nel caso in cui una persona fisica abbia erogato un finanziamento a una società estera, non essendoci l'intervento di intermediari finanziari, l'agente pagatore è la società stessa. Anche in questo caso, per evitare di dover compilare il quadro RW, sarebbe sufficiente che il residente intestasse il credito a una fiduciaria italiana, optando per il regime del risparmio amministrato. Ma questa soluzione, oltre a comportare il rischio di monitoraggio, non esonera il contribuente dall'obbligo di indicare l'interesse nel quadro RL della dichiarazione dei redditi, scontando l'Irpef progressiva.

GERMANIA
Informazioni ai nastri di partenza

I n Germania la direttiva risparmio è stata attuata già da tempo con decreto del 26 gennaio 2004 ( « Zinsinformationsverordnung » ) , strutturato come corpo autonomo e indipendente dalle disposizioni fiscali vigenti, che ne facilita la lettura. Nello scorso gennaio, poi, il ministero delle Finanze tedesco ha emanato un'ampia circolare informativa per illustrare i principali aspetti operativi, entrando tra le altre cose anche nel merito delle singole definizioni di agente pagatore, beneficiario effettivo e di interessi.
Scopo principale della direttiva europea, come spiegato nella parte introduttiva della circolare, è di garantire la tassazione degli interessi pagati a persone fisiche residenti in altro Stato membro tramite lo scambio di informazioni. Pertanto la normativa non tocca le disposizioni interne riguardanti la tassazione degli interessi pagati a non residenti.
Queste prevedono, come prima, una ritenuta del 20% ( « Kapitalertragsteuer » ) , alla quale si aggiunge l'addizionale di solidarietà del 5,5% ( complessivamente la ritenuta è del 21,1%). La ritenuta si applica sugli interessi da depositi bancari e di norma nella stessa misura anche sulle obbligazioni pubbliche e private. Restano ovviamente salve le disposizioni convenzionali che, per quanto riguarda la convenzione con l'Italia, prevedono una riduzione della ritenuta al 10% e in particolari casi l'esenzione ( come per le obbligazioni emesse dallo Stato o da un Land). La riduzione o l' esenzione vanno preventivamente richieste all'ufficio locale; a differenza dell'Italia non possono essere concesse direttamente dal sostituto d'imposta.
Con riferimento agli Stati per i quali è prevista l'applicazione della ritenuta in sostituzione dello scambio di informazioni ( Belgio, Lussemburgo e Austria nonché alcuni Stati terzi come Svizzera) viene evidenziato molto chiaramente che, nonostante la ritenuta, continua a sussistere l'obbligo di dichiarare gli interessi in base alle norme interne.
Questa avvertenza cerca di ovviare alla comune disinformazione, fomentata anche dalla pubblicità maliziosa di banche di Paesi limitrofi ( Austria e Svizzera), con riferimento al loro segreto bancario. Questo infatti è un argomento molto delicato per i tedeschi dopo che dall'aprile 2005 l'amministrazione finanziaria ha la possibilità di accedere in via telematica su ogni banca per verificare l'esistenza di conti bancari intestati a singole persone, con il solo obbligo di informare il contribuente ma non la banca. Tale procedura di interrogazione ( « Kontenabfragemöglichkeit » ) dopo lunga battaglia è stata avallata anche dalla Corte costituzionale.
Per quanto riguarda gli aspetti operativi, il decreto contiene le disposizioni per la comunicazione delle informazioni. Gli obblighi riguardano gli operatori professionali, ma anche le imprese che pagano interessi nell'ambito della loro attività professionale. Al riguardo si segnala un'interpretazione restrittiva che considera gli interessi pagati per un finanziamento concesso dal socio come non rientranti nell'ambito dell'attività tipica dell'impresa e, pertanto, esclusi dall'obbligo di comunicazione.
Comunque, la direttiva si applica agli interessi pagati dal 1 ? luglio 2005 ( stretto regime di cassa). La comunicazione riguarda in teoria solamente gli interessi, come definiti nella direttiva. Qualche problema però può nascere con particolari fondi d'investimento per i quali in caso di cessione possono essere compresi, oltre a interessi, anche plusvalenze.
Le informazioni devono essere inviate all'amministrazione in via telematica entro il 31 maggio dell'anno successivo, fatto abbastanza insolito in Germania dove non si conosce ancora l'utilizzo generalizzato dell'invio telematico come in Italia. La circolare, infine, contiene i dettagli tecnici per la comunicazione e la modulistica che serve nei confronti degli Stati che applicano la ritenuta, per chiederne l'esonero e certificare la residenza fiscale.

REGNO UNITO
Scambi a due vie

I l Regno Unito si distingue per la tempestività e la completezza del recepimento. Il fulcro dell'attuazione della direttiva sul risparmio è costituito dal Reporting of Savings Income Information Regulation ( SI 2003/ 3297), adottato sulla base di una delega inserita nel Finance Act 2003.
Il provvedimento governativo è stato poi modificato nel giugno scorso ( SI 2005/ 1539) per tenere conto, fra l'altro, dell'allargamento Ue e dell'avvenuta conclusione degli accordi con i territori dipendenti e associati. Alla disciplina legislativa si affiancano dettagliate Guidance Notes, giunte alla quarta revisione.
La nuova disciplina si inserisce in un sistema tributario che prevede, di regola, l'applicazione di una ritenuta alla fonte del 20% sui proventi qualificabili come savings income ( categoria che include, in particolare, gli interessi bancari e sui titoli pubblici).
Le prime dichiarazioni che gli agenti pagatori dovranno predisporre riguarderanno il periodo dal 1 ? luglio 2005 al 5 aprile 2006 e dovranno essere presentate entro il 30 giugno 2006. Le informazioni riguardano, in generale, i soli interessi pagati ( criterio di cassa), mentre quelli maturati o capitalizzati acquistano rilievo solo nel caso di cessione del titolo o del credito ( e qualora nel prezzo siano inclusi gli interessi maturati) o nel caso di rimborso anticipato.
I contenuti della dichiarazione sono diversi a seconda che riguardino rapporti posti in essere prima o dopo il 1 ? gennaio 2004. Per le relazioni contrattuali iniziate dopo il 1 ? gennaio 2004 ( ovvero in assenza di contratto), la dichiarazione dovrà contenere nome, indirizzo, Paese di residenza e data e luogo di nascita dell'investitore, nonché il Tax Identification Number ( il codice fiscale attribuito dallo Stato membro di residenza) o, in mancanza, la data e il luogo di nascita. Per quelle iniziate prima del 1 ? gennaio 2004, gli obblighi di informazione sono limitati a nome, indirizzo e Stato di residenza.
In merito ai pagamenti, le informazioni che l'agente pagatore è tenuto a trasmettere riguardano la categoria di interessi, il numero di conto o le altre informazioni utili a identificare lo strumento finanziario, l'ammontare degli interessi e la valuta utilizzata ai fini della dichiarazione.

FRANCIA
Il pagamento detta i tempi alle amministrazioni

A partire da oggi la direttiva comunitaria 2003/ 48 trova pieno recepimento anche in Francia: e così i redditi da risparmio corrisposti sotto forma di interesse da soggetti francesi ( generalmente banche, società di intermediazione finanziaria, società di gestione delle risparmio) a persone fisiche residenti in altri Paesi membri sono tassati esclusivamente nei rispettivi Paesi di residenza, subordinatamente al rispetto da parte degli agenti pagatori di ben specifici obblighi di monitoraggio di coloro che sono beneficiari effettivi dei flussi finanziari.
Alcune convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate tra la Francia e altri Paesi comunitari prevedevano già un'imposizione esclusiva degli interessi nel solo Stato di residenza del percettore ( ad esempio le convenzioni con l'Austria, con la Germania, con la Danimarca, con il Regno Unito, con la Svezia).
La stessa normativa interna francese esclude inoltre da qualunque imposizione domestica gli interessi relativi a obbligazioni e ad altri titoli negoziabili emessi a partire dal 1 ? gennaio 1987.
La direttiva risparmio esplicherà pertanto i propri effetti innovativi in tutti quei casi residuali in cui la Francia applica ancora un'imposizione alla fonte sugli interessi corrisposti a persone fisiche residenti nella Comunità; imposizione alla fonte, peraltro, solitamente non superiore al 10%, così come stabilito dal rispettivo Trattato bilaterale ( si vedano ad esempio le convenzioni stipulate dalla Francia con l'Italia, Cipro, Malta, il Belgio, la Spagna e la Grecia).
L'applicazione in Francia del nuovo regime impositivo degli interessi da risparmio come introdotto dalla direttiva comporta, come si è detto, specifici obblighi di identificazione delle persone fisiche estere, residenti nella Comunità, le quali percepiscono interessi di fonte francese. La procedura di rilevazione viene disciplinata in modo sostanzialmente analogo a quanto previsto in Italia; gli obblighi di rilevazione dovrebbero riguardare comunque esclusivamente l'ammontare dei proventi e non l'ammontare del capitale produttivo di reddito stante il tenore dell'articolo 242 ter del « Code general des impots » .
La successiva trasmissione dei nominativi dei beneficiari alle varie amministrazioni fiscali dei rispettivi Paesi di residenza ( per il tramite dell'amministrazione fiscale francese) da una parte consentirà al soggetto pagatore francese di non applicare le ritenute fiscali convenzionali sui proventi erogati, dall'altra consentirà al Fisco dello Stato di residenza di conoscere quali sono i proventi percepiti dai propri residenti e di verificare se gli stessi, una volta giunti a destinazione, sono stati dichiarati o comunque assoggettati a imposizione. Nel caso in cui i soggetti percettori risiedano in Italia, l'amministrazione finanziaria del nostro Paese sarà altresì messa in grado di confrontare i dati ricevuti relativi ai flussi finanziari percepiti dai propri contribuenti residenti con i dati dichiarati da questi ultimi nei modelli RW.
Il decreto 2005 132 del 15 febbraio 2005 è il provvedimento legislativo con il quale la direttiva ha trovato piena definizione nell'ambito del sistema giuridico francese attraverso peraltro l'inserimento di necessarie modifiche e integrazioni ad alcune norme del « Code general des impots » . La nuova normativa esplica la sua efficacia « pour les interests de creance de toute nature et produit assimiles payées » dalla data di entrata in vigore. In sostanza, il legislatore d'Oltralpe ha operato in modo analogo a quello italiano ( si veda l'articolo 12 del decreto legislativo 84/ 2005) dando rilevanza esclusivamente al momento della percezione del provento e non a quello della maturazione dello stesso. Non è rilevante la maturazione del provento
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1 luglio 2005

