Copiata da un post del nostro amico Stalker/Arsonist su clubart...
22/01/2010 - IL CRITICO FERRARESE NOMINATO CURATORE DEL PADIGLIONE ITALIA
Mantegna e il Che
la Biennale di Sgarbi
"Ma potrei mettere uno, nessuno o centomila artisti"
Vittorio Sgarbi
ROCCO MOLITERNI
La mia nomina a curatore del Padiglione Italia della Biennale di Venezia è stata un’idea del ministro Bondi e io la vivo come una sorta di risarcimento:
quando ero sottosegretario avrei voluto nominare come curatore dell’intera manifestazione il critico australiano Robert Hughes, che mi sembrava la persona ideale. Ma un’azione proditoria dell’allora presidente della Biennale, Franco Bernabé, bloccò la mia iniziativa e mi presero per il cu.lo sostenendo che era la stessa cosa nominare Bonami»: a parlare con la consueta irruenza è Vittorio Sgarbi. Al cinquantottenne storico dell’arte ferrarese, il ministro per i Beni culturali ha affidato ieri pomeriggio il Padiglione Italia della Biennale 2011 e la vigilanza sulle acquisizioni del Maxxi, il museo d’arte contemporanea di Roma, firmato da Zaha Hadid. «Bondi è stato molto coraggioso, - aggiunge - questo incarico sarà pericoloso, forse più per lui che per me, forse lui verrà cacciato per questa scelta crudele contro la falsa cultura, contro chi ha maltrattato un artista come Alberto Sughi, solo perchè forse non produce abbastanza mer.da».
Nel mirino di Sgarbi il Padiglione Italia allestito da Ida Gianelli nel 2007, con Giuseppe Penone e Francesco Vezzoli. Allora rinacque uno spazio specifico per gli artisti italiani dopo anni in cui alla Biennale erano stati «sparpagliati» all’interno della mostra principale. «Mettere due soli artisti fu un atto di superbia, e in più dopo quarant’anni di attività si proponeva come “contemporaneo” Penone, cosa che non fu concessa neppure a De Chirico». E il giudizio di Sgarbi su Beatrice e Buscaroli, che pure l’anno scorso hanno sollevato non poche polemiche? «Si può pensare qualsiasi cosa, ma aver selezionato diciotto artisti permetteva a tutti di trovare qualcuno con cui essere in sintonia e poi c’erano i capolavori assoluti di ceramica di Bertozzi e Casoni». Sgarbi quanti artisti intende invitare? «Non ho ancora deciso, potrebbero essere uno, nessuno o centomila. Non mi dispiacerebbe anche un padiglione vuoto con solo l’indirizzario degli artisti italiani. Potrei anche mettere un solo artista come Saturnino Gatti, un grande del ‘500, oggi del tutto sconosciuto e per questo davvero contemporaneo. Ma nel mio padiglione ideale potrei mettere una sola opera, il Cristo morto del Mantegna e accanto la foto di Che Guevara sul letto di morte». Manca un anno e mezzo e c’è tempo per pensarci. «Tra l’altro sono anche sindaco di Salemi e che il 2011 è l’anno delle celebrazioni dell’Unità. Credo che il Padiglione Italia possa essere un’occasione per ricordare questo anniversario in modo intelligente».
Come ha reagito il mondo dell’arte alla nomina di Sgarbi?
Entusiasta si dichiara il predecessore Luca Beatrice: «Sono contento per il mio amico Vittorio e anche perché ritengo salutare che per la seconda volta il ministro abbia deciso di non mettere il nostro padiglione alla Biennale nelle mani della “cricca” dell’Arte povera». Ida Gianelli preferisce non commentare la nomina di Sgarbi.
Bonami replica alla sua maniera: «Direi che il peggio era stato già raggiunto e superato. Beatrice e Buscaroli ci hanno fatto piangere, Sgarbi potrebbe farci ridere se non addirittura sghignazzare. Ma forse tirerà fuori dalla paglietta un coniglio nano».
Più politica l’analisi di
Achille Bonito Oliva, curatore della Biennale del 1993: «Non è scandaloso che il Padiglione Italia sia stato affidato a Sgarbi. Dopo Beatrice e Buscaroli, conferma il tentativo della destra di sviluppare una politica culturale che non vada a rimorchio della sinistra. Potremmo dire che è la dimostrazione che la destra si sta emancipando». Tutto ok, allora? «No, resta il problema della concezione dell’arte di Sgarbi che è il vagheggiamento di una bellezza statica.
Mentre credo che la bellezza sia un concetto transeunte, legato al suo tempo e sempre in trasformazione. Non si può ipotizzare l’arte come conferma, c’è sempre un elemento di rottura che fa parte della modernità: è il momento sperimentale che Sgarbi sembra non accettare». C’è da scommettere che altre polemiche non mancheranno oggi alla presentazione del grande progetto sull’Arte povera curato da Germano Celant con la Triennale di Milano in vari musei d’Italia, fra cui il Maxxi di Roma, per i 150 anni dell’Unità d’Italia. «Non capisco - conclude Sgarbi - cosa c’entri l’Arte Povera né con i 150 anni dell’Unità né con musei neonati come il Maxxi. E’ stata importante negli Anni 60 e 70 ma oggi non è più “contemporanea”. E’ come una donna che è stata bella ma ora è solo vecchia e nessuno se la porterebbe più a letto».