Anche le società finiscono nella rete

DIRETTIVA RISPARMIO • Tra le questioni che restano da chiarire le operazioni di pronti termine e gli effetti dello « scudo »

L' applicazione della direttiva risparmio in Italia solleva alcune questioni procedurali che potrebbero presentare interesse diffuso.
Agenti pagatori diversi dagli intermediari finanziari. Lo scambio di informazioni non è posto a carico solamente degli intermediari finanziari, ma può riguardare anche i privati. Ci si riferisce, ad esempio, alle società italiane che abbiano emesso obbligazioni sottoscritte da persone fisiche comunitarie o abbiano ricevuto finanziamenti da esse. Le persone fisiche straniere titolari di obbligazioni o finanziamenti verso società italiane potrebbero sollevare la società dagli obblighi di agente pagatore semplicemente depositando il titolo presso una banca italiana o intestandolo a una fiduciaria italiana ( nel qual caso la banca o una fiduciaria assumerebbero il ruolo di agente pagatore) oppure utilizzando un intermediario del proprio Paese di residenza ( nel qual caso la direttiva non troverebbe del tutto applicazione).
Altro caso è quello delle società semplici con soci persone fisiche domiciliate in altri Stati della Comunità. Queste società devono monitorare e comunicare la quota di interessi percepiti, di pertinenza dei soci stranieri. Si tratta di un adempimento particolarmente gravoso se si considera che le società semplici sono, di norma, prive di struttura organizzativa.
La nozione di « interesse » .
Il testo del decreto legislativo 84 del 2005 non pare idoneo a definire con esattezza il campo di applicazione dello scambio di informazione. A titolo di esempio, non è chiaro quale sia il dato da comunicare in presenza di un'operazioni di pronti contro termine: solo l'interesse effettivo dell'operazione ( somma algebrica di rateo cedola e scarto prezzo), l'intero corrispettivo della cessione a termine ( interesse più prezzo secco del titolo) o quest'ultimo dato più l'ammontare complessivo dell'eventuale cedola eventualmente incassata nel corso dell'operazione? In presenza di un finanziamento infruttifero, si ritiene che nessuna comunicazione debba essere effettuata, anche se, sul piano economico, si potrebbe sostenere che il creditore abbia maturato un interesse implicito, pari alla differenza fra il valore nominale del credito e il suo valore attuale alla data dell'erogazione.
La segretazione in caso di scudo fiscale. Un caso particolare si può verificare se un residente ha aderito al cosiddetto « scudo fiscale » negli anni 2001 2003 e ha, nel frattempo, trasferito la propria residenza all'estero. L'intermediario italiano, pur essendo obbligato alla segretazione dovrà comunicare alle Finanze gli interessi oggetto dello scambio di informazione, con un'evidente contraddizione. Di norma, però, l'inconveniente non potrà verificarsi.
La banca, infatti, censisce ( per stabilire lo Stati di provenienza) il cliente in base al passaporto o alla carta d'identità ( che, nel caso, saranno — di norma — italiani), utilizzando la residenza fiscale solo su richiesta del cliente stesso. Basterà quindi che il cliente non consegni alla banca il certificato residenza estero per sottrarsi allo scambio di informazioni, dato che la banca non lo percepirà come domiciliato all'estero. Non è sempre definito con esattezza l'ambito oggettivo delle dichiarazioni

S V I Z Z E R A
Il segreto bancario resiste al prelievo

V ia libera all'euroritenuta in Svizzera, là dove prima di oggi non vi era applicazione di imposta ( ipotesi di extraterritorialità) nel caso di interessi dovuti da un soggetto non residente a un creditore non residente pagati per il tramite di un agente pagatore svizzero.
La legge federale relativa all'accordo sulla fiscalità conseguente alla direttiva prevede, tra gli altri, i seguenti adempimenti a carico degli agenti pagatori: i trasferimenti delle contribuzion i ( 2 5 % ) dell'euroritenuta devono avvenire entro il 31 marzo di ciascun anno con riguardo all'anno precedente, salvo applicazione di interessi di mora in caso di ritardo; la ritenuta è conteggiata in franchi svizzeri, laddove conteggiata in divisa estera è convertita al cambio del giorno; è previsto l'obbligo del segreto anche nel caso di applicazione della ritenuta; è punito con una multa fino a 250mila franchi ( circa 161.500 euro), fatti salvi eventuali aspetti penali, chiunque commetta sottrazioni di ritenuta o trasferimento di importi; è punito con multe sino a 100mila franchi ( circa 64.600 euro) chiunque intenzionalmente o per negligenza metta in pericolo l'esecuzione dell'accordo sulla euroritenuta.
Al fine della segnalazione degli interessi soggetti aeuroritenuta sono stati istituiti appositi moduli Form. 150/ 151 cumulativi annui per ciascun Paese. La segnalazione ha riguardo agli interessi maturati dal 1 ? luglio 2005 ( Luxembourg approach) indipendentemente dal momento del loro pagamento. Ciò si spiega anche con la circostanza che prima dell'euroritenuta tali interessi, non ricadendo nella imposta preventiva, non soggiacevano ad alcuna imposizione.
Il comma 2 dell'articolo 1 dell'accordo tra Svizzera e Ue ( sulla Gazzetta europea L 385/ 30 del 29 dicembre 2004) esclude dall'applicazione della euroritenuta « i pagamenti di interessi generati da crediti nei confronti di debitori che sono residenti in Svizzera » . Per comprendere la portata di questa disposizione occorre riferirsi alla legge federale sull'imposta preventiva ( legge 13 ottobre 1965, articoli 4 e 13). L'imposta preventiva è un'imposta riscossa alla fonte sui redditi dei capitali mobili: a) interessi da obbligazioni, cartelle ipotecarie e rendite fondiarie rilasciate da una persona domiciliata in Svizzera; b) dividendi da azioni pure emesse da persone domiciliate in Svizzera; c) quote di fondi di investimento di emittenti elvetici; d) interessi da averi di clienti presso banche e casse di risparmio svizzere. L'aliquota è fissata nella misura del 35% per i redditi di capitale, 15% per rendite vitalizie e pensioni, 8% per le altre prestazioni di assicurazione. L'obbligo del prelievo incombe al debitore svizzero — sostanzialmente sostituto d'imposta — che di conseguenza riduce la propria prestazione a favore del beneficiario. Se i beneficiari sono soggetti non residenti nella Confederazione l'imposta preventiva costituisce generalmente una imposizione definitiva, restando peraltro salva l'applicazione delle minori ritenute convenzionali.
Questo equivale a dire che l'imposta preventiva sugli interessi esclude la contemporanea applicazione dell'euroritenuta e di tutti i conseguenti adempimenti tra cui, in particolare, il ristorno del 25% del ricavato allo Stato di residenza del beneficiario.

AUSTRIA
Un percorso a ostacoli per i dati

L e novità per l'Austria riguardano soprattutto l'introduzione dell'euroritenuta ( Eu Quellensteuer).
Prima, infatti, le norme interne prevedevano l'esenzione per gli interessi, mentre per i pagamenti a soggetti residenti si continua ad applicare una ritenuta del 25 per cento. L'attuazione della direttiva è avvenuta con una legge del gennaio 2004 che entra in vigore con il 1 ? luglio 2005 ( Eu Quellensteuergesetz), cui ha fatto seguito, due settimane fa, la circolare attuativa. La legge contiene le singole definizioni sulla falsariga della direttiva Ue. In particolare si segnala l'obbligo di identificazione del beneficiario con relativo codice fiscale e del suo domicilio, anche se non vengono fornite informazioni all'amministrazione nell'altro Stato comunitario. L'ambito soggettivo— obbligo di effettuare la ritenuta o in alternativa la comunicazione — come in Germania viene interpretato restrittivamente: riguarda solo operatori professionali e, per le imprese, solo quelle che pagano interessi nell'esercizio della loro attività professionale. Il fulcro delle novità e dei chiarimenti ufficiali riguarda l'euroritenuta sugli interessi pagati a non residenti dal 1 ? luglio 2005 ( principio di cassa). Sono richiesti calcoli particolari per una corretta imputazione temporale degli interessi ( esempio, per titoli con zero coupon). Difficile diventa poi il calcolo degli interessi per i fondi di investimento dove, anche in base alla loro composizione, va calcolato una sorta di interesse implicito o figurativo in caso di capitalizzazione.
L'imposta va versata dall'ente pagatore annualmente entro il 31 maggio dall'anno successivo. Entro lo stesso termine deve essere predisposta e inviata in via telematica all'amministrazione una dichiarazione con gli interessi pagati e le ritenute effettuate, il tutto suddiviso in base allo Stato di residenza dei beneficiari.
La circolare sottolinea infine che l'euroritenuta non esonera il beneficiario dagli obblighi di dichiarazione nel suo Stato di residenza, che continua ad avere il diritto di tassare gli interessi in base al principio del reddito mondiale.
Deve essere solamente garantito il credito d'imposta pieno, per evitare qualsiasi possibilità di doppia imposizione.

Gli istituti pronti all'euroritenuta

Circa 300 milioni di franchi ( quasi 194 milioni di euro) investiti in tecnologie, procedure, formazione degli addetti. Gli istituti elvetici si dicono pronti all'entrata in vigore della nuova tassazione del risparmio. Thomas Sutter, portavoce dell'Associazione svizzera dei banchieri, ieri lo ha ribadito. Le banche rossocrociate si dicono tranquille: il segreto bancario rimane, la nuova imposta per i non residenti Ue — ora al 15%, poi gradualmente sino al 35% — toccherà solo i redditi da interesse delle persone fisiche.
Ne sono esclusi gli utili in capitale, i dividendi, i prodotti derivati, i prodotti assicurativi.
Non riguarda le persone giuridiche. Gli istituti della Confederazione, principale piazza di gestione di patrimoni a livello mondiale, non temono un deflusso di capitali verso altri luoghi, neppure verso piazze asiatiche come Hong Kong e Singapore, per ora escluse dagli accordi.
« C'è un impegno dell'Unione europea — dice Franco Polloni, responsabile Pianificazione fiscale della Banca del Gottardo — a trovare in futuro intese anche con quelle piazze. Nel frattempo, riteniamo che non vi saranno spostamenti di capitali dalla Svizzera, considerando le garanzie e le professionalità che sulla piazza elvetica si possono trovare » .
Tre quarti dell'imposta riscossa saranno versati agli Stati Ue di residenza, un quarto rimarrà alla Confederazione. Tra circa un anno si potrà fare forse un primo bilancio concreto sugli introiti reali derivanti dalla tassazione. Intanto la quieta Svizzera non si scompone e fa sapere di poter conservare la sua leadership nella gestione patrimoniale.
http://www.assinews.it/rassegna/articoli/sole010705ri2.html
 
Andrea Bazzani



La Direttiva EUROPEA sul risparmio:

Aspetti di interesse e questioni problematiche





1. - Introduzione

Il presente lavoro ha come intento la breve analisi della disciplina nata con la Direttiva Europea n. 2003/48/CE[1] in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamento di interessi (EU Taxation of Savings Directive), con un occhio di riguardo per quanto è avvenuto con l'allargamento dell'applicazione agli “importanti Stati terzi” (Svizzera ovviamente in primis), nonché alle conseguenze che tale Direttiva potrà avere, anche in prospettiva, sul soggetto residente fiscalmente in Italia che mantenga fonti di reddito da interessi in Paesi interessati alla normativa, sia durante il periodo transitorio, sia nella versione definitiva.

La Direttiva sul risparmio è il frutto di una contrattazione diplomatica che ha visto l'inizio molto indietro nel tempo, a dimostrazione, da un lato, della rilevanza degli interessi in gioco e, dall'altro, della determinazione degli Stati (Ecofin) che hanno pervicacemente portato avanti il progetto di Direttiva. È precisamente dal c.d. Pacchetto Monti adottato dal Consiglio Ecofin il 1° dicembre 1997[2] che si può dire aver inizio l'evoluzione che ha portato all'odierna e definitiva Direttiva: questo era articolato su tre punti riguardanti, oltre appunto alla proposta di direttiva sul risparmio, anche all'adozione di un “codice di condotta” in tema di tassazione delle imprese e la direttiva concernente la tassazione di interessi e royalties tra imprese UE. Tale proposta è stata a più riprese ritirata e ripresentata con varie modifiche fino agli accordi raggiunti dai Capi di Stato al Consiglio europeo svoltosi a Santa Maria di Feira (Portogallo) del giugno 2000 che ha prodotto le conclusioni del Consiglio Ecofin (novembre 2000) da cui è scaturita la proposta di direttiva (presentata il 18 luglio 2001[3]). Alla medesima disciplina si sono uniformati anche i dieci nuovi Stati membri entrati a far parte della Comunità a partire dal 1° maggio 2004.

Il principio accolto è stato quello che prevedrà, dopo un periodo transitorio, l'adozione dello scambio di informazioni tra Stati volto a garantire l'imposizione effettiva sui redditi da risparmio derivanti da pagamenti di interessi all'interno della Comunità, anche in presenza di eventuali norme interne a tutela del segreto bancario. Il periodo transitorio, di 7 anni, è stato accordato, infatti, proprio pensando alle non comuni difficoltà di Belgio, Lussemburgo ed Austria, unici Stati membri che presentano una solida disciplina sul segreto bancario ancorata persino al dettame costituzionale, che dovrà per forza di cose essere modificata[4]; in questo periodo transitorio in deroga al principio generale di scambio di informazioni sopra menzionato, sarà applicato il c.d. “modello di coesistenza” nel quale verrà data la possibilità di effettuare una ritenuta sugli interessi pagati in luogo dell'informazione sul beneficiario economico degli interessi stessi se residente in un altro Stato membro.

Al medesimo principio derogante si sono rifatti anche gli Stati terzi che per la loro rilevanza economico - finanziaria non potevano non essere coinvolti nell'applicazione della Direttiva. Proprio i tre Stati membri con un radicato segreto bancario, ed in articolare il Lussemburgo che più di tutti ha nel mercato bancario e finanziario un centro rilevante di interessi[5], richiesero a gran voce un'uniformità di applicazione della Direttiva all'interno del sistema economico finanziario continentale, arrivando a condizionare la loro ratifica dell'accordo all'allargamento dello stesso anche ai Paesi che, specie in Europa, potevano trarre un vantaggio concorrenziale dall'applicazione della Direttiva ai soli Paesi membri. Ecco dunque che la Direttiva ha dovuto prevedere espressamente che l'entrata in vigore fosse subordinata all'applicazione da parte della Confederazione svizzera, del Principato di Monaco, del Principato del Liechtenstein, della Repupplica di San Marino, del Principato di Andorra e, successivamente, degli Stati Uniti d'America, delle stesse misure applicate agli Stati membri. Il 7 dicembre 2004 anche gli ultimi tra questi[6] hanno ratificato l'accordo con la Commissione Europea dunque a meno di imprevisti il 1° luglio 2005 si avvierà ufficialmente l'applicazione della Direttiva sul risparmio seppur solo con il periodo transitorio.

Del resto una Direttiva che ha nello scambio di informazioni volto ad arginare l'esteso fenomeno dei redditi derivanti dai frutti di patrimoni non dichiarati nei Paesi di residenza ma detenuti in Paesi che da un lato garantiscono totale discrezionalità attraverso un forte radicamento del segreto bancario e dall'altro non prevedono (spesso del tutto) una vera e propria tassazione sui redditi finanziari, che non avesse coinvolto tutti i Paesi, membri e non, che tradizionalmente hanno queste peculiarità, avrebbe portato ad un sicuro insuccesso della Direttiva o ad un pericolo per l'economia dei Paesi membri che avessero accettato.

In particolare la Confederazione Svizzera, da anni leader mondiale del mercato finanziario ha fatto delle due caratteristiche sopra menzionate un vero e proprio marchio di fabbrica, che ha portato questo Paese tradizionalmente noto in passato solo per i verdi pascoli e la bellezza dei laghi ma anche per la povertà delle proprie genti[7] a divenire depositario di immensi patrimoni privati e non, provenienti da tutto il mondo. Fonti bancarie svizzere[8], infatti, quantificano in circa 650 miliardi di euro i depositi bancari nella Confederazione di persone non residenti in questo Paese, di cui si calcola circa in due terzi (420 Md €) la percentuale dei depositi facenti riferimento a persone residenti in Paesi dell'Unione Europea che di fatto sfuggono a tassazione senza possibilità di venir rintracciati. Stesso discorso, ma con numeri molto meno impressionanti per Paesi come il Principato di Monaco e del Liechtenstein. Ecco dunque che qui si giustificano i tentativi, cui la Direttiva in oggetto certo va ricondotta, che nel corso degli anni sono stati tentati dall'UE e dall'OCSE da un lato ma anche per iniziativa dei singoli Stati (sintomatico quanto fatto da Stati Uniti d'America con il c.d. “Qi”, ma anche con il famoso “scudo fiscale” del fisco italiano, non a caso poi imitato da altri Paesi membri come Germania e Belgio) dall'altro, per arginare un fenomeno che in effetti in passato è stato ampiamente sottovalutato.



2. - La Direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio: ambito di applicazione

Venendo ad un'analisi più approfondita della Direttiva, non si può prescindere dall'approfondimento dell'ambito di applicazione oggettivo e soggettivo della stessa.

Quanto all'ambito oggettivo[9], si è già avuto modo di dire che la Direttiva non si applica a tutti i redditi finanziari che possono derivare dal risparmio ma solo dagli interessi. Dunque le forme di risparmio interessate sono i depositi in contanti e le cauzioni in forma liquida, tutti i tipi di obbligazioni di emittenti pubblici e privati, i titoli negoziali similari (titoli cioè liberamente negoziabili sul mercato secondario o trasferibili dal detentore senza consenso dell'emittente) e le quote degli organismi di investimento collettivo in valori immobiliari (Oicvm).

Le obbligazioni aventi una clausola di partecipazione agli utili del debitore si considerano produttive di interessi e non di dividendi, a meno che i fondi prestati non partecipino effettivamente ai rischi sostenuti dal debitore.

Per interessi si intendono i frutti derivanti da crediti di qualsiasi tipo (anche garantiti o corredati da clausole di partecipazione agli utili), compresi i depositi di contante, dai titoli obbligazionari e internazionali (bonds), nonché da altri titoli similari negoziabili e i redditi distribuiti dagli Oicvm, nella misura in cui derivano da pagamenti di interesse.

In particolare, la nozione di interesse da ultimo definita ricomprende, relativamente ai titoli di debito, sia i flussi cedolari sia gli interessi maturati o capitalizzati realizzati alla cessione, al rimborso o al riscatto delle forme di risparmio ricordate (comprese le emissioni a tasso zero, emesse sotto la pari e i crediti similari), rendendo dunque rilevanti ai fini del monitoraggio anche le operazioni di cessione di titoli. Sono inclusi altresì gli eventuali premi incassati alla scadenza dei titoli. Nel caso in cui l'intermediario non disponga di informazioni sufficienti circa la proporzione del reddito distribuito dagli Oicvm derivante da pagamento di interessi, l'importo totale del reddito viene considerato pagamento di interessi.

I pagamenti di interessi comprendono anche i redditi realizzati alla cessione, al rimborso o al riscatto di partecipazioni o quote di Oicvm, ove oltre il 40 per cento del loro attivo sia stato investito in strumenti di debito o in altre partecipazioni o quote di Oicvm[10]. In ogni caso, gli Stati membri possono includere tali redditi nella definizione del pagamento di interessi solo nella misura in cui corrispondano a redditi che, direttamente o indirettamente, derivino dai sopra menzionati pagamenti di interessi.

La composizione del patrimonio del fondo si evince dal suo regolamento o, in assenza di una precisa indicazione, tenendo conto dell'effettiva composizione degli investimenti effettuati dall'Oicvm. Anche in questo caso, se l'intermediario non dispone di informazioni circa la percentuale investita dagli Oicvm in strumenti di debito, quote o partecipazioni (ad esempio, per un Oicvm stabilito fuori dalla UE), tale percentuale si considera, in ogni caso, superiore al 40 per cento. Qualora l'agente pagatore non sia in grado di determinare l'importo del reddito realizzato dal beneficiario effettivo, il reddito si considera il prodotto della cessione, del rimborso o del riscatto delle partecipazioni o quote.

Gli Stati membri hanno la facoltà di escludere dalla definizione di pagamento di interessi i redditi derivanti da Oicvm, stabiliti nel loro territorio, nel caso in cui l'investimento in strumenti di debito non sia stato superiore al 15 per cento del loro attivo.

È stata peraltro prevista una clausola di salvaguardia o grandfathering clause che prevede l'esenzione da ritenuta e da segnalazione delle obbligazioni, nazionali ed internazionali, e degli altri titoli di credito negoziabili emessi, per la prima volta, anteriormente al 1° marzo 2001 (o il cui prospetto originario delle condizioni di emissione sia stato approvato prima di tale data dalle competenti autorità), fino alla loro naturale scadenza ovvero, se anteriore, sino al termine del periodo transitorio e, comunque, al più tardi sino al 31 dicembre 2010, se la loro emissione non viene riaperta il 1° marzo 2002 o dopo tale data[11].

Ovviamente, nulla osta affinché sui redditi prodotti dai titoli in questione gli Stati membri applichino, secondo la legislazione nazionale o il dettato di Convenzioni contro le doppie imposizioni, una propria imposizione.

Come precedentemente riportato[12], è stato accordato un periodo transitorio di 7 anni[13] in cui in luogo dello scambio di informazioni tra Stati membri, nei confronti di Belgio, Lussemburgo e Austria e dei Paesi terzi aderenti, verrà applicato il diverso principio c.d. “modello di coesistenza” durante il quale verrà effettuata una ritenuta (c.d. “euroritenuta”) alla fonte sugli interessi pagati al beneficiario economico degli interessi stessi se residente in un altro Stato membro.

La ritenuta fissata nel 15 per cento per i primi tre anni, del 20 per cento nei tre anni successivi e del 35 per cento per gli ultimi anni di transizione, sarà presa alla fonte dall'agente pagatore che la rapporterà al periodo di detenzione del credito da parte del beneficiario effettivo e, nel caso non sia in grado di determinare tale periodo, considererà il soggetto passivo titolare dell'intero credito, salvo prova contraria. La ritenuta verrà ripartita tra lo Stato membro di residenza del beneficiario degli interessi per il 75 per cento, mentre lo Stato che effettua il prelievo avrà diritto a trattenere il 25 per cento del gettito.

In deroga al principio transitorio, il beneficiario può richiedere la non applicazione dell' euroritenuta autorizzando l'agente pagatore allo scambio di informazioni ovvero presentando apposito certificato rilasciato dall'Autorità competente del Paese di residenza[14].

Durante il periodo transitorio, lo Stato membro di residenza del beneficiario effettivo assicura l'eliminazione di tutte le doppie imposizioni che possono derivare dall'applicazione della ritenuta alla fonte, accordando al beneficiario effettivo un credito d'imposta pari all'importo della ritenuta effettuata secondo la legislazione nazionale. Allo Stato di residenza non è preclusa l'applicazione della normale tassazione sui dividendi oggetto della Direttiva anche durante il periodo transitorio; in caso l'importo superasse l'importo dell'imposta eventualmente dovuta, lo Stato di residenza rimborsa al beneficiario l'importo di ritenuta eccedente.

Al termine del periodo transitorio, lo scambio automatico di informazioni tra lo Stato pagatore (per quanto comunicatogli dall'agente pagatore) nei confronti dello Stato di residenza, avrà per oggetto[15] almeno l'identità e residenza del beneficiario effettivo, la denominazione ed indirizzo dell'agente pagatore, il numero di conto del beneficiario e naturalmente l'importo degli interessi pagati o accreditati o in caso di rimborso, cessione o riscatto, l'ammontare relativo a tali operazioni.

Venendo ora ad analizzare l'ambito d'applicazione soggettiva, si è già più volte fatto riferimento ai due soggetti coinvolti nell'applicazione della normativa sia per quanto consta alla fase transitoria che per quanto riguarda la fase di applicazione definitiva[16]: l'agente pagatore ed il beneficiario effettivo.

Per quanto riguarda l'agente pagatore, esso è chiaramente riconducibile alla figura dell'intermediario bancario dove i risparmi sottoposti alla Direttiva sono depositati, essendo definito come l'operatore economico che paga gli interessi al beneficiario effettivo in modo da consentire con precisione l'individuazione dello stesso, anche in presenza di una pluralità di intermediari. In caso di corresponsione diretta degli interessi, sarà agente pagatore il debitore stesso, mentre nel caso vi siano diversi intermediari sarà l'ultimo di essi.

La Direttiva pone a carico degli intermediari che corrispondono gli interessi (paying agents) importanti adempimenti riguardanti l'identificazione del percettore degli interessi, la segnalazione nominativa (annuale) dei dati all'Amministrazione finanziaria nazionale o, in alternativa, il prelievo alla fonte, limitandosi, in tal caso, a versare e a segnalare al Fisco l'ammontare complessivo del gettito[17].

Nell'ambito della nuova disciplina sul risparmio transfrontaliero il ruolo svolto dagli intermediari che adempiono alla funzione di agente pagatore è di grande rilevanza non solo con riguardo ai menzionati aspetti, ma anche con riferimento al presupposto territoriale di applicazione.

La Direttiva circoscrive, infatti, il proprio ambito di applicazione agli interessi corrisposti da un agente pagatore stabilito in uno Stato membro a beneficiari effettivi che siano persone fisiche residenti in un altro Stato membro.

Di conseguenza, le comunicazioni all'Amministrazione finanziaria italiana, per i pagamenti effettuati in Italia a persone fisiche residenti negli altri Stati dell'Unione Europea dovranno essere prodotte sia dalle banche italiane che dalle stabili organizzazioni in Italia di banche estere, sia comunitarie che extracomunitarie, mentre le filiali all'estero di banche italiane dovranno osservare quanto previsto dalla direttiva per lo Stato o i territori di stabilimento (e cioè comunicazione o ritenuta) ricompresi nell'ambito di applicazione della Direttiva stessa.

Quanto invece al beneficiario effettivo o beneficial owner (c.d. B.O.), è a tutti gli effetti il soggetto passivo della Direttiva sul risparmio, che lo definisce[18] come la persona fisica che percepisce gli interessi (come sopra definiti), salvo che questa possa dimostrare di non aver percepito tale pagamento a proprio vantaggio o che non le sia stato attribuito.

In tal modo viene introdotta la presunzione per cui il percettore degli interessi è considerato beneficiario effettivo degli stessi, salvo appunto prova contraria. Pertanto non sono considerati beneficiari effettivi: gli agenti pagatori e le entità assimilate, chi agisce per conto di un'impresa, di una persona giuridica o di un Oicvm, chi agisce per conto di un'altra persona fisica che sia il beneficiario effettivo.

Nelle due ultime ipotesi, tale soggetto comunica all'agente pagatore denominazione e indirizzo del beneficiario effettivo, affinché tali informazioni vengano trasmesse all'autorità competente dello Stato membro.

Al di là del dettato normativo e delle sue definizioni, appare interessante rilevare come la figura di un beneficiario economico effettivo come quello previsto dall'art. 2 della Direttiva in oggetto rappresenti un concetto tutto sommato nuovo nel panorama normativo comunitario, contrariamente all'esperienza interna di alcuni Stati membri (specie tra quelli con il sistema di common law) ed alle previsioni del Modello di Convenzione OCSE per l'eliminazione delle doppie imposizioni fin dalla prima stesura del 1977. Una maggiore definizione del concetto di beneficial owner risulta utile da un lato considerando l'applicazione della Direttiva e possibili accorgimenti volti ad evitare l'applicazione della ritenuta nel periodo di transizione prima e lo scambio di informazioni poi; d'altro lato, tale figura e qualificazione andrà definita anche in vista dell'applicazione della Direttiva al residente fiscale italiano che di fatto non conosce una definizione dell'istituto nel proprio ordinamento interno[19].
 
Una seppur breve analisi del concetto di beneficial owner deve partire dal Modello OCSE, e precisamente dagli gli artt. 10, 11 e 12 che fanno espresso riferimento alla riconoscibilità della residenza dell'effettivo beneficiario quale discriminante per ottenere limitazioni alla tassazione dei redditi frontalieri rispettivamente su dividendi, interessi e royalties. Tale disposizione è stata introdotta per evitare possibili arbitraggi utilizzando società di comodo off-shore o in Paesi a bassa fiscalità. Sebbene se ne faccia espresso riferimento in questi articoli molto importanti nell'economia del Modello, non è stata introdotta una definizione di beneficiario economico effettivo.

Se quale correttivo si applicasse l'art. 3 comma secondo del Modello, che prevede che in mancanza di definizioni sui termini di un Trattato si dovrebbe far riferimento alle disposizioni interne (prioritariamente fiscali[20]) degli Stati contraenti (da valutarsi comunque all'interno del contesto in cui interviene una certa Convenzione), è ovvio che Paesi come l'Italia che al loro interno non conoscono affatto il concetto di “B.O.” non troverebbero comunque una soluzione. A questo punto non rimarrebbe che tenere in considerazione il significato del termine nel diritto internazionale[21] sebbene ovviamente più difficile da contestualizzare la definizione al caso specifico.

Ecco dunque che per la nozione di beneficiario effettivo si dovrebbe far riferimento a linee guida quali:



a) l'esclusione di agenti e prestanome: le limitazioni di tassazione convenzionali non si applicano se vi è un'interposizione fittizia tra il beneficiario effettivo ed il soggetto erogante svolta da un intermediario residente in uno Stato diverso da quello del beneficiario. Nello stesso senso è da escludere la qualifica di beneficiario effettivo della persona (anche giuridica) che pur avendo la legittima proprietà di un bene o di un flusso reddituale, non ha di fatto diritto di godimento e di disposizione sul quel bene o flusso[22]. Una decisa presa di posizione ufficiale[23] nella stessa direzione ha preso di mira le società che seppur aventi diritto ad essere qualificate come beneficiarie effettive dei redditi generati dai beni da essa posseduti, nel caso in cui il management o comunque chi risulta gestore avesse poteri marginali e senza la minima indipendenza decisionale nei confronti degli azionisti di controllo, dovrebbero essere riqualificate quali mere fiduciarie agenti per conto dei soci, e dunque perdere la qualifica di beneficiarie effettive a favore dei soci stessi. In questo modo la valutazione dei presupposti per la qualificazione del beneficiario effettivo richiede la valutazione degli elementi appunto effettivi piuttosto che dei titoli formali, metodo che applica peraltro il principio generale di diritto convenzionale di prevalenza della sostanza sulla forma[24].



b) Il significato che al concetto di beneficial owner viene dato nei Paesi di common law quale termine di qualificazione universale.



c) L'attribuzione che ne fa la legge dello Stato della fonte o dello Stato di residenza della persona a cui il reddito è attribuito ai fini fiscali. Quindi di fatto il “B.O.” corrisponderebbe con il soggetto percettore finale del reddito ma solo se effettivamente tassato sul quel reddito nel proprio Paese di residenza.



Se nel diritto internazionale il concetto di beneficiario effettivo può quindi essere almeno desunto seguendo le linee guida esposte, diverso è il discorso per quanto riguarda il diritto comunitario. Tale concetto infatti fa la prima comparsa in ambito comunitario proprio con le proposta della Direttiva in oggetto. Della definizione presente all'art. 2 abbiamo già detto: il beneficiario effettivo della Direttiva sul risparmio è la persona fisica che percepisce o a cui è attribuito un interesse. Come si vede dunque si è fatto espresso riferimento nella definizione alla persona fisica, dunque nel caso delle persone giuridiche la disciplina è inapplicabile e segue altre regole che di fatto escludono tali soggetti dalla ritenuta nel periodo transitorio prima e dallo scambio di informazioni con la successiva entrata in vigore definitiva della Direttiva. Il Commentario alla Direttiva, infatti, specifica che il destinatario del reddito da interesse non ne è considerato beneficiario effettivo (e nemmeno suo agente pagatore come definito supra nella trattazione) se agisce per conto di una persona giuridica, di un Oicvm o di un'entità equiparata: viene al contrario definito come “agente intermediario” e quindi come tale non soggetto alla Direttiva.

Ovvio che un tale limitato ambito soggettivo presta il fianco a facili elusioni della normativa (il cui rischio è stato peraltro pubblicamente denunciato[25]), con l'interposizione fittizia di società off-shore o trust per evitare il pagamento della ritenuta e lo scambio di informazioni.

Evidente dunque la differenza rispetto a quanto sopra esposto in merito alla definizione derivante dal diritto internazionale, tant'è vero che su materie quali la tassazione di pagamenti e royalties tra società consociate residenti in Stati membri differenti, per la quale evidentemente non vi sono state altrettante pressioni lobbystiche, si è espressamente ritornati al principio internazionale per cui la società può essere considerata beneficiaria effettiva del reddito se non agisce quale mera intermediaria di un'altra persona[26].

Sebbene le due normative (quella sul risparmio e quella su pagamenti e royalties) sono diverse anche come contesto di applicazione esiste una parte della dottrina che sostiene che sul concetto di beneficiario effettivo le due direttive coincidano e che anche per la definizione di B.O. della Direttiva sul risparmio si potrebbe far riferimento al concetto desumibile dal Modello OCSE[27].

Una cosa è certa, per concludere questa divagatio sul beneficiario economico, in un'eventuale giudizio di fronte alla Corte di un Paese come l'Italia che non conosce il concetto e che difficilmente farà riferimento alla disciplina di common law, i giudici probabilmente o decideranno utilizzando la definizione del Modello OCSE o interpelleranno sulla questione la Corte di Giustizia Europea che peraltro sempre a quella definizione dovrebbe far riferimento per una risposta.
 
3. - La Direttiva sul risparmio e la Confederazione Elvetica

Si è già accennato al ruolo dei “rilevanti Stati terzi” e di come siano necessariamente divenuti parte attiva della Direttiva che pur nasce in ambito Comunitario. Parte preponderante l'ha avuta per gli interessi sopraesposti, la Confederazione Elvetica, dunque conviene fare una breve considerazione specifica per questo Paese non UE.

È di tutta evidenza che trattando di una normativa in cui si è stabilito che un agente pagatore (tipicamente di matrice bancaria) al momento di pagare un interesse ad un beneficiario effettivo persona fisica (tipicamente riconducibile ad un patrimonio fonte del reddito) deve dichiarare tutte le informazioni riguardanti tale persona al suo Paese di residenza, viene da chiedersi come il celeberrimo segreto bancario svizzero possa integrarsi con tale adempimento. A questo proposito si è già detto di come la Confederazione abbia aderito dopo anni di trattativa solo all'applicazione della normativa per come sarà applicata nella fase transitoria, dunque senza nessuna comunicazione nei confronti di chicchessia, ma con l'applicazione di una trattenuta alla fonte sugli interessi da pagare di una percentuale che varierà da un 15 per cento iniziale per arrivare al 35, di cui il 75 per cento verrà messo a disposizione dello Stato di residenza del beneficiario prenditore dell'interesse stesso.

Dunque rimane del tutto intatto il mitico art. 47 della Legge federale sulle banche che punisce chi riveli in modo doloso o colposo dati e fatti appresi svolgendo attività bancaria e del resto una (insperabile) apertura nei confronti della Direttiva nella sua versione definitiva prevedente il libero scambio di informazioni avrebbe portato alla modifica proprio di questo articolo che ammette nel suo ultimo capoverso[28] un'eccezione all'ermeticità del segreto bancario solo per casi previsti da norme di legge federale o cantonale come lo sono quelle di procedura penale.

Quindi la trattenuta da parte dell'agente pagatore svizzero rimane del tutto anonima. Rimangono comunque in pieno vigore le normative antiriciclaggio e il relativo divieto di intrattenere conti e/o posizioni anonimi stabiliti dalla normativa di antiriciclaggio: ogni conto o “struttura” facente riferimento dunque a persona quale beneficiario economico effettivo dovrà portare alla compilazione del c.d. “formulario A” per la riconoscibilità della persona medesima. Tali dati saranno oggetto dello scambio di informazioni ex Direttiva sul risparmio solo su richiesta espressa da parte del cliente.

Anche nei Paesi terzi quali la Svizzera, ovviamente, la Direttiva non si applica che alle sole persone fisiche, escludendo dunque dal novero della ritenuta beneficiari persone giuridiche comprese le società fittizie c.d. di sede, off shore e non.

Se l'applicazione immediata della disciplina comunitaria in oggetto non sembra riservare grossi dubbi anche per l'agente pagatore elvetico quindi, ugualmente si sta discutendo come tale disciplina sul risparmio si integri con altre Direttive e accordi bilaterali conclusi dalla Confederazione con l'UE (Schengen in primis) e con i vari Paesi in sede di trattati contro le doppie imposizioni, che dovrebbero portare ad un certo “potere delle autorità UE, giudiziarie e/o fiscali, di ottenere assistenza dalle autorità svizzere, giudiziarie e/o fiscali, nell'interesse di procedimenti esteri di carattere doganale o fiscale, anche se ciò dovesse comportare l'acquisizione e la trasmissione di mezzi di prova, ossia verbali, informazioni e documenti, protetti dai segreti suddetti”[29].

Del resto, è lo stesso accordo bilaterale UE – Svizzera sulla fiscalità del risparmio (2004/0027) che apre nuove strade di collaborazione finora insperate. All'art. 10, infatti, si prevede la disciplina sullo scambio di informazioni tra le autorità competenti “sui comportamenti che costituiscono frode fiscale a norma della legislazione dello Stato interpellato, o sui comportamenti analoghi” (il noto passaggio “the like”) definiti come “le violazioni che presentano lo stesso livello di illiceità della frode fiscale quale definita dalla legislazione dello Stato interpellato”, violazioni che sono lasciate alla negoziazione con i singoli Stati per una loro definitiva determinazione ed esemplificazione. Tale clausola riprende quella che gli Stati Uniti riuscirono a far approvare dalla Svizzera nel Memorandum of understanding (MOU) del 23 gennaio 2003 e riguardante l'art. 26 della loro Convenzione contro le doppie imposizioni (CDI) del 2 ottobre 1996 e che di fatto sarà la base sulla quale tutti gli Stati a mano a mano firmeranno le prossime CDI con la Svizzera.

Siddetta clausola nelle CDI, applicandosi a tutte le persone (giuridiche e fisiche), supera i confini della Direttiva sul risparmio applicabile alle sole persone fisiche residenti in un Paese UE, dunque la sua applicazione dovrebbe rimanere limitata ai soli casi in cui la persona interessata richieda di usufruire della CDI derivatigli attraverso atti fraudolenti o similari. Peraltro, sebbene tipicamente nel diritto svizzero la frode fiscale è caratterizzata dall'utilizzo di falsi documenti, nelle esemplificazioni del MOU è considerata frode anche la fattispecie ingannatrice anche senza l'uso di siffatti documenti.

Tale genere di frode ex art. 26 della CDI USA è già stata avallata dalla giurisprudenza federale svizzera che sembra persino essere andata oltre con una interpretazione a fortiori che ha portato a riconoscere fraudolento anche il solo fatto di costituire ed utilizzare un struttura off shore[30].

A questo cambiamento si aggiungerà in futuro un'ulteriore nuova disciplina sullo scambio di informazioni da inserire nelle CDI che prevede l'adozione quale nozione di infrazione fiscale la definizione non del Paese soggetto alla richiesta come avviene adesso ma alla definizione del Paese richiedente.

Questi elementi di novità, nel caso delle imposte dirette, si uniscono alla Legge federale sull'assistenza internazionale in materia penale (LAIMP) operativa già dal 1983 che prevede una cooperazione internazionale da parte della Svizzera anche in materia di frode fiscale e doganale limitatamente però alla materia penale per reati che prevedano pene detentive punite con almeno 6 anni d carcere, quindi con l'esclusione della semplice evasione fiscale. Anche questa disciplina è applicabile alle persone giuridiche e comporta tra le altre cose, per il caso di frode fiscale, la confisca ed il sequestro preventivo (ex art. 18), mentre anche in caso di truffa in materia fiscale e doganale viene previsto come per la frode la sola trasmissione di mezzi di prova e non l'estradizione (ex art. 3, cpv. 3).

La Svizzera si è comunque riservata di decidere in futuro sull'opportunità di allargare gli Accordi di Schengen (ancor più collaborativi) anche alle imposte dirette.

Ad oggi, per concludere, si può comprendere le preoccupazioni interne alla Confederazione di coloro che ritengono che si è venuto a creare un sufficiente spazio per possibili proficue attività di scambio di informazioni e per possibili collaborazioni attive tra la Svizzera e i Paesi tipicamente esportatori di capitali, nell'intento di combattere la mancata tassazione dei patrimoni e dei redditi ad essi riferibili.

In particolare per le imposte dirette quale quella sugli interessi da risparmio, la contemporanea presenza di una nuova spinta verso la ratifica di Convenzioni contro le doppie imposizioni che prevedano scambi di informazioni facilitati e nei confronti di una sempre più ampia schiera di attività e di soggetti, nonché la presenza di una disciplina quale quella sull'assistenza internazionale in materia penale sempre più estensiva ed infine una giurisprudenza interna che con la decisione di considerare fraudolento anche il solo utilizzo di società e strutture off shore, offre ampie possibilità di “appiglio” da parte della Magistratura per esempio di Paesi come l'Italia, rendendo quindi necessario per la clientela bancaria UE che intende percepire interessi presso un conto elvetico, una seria riflessione in ordine all'utilizzo, per ovviare al pagamento della ritenuta, di strutture societarie off shore che potrebbero nel medio/lungo periodo rivelarsi più dannose del pagamento della ritenuta stessa.



4. Conclusioni.

Con il presente lavoro si è cercato di presentare brevemente gli elementi di novità introdotti con la Direttiva sul risparmio che vedrà la sua applicazione con il 1° luglio 2005. Se l'intenzione dietro il lavoro degli estensori della normativa era il chiaro intento di rendere, attraverso lo scambio di informazioni, più difficile il mantenimento di patrimoni nascosti al cospetto della tassazione del Paese di residenza dei legittimi proprietari, in sede di accordo ci si è subito accorti che gli Stati tradizionalmente interessati alla gestione e conservazione di tali patrimoni non avrebbero favorito il raggiungimento dell'obbiettivo. Rimane comunque il grande merito di aver trovato un accordo che sebbene probabilmente non foriero di immediati cambiamenti radicali, apre il campo a future trattazioni.

Nel secondo capitolo nel descrivere l'ambito soggettivo di applicazione si è già riportato di come la prassi stia proponendo alla clientela soluzioni che consentano facilmente il mantenimento dello status quo attuale dei patrimoni: segretazione e totale esenzione da imposta.

Tra le soluzioni più comuni, anche per la semplicità di approntamento e per il costo contenuto, la società off shore, in particolare panamense, sembra essere la soluzione più utilizzata. Credo però che la lettura delle conclusioni sia del capitolo secondo in cui si fa riferimento ad un possibile nuovo concetto di beneficiario effettivo che in sede giudiziaria (comunitaria o anche interna) potrebbe allargare il campo di applicazione della Direttiva ad un certo tipo di strutture appunto mancanti di quella effettività di beneficio tipiche delle mere interposizioni, e sia del capitolo terzo dove si è dimostrato come il centro bancario – finanziario più importante del mondo, la Svizzera, ad oggi ha una situazione e normativa e giurisprudenziale che unita all'evoluzione del panorama convenzionale, rende le suddette artificiose strutture a rischio di indagine per frode fiscale con tutte le conseguenze in tema di collaborazione per lo scambio di informazioni e di indagini con il Paese di residenza del beneficiario effettivo dei redditi sottratti a ritenuta od a dichiarazione.

Ad avviso di chi scrive dunque, si rende necessaria una seria riflessione, da parte del contribuente residente in un Paese membro ma con patrimoni non dichiarati, sulla migliore soluzione da adottare nell'ottica sia dell'Euroritenuta sia comunque del mantenimento sicuro del proprio patrimonio per gli anni a venire.

Tra le alternative più efficienti che vengono proposte, oltre ai prodotti assicurativi e ai fondi in linea con la grandfathering clause, che sfruttano entrambe l'espressa esclusione dalla normativa, vi è senz'altro anche la delocalizzazione della fonte di reddito in Paesi non toccati per ora dalla Direttiva (fra questi stanno avendo un certo successo Singapore ed Hong Kong), sebbene anche quest'ultima appare una soluzione di medio periodo, non definitiva.

Una soluzione che avrebbe al contrario potuto portare una maggiore efficienza e minor rischi di elusione sarebbe stata quella di adottare lo stesso metodo di pagamento adottato dall'IRS statunitense con la nomina a Qualified intermediary, che attraverso un semplice agreement, nomina un istituto anche estero, a fare da sostituto d'imposta per il proprio cittadino off shore.




[1] Approvata dal Consiglio Ecofin il 3 giugno 2003 e pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, n. 157/L del 26 giugno 2003 ed entrata in vigore il 16 luglio dello stesso anno.

[2] Ma già un tentativo di proporre una direttiva per l'armonizzazione della tassazione del risparmio transfrontaliero era stato fatto nel febbraio 1989 (documento COM(89) 60) prendendo spunto dal principio di libero movimento dei capitali nell'UE stabilito con la Direttiva 88/361/CEE.

[3] V.di Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee del 25 settembre 2001.

[4] La Direttiva prevedeva che i singoli Stati dovevano adottare le norme di recepimento entro il 1° gennaio 2004 in modo che la stessa potesse diventare operativa con il 1° gennaio 2005, ma la non facile trattativa con i Paesi terzi capeggiati dalla Confederazione svizzera ha portato il Consiglio s proposta della Commissione a sostare la data di avvio dell'applicazione della Direttiva al 1° luglio 2005 (v.di Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, n. 257/7 del 4 agosto 2004).

[5] Il Lussemburgo ricava dall'industria bancaria e finanziaria interna circa il 30 % del PIL..

[6] San Marino, Monaco e Liechtenstein, mentre Svizzera, il 26 ottobre e Andorra, il 17 novembre, avevano già aderito.

[7] Basti pensare che il Granducato di Milano, legittimo dominatore di tutte le zone del sud della Svizzera (gli attuali Cantoni Ticino, dell'Engadina e dei Grigioni) decise di riconoscerne l'indipendenza cedendoli a poco prezzo alla piccola nobiltà locale dato che il solo costo necessario a mantenerne i pochi uomini e bastioni presenti non venivano ripagati dalle tasse che potevano venir raccolte dalla povera gente abitante che viveva di sola piccola pastorizia ed agricoltura.

[8] V.di da ultimo Tom Wright, “The Swiss account: how a new tax law will hit the haven”, in “The Wall Street Journal Europe”, “Personal Journal”, del 21 – 23 gennaio 2005, P1

[9] Enzo Mignarri, “La proposta di direttiva sulla fiscalità del risparmio: i riflessi operativi in Italia”, in Bancaria, n.2, 2002, 49 ss.

[10] Dal 1° gennaio 2011 la percentuale dovrebbe scendere al 25 per cento.

[11] Per un approfondita analisi dell'argomento si veda Enzo Mignarri, “La Direttiva sulla tassazione dei risparmi …”, op. cit., 225.

[12] V.di supra in “Introduzione”, p. 3.

[13] Destinato comunque a perdurare fintanto che i “rilevanti Paesi terzi” non si adegueranno totalmente alla normativa definitiva sul libero scambio di informazioni, per le ragioni già ampiamente riportate.

[14] Si prende l'occasione per segnalare che l'Italia ha recepito prontamente la Direttiva con la Legge dello Stato n. 306 del 31 ottobre 2003, pubblicata in S.O. n. 173/7 della Gazzetta Ufficiale n. 266 del 15 novembre 2003, ma non ha ancora emesso il regolamento di applicazione da dove si ricaveranno tra l'altro le Istituzioni abilitate all'incasso delle ritenute e all'emissione dei certificati dei detti certificati. A questo riguardo l'ABI ha posto l'accento sulla necessità che tale adeguamento avvenga nel più breve tempo possibile (v.di circolare ABI, serie tributaria, n. 9 del maggio 2004).

[15] Art. 9 della Direttiva.

[16] Enzo Mignarri, “La Direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio. Recenti importanti sviluppi in vista dell'attuazione”, in Il Fisco, n. 2, 2005, 225 ss.

[17] Per una trattazione più approfondita v.di Enzo Mignarri, “La Direttiva sulla tassazione dei redditi da risparmio …”, op. cit., 225 s.

[18] All'art. 2, secondo cui: “ai fini della presente direttiva si intende per beneficiario effettivo qualsiasi persona fisica che percepisce un pagamento di interessi o qualsiasi persona fisica a favore della quale è attribuito un pagamento di interessi a meno che essa non possa dimostrare di non aver percepito il pagamento a proprio vantaggio” integrato dal Commentario della Direttiva che in relazione al medesimo articolo ribadisce che “il destinatario di un pagamento di interessi è in generale considerato il beneficiario effettivo di tale pagamento a meno che dimostri di non averlo ricevuto a proprio vantaggio”.

[19] Si veda per tutti la puntuale analisi di Bruno Bagnardi, “Il concetto di «beneficiario effettivo» nella direttiva sulla tassazione del risparmio”, in Dir. Pr. Trib. Int., II, 2003, 185 ss.

[20] V.di K. Vogel, On Double Tax Conventions, London, secondo cui al limite ci si può riferire anche alle disposizioni interne anche non fiscali ma solo se non esiste altra via interpretativa nel contesto di applicazione. Contrari in questo senso tra gli altri: C. Du Toit e S. Van Weeghel.

[21] Come suggerisce C.P. Du Toit, “Beneficial Ownership of royalties in bilateral tax treaties”, Amsterdam, 1999.

[22] C.P. Du Toit, “Beneficial Ownership …”, op. cit., 319.

[23] Cfr. anche con documento della Commissione per gli Affari Fiscali dell'OCSE, “Double taxation and the use of conduit company”, Parigi, 1987.

[24] V.di Bruno Bagnardi, “Il concetto di «beneficiario effettivo» …”, op. cit., 191 s., dove propone una serie di caratteristiche tipiche della figura del beneficiario effettivo di un reddito quali “il potere di disporre degli assets produttivi di reddito, compresa la scelta tra impiegare direttamente il bene o concederlo a terzi o la possibilità di consumare, sprecare o distruggere il bene stesso; il potere di decidere se, quando ed in che modo realizzare il reddito prodotto dai beni in questione; il rischio di variazione di valore del reddito, che consiste sia in un rischio di svalutazione che in un «hole of appreciations»” da valutarsi sulla base di elementi effettivi la cui comparazione dovrà essere ponderata di modo che si “valuti quanto «pesano» gli elementi effettivi in capo ad ogni persona (fisica o giuridica), in modo da ricavare il beneficiario effettivo come la persona per cui «il requisito del possesso ha un peso superiore rispetto a qualunque altra persona (C.P. Du Toit, NdA)» …”.

[25] V.di parere del Parlamento Europeo in EU Parliament report del 26 febbraio 2002, dove si è giustamente proposta l'estensione della direttiva ai beneficiari effettivi persone giuridiche.

[26] Cfr. Art. 1 comma 4 del Documento COM(1998) 67 del 4 marzo 1998 in Gazzetta Ufficiale della Comunità Europea C 123 del 22 aprile 1998, 9.

[27] V.di A.P. Dourado, “The EC draft directive on interest from savings from a perspective of International Tax Law”, in EC Tax review, 2000-3, 144.

[28] “(…) 4. Restano riservate le disposizioni delle legislazioni federali e cantonali sull'obbligo di dare informazioni all'autorità o di testimoniare in giudizio”.

[29] Paolo Bernasconi, “Accordi bilaterali bis fra l'Unione europea e la Svizzera. Conseguenze per banche ed altri intermediari finanziari in Svizzera e per i loro clienti”, in Il Fisco, n. 46, 1, 2004, 7744 ss.

[30] Cfr. sent. Trib. Federale del 12 aprile 2002 (STF 2A.551/2001).

http://www.cahiers.org/new/htm/articoli/bazzani.htm
 
BBC News - July 4, 2005
Swiss become tax gatherers for EU

Switzerland is to start taxing money deposited in its banks by European Union citizens.
The move is part of the legendary financial centre's fight to protect its tradition of tight banking secrecy.

The EU wanted Switzerland to pass on data on EU citizens to stop them avoiding tax, eventually settling for a withholding tax instead.

But the deal - reached in 2004 after 15 years of negotiations within the EU - still leaves loopholes wide open.

Limited scope

Only interest earned abroad on a small group of investments and placed in personal Swiss bank accounts by EU citizens is included in the agreement.

Other income - whether dividends on shares, insurance income, capital gains on assets or income from the fast-growing derivatives trade - is exempt.


WHO PAYS, WHO TELLS
EU members exchanging information:
Cyprus, Czech Republic, Denmark, Estonia, Finland, France, Germany, Greece, Hungary, Ireland, Italy, Latvia, Lithuania, Malta, The Netherlands, Poland, Portugal, Slovakia, Slovenia, Spain, Sweden, United Kingdom
Territories exchanging information:
Anguilla, Aruba, Cayman Islands, Montserrat
EU members levying the tax:
Austria, Belgium, Luxembourg
Other states levying the tax:
Andorra, Liechtenstein, Monaco, San Marino, Switzerland
Territories levying the tax:
British Virgin Islands, Jersey, Guernsey, Isle of Man, Netherlands Antilles, Turks & Caicos Islands

And accounts in the name of companies are also excluded, meaning individuals could simply set up off-the-shelf companies to act as vehicles for their savings.

The EU acknowledges that it may have to widen the scope of the tax.

And it also says it may have to look further afield, and try to bring other countries on board.

"We know that some of the banks in the countries with which we have passed agreements have already flown to Singapore or Hong Kong, and created some activities there," said Michel Aujean, the European Commission's head of tax policy.

Long argument

The withholding tax is the result of the EU's Savings Tax Directive, finally agreed between both the EU and other states in October 2004 after 15 years of negotiation.

Under it, 22 of the 25 EU member states will share information on savers - such as the names of account holders and how much interest their savings accrue - to allow each other to tax their citizens' savings abroad.

Four dependent territories of the UK and the Netherlands, including the Cayman Islands, are doing the same thing.

But three EU members - Austria, Belgium and Luxembourg - have refused to do so, wanting to protect their own lucrative private banking industries.

Along with Switzerland and 10 other countries and territories, including Monaco and Jersey, they will instead levy the tax on behalf of EU countries from 1 July onwards.

The rate will start at 15%, rising to 20% in 2008 and 35% - the level Switzerland already charges its own citizens on domestically-earned interest - in 2011.


Each will keep a quarter of the revenue to pay their own expenses, passing the rest on in bulk to the home countries of the savers concerned.

Protecting the City

Swiss bankers acknowledge that the loopholes mean financial experts will simply offer clients advice on how to structure their savings so as to get round the payments.

But the loopholes result not from Swiss pressure, but from the long arguments within the EU.

The idea of a pan-European withholding tax was first mooted in 1989 - at a time when interest rates and thus potential tax revenues were sky-high - but was shot down largely by the British government to protect the City of London.

The exemptions emerged during the tortuous negotiations which followed.

Story from BBC NEWS:
news.bbc.co.uk/go/pr/fr/-...638363.stm
 
Da newsletter


Pubblico oggi sull’Angolo del Trader un articolo di Andrea Manzitti, già capo del Dipartimento per le politiche fiscali del ministero dell'Economia, sulla riforma europea della tassazione delle rendite finanziarie. L’articolo è pubblicato sul sito lavoce.info.
Dal 1° luglio 2005 le banche e gli altri intermediari finanziari operanti in Italia, e in ventuno altri Stati dell’Unione Europea, avranno qualche motivo in più per riflettere su alcuni effetti collaterali derivanti dal difficile processo di integrazione europea.

La direttiva sul risparmio
Da questa data, infatti, scatta per loro l’obbligo di comunicare periodicamente all’Agenzia delle entrate i dati relativi al pagamento di interessi effettuati a favore di persone fisiche residenti in altri Stati membri dell’Unione Europea. Ciò ha comportato (e comporterà) un notevole impiego di risorse per adeguare le procedure e i metodi di rilevazione. L’Agenzia delle entrate invierà le informazioni così ottenute all’amministrazione fiscale del paese di residenza di ogni singolo percettore e riceverà le medesime informazioni da parte di altri ventuno Stati dell’Unione Europea. In tre Stati dell’Unione Europea (Austria, Belgio e Lussemburgo) e in cinque Stati extra Unione Europea (Svizzera, Liechtenstein, Andorra, San Marino e Principato di Monaco), invece, le banche e gli intermediari locali non effettueranno alcuna comunicazione, ma preleveranno una imposta del 15 per cento sugli interessi pagati a persone fisiche residenti in altri paesi dell’Unione Europea. Il 25 per cento del gettito complessivo di questa imposta sarà trattenuta dall’erario del singolo Stato, mentre il 75 per cento verrà da questo rimesso all’erario del paese di residenza della persona.
Tutto questo per effetto dell’attuazione della cosiddetta "direttiva sul risparmio" (è la numero 2003/48/Ce) approvata definitivamente dal Consiglio il 3 giugno 2003 dopo una gestazione sofferta e prolungatasi per oltre cinque anni e nonostante una strenua battaglia dell’Italia volta a estendere a tutti l’obbligo di scambiare informazioni.
La direttiva sul risparmio vuole, come recita il suo preambolo, "consentire che i redditi da risparmio sotto forma di pagamenti di interessi corrisposti in uno Stato membro a beneficiari effettivi che siano persone fisiche, residenti in altro Stato membro, siano soggetti a un’imposizione effettiva secondo la legislazione nazionale di quest’ultimo Stato membro". Il fine è condivisibile, ma non è esattamente primario nella politica tributaria comune. Inoltre, è assai dubbio che la strumentazione giuridica prescelta sia in grado di perseguirlo in modo efficace. Per gli intermediari finanziari italiani è invece certo il costo dell’adempimento a obblighi forse inutilmente assunti.
Con ciò non si intende negare che sia opportuno assicurare l’effettiva tassazione dei rendimenti del risparmio. Ma in un paese come il nostro, con la sua modesta aliquota del 12,5 per cento, la preoccupazione non è tanto tassare il rendimento, quanto "tracciare" il capitale che tale rendimento genera. I nostri contribuenti non portano soldi all’estero per non pagare le tasse sugli interessi; né li riporteranno in Italia per pagare il 12,5 per cento invece del 15. I soldi portati all’estero all’insaputa del fisco sono spesso il frutto dell’evasione fiscale (o di altri reati). Poco importa tassare i frutti di quei capitali. Importerebbe molto, invece, conoscere nome e cognome del proprietario e l’ammontare del bottino.

Il segreto resta tale
Peccato però che questo risultato non sia affatto assicurato dalla direttiva sul risparmio. I paesi tradizionalmente usati per nascondere il frutto dell’evasione fiscale sono quelli che non si sono impegnati a fornire alcuna informazione, ma soltanto a riversare il 75 per cento del gettito complessivo derivante dall’applicazione dell’imposta. Qual che è peggio è che questo sistema è destinato a permanere invariato sine die: la direttiva prevede che Austria, Belgio e Lussemburgo potranno continuare a non trasmettere informazioni sino a quando Svizzera, Liechtenstein, Andorra, San Marino e Principato di Monaco non accetteranno di scambiare informazioni. E non si comprende perché mai la Svizzera dovrebbe accettare di rinunciare al suo segreto bancario.
È vero che la direttiva stessa prevede che, tra sei anni, l’aliquota dell’imposta salga al 35 per cento. Così facendo, si intenderebbe indurre gli Stati che mantengono il segreto bancario a rinunciarvi. Ma non occorre essere tecnicamente attrezzati per capire come l’onere fiscale può essere facilmente aggirato: la direttiva si applica solo agli interessi versati a una persona fisica. Basta intestare il conto ad una società (magari costituita in un altro paradiso fiscale) e il gioco è fatto. Il risultato di tutto questo è che:
(a) gli Stati maggiormente interessati ad avere informazioni continueranno a non averne;
(b) l’evasione fiscale, favorita dal segreto bancario dei paesi che potranno continuare a mantenerlo, non soffrirà minimamente;
(c) chi si attendeva introiti favolosi per le esangui casse erariali rimarrà deluso;
(d) gli intermediari finanziari italiani sopporteranno un pesante onere di adeguamento delle loro procedure e forniranno all’amministrazione finanziaria italiana informazioni che non rivestono per essa alcun interesse;
(e) l’amministrazione trasmetterà queste informazioni a Stati esteri che avranno scarso interesse a riceverle e otterrà, a sua volta, informazioni presumibilmente scarse o irrilevanti;
(f) chi vorrà evitare di farsi notare, si trasferirà in Svizzera o in Lussemburgo, affiancando coloro che già frequentano quelle piazze finanziarie.
L’unica speranza è che il 30 giugno 2006, prima data utile per ricevere il pagamento dell’agognato 75 per cento, uno Stato a caso (poniamo la Svizzera) si trovi a dover riversare all’Italia poche migliaia di franchi. Sarebbe il segnale che il sistema non funziona, a meno di non imputare la scarsità del gettito a un improvviso sgonfiamento delle gestioni off-shore presso le banche elvetiche. La direttiva prevede una clausola di revisione: ogni tre anni la Commissione deve riferire al Consiglio sul funzionamento della direttiva e proporre le modifiche necessarie a garantire in un modo migliore il raggiungimento del fine da essa perseguito. In quella occasione magari si riprenderà a discutere sul serio di segreto bancario. Sempre che le previdenti banche svizzere non decidano di auto-tassarsi per far finta che il sistema funzioni a meraviglia.
 
In riferimento a quanto scritto sopra chiedo:

Si cercano di tassare soldi certi da interesse
che pero' al momento attuale sono esigui quindi
molto poco arriva all' erario.
Quello che pero' mi interessa e' la tassazione su
derivati e azioni,che non viene toccata anzi a fronte di potenziali grassi guadagni (x chi ci sa fare) la tassazione e' zero,risulta giusto??
 
Innoltre la plusvalenza derivante da azioni/derivati etc. viene considerata ok o no??
Ovvero bonifico in Svizzera 1000€,in data successiva bonifico dalla Svizzera all' Italia 1100€ di cui 100€ derivanti da capital gain tutto OK?
Qualcuno si domanda da dove vengono i 100€??
E chiaro che possono anche derivare da ulteriori
bonifici da parte di terzi sul mio conto o altro
pertanto non mi e' chiaro come l' Italia gestisce
la faccenda,chi mi risponde??
 
Grandioso Fabio tempestivita' da fulmine
grazie tante anche per la risposta che sicuramente
mi dai al mio secondo quesito,anzi ne aggiungo
un terzo :D
 
Visti i rendimenti piu' interessanti sui titoli sovrani
UK che tasse ci sono?
Ovvero tempo fa un impiegato bancario mi disse
che non conveniva prenderli per un fatto di doppia tassazione alla fonte in UK e poi da noi,ma poi
non avevo indagato di piu'.
Pertanto cosa pago per Bond UK eventualmente
in Italia ? O in alternativa detenendoli in Svizzera?
Anche pagando una tassa alta rendono bene,
(ovviamente scontando il rischio cambio,magari
utilizzando un derivato per tutelarsi)
Ciao Grazie OK!
 
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