Fondi sovrani

  • Ecco la 67° Edizione del settimanale "Le opportunità di Borsa" dedicato ai consulenti finanziari ed esperti di borsa.

    Nell’ultima settimana borsistica, i principali indici globali hanno messo a segno performance positive. In assenza di dati macro di rilievo, gli operatori si sono focalizzati sugli utili societari e sulle banche centrali. La stagione delle trimestrali è infatti entrata nel vivo in Europa e a Piazza Affari con oltre la metà dei 40 titoli che compongono il Ftse Mib ad alzare il velo sui conti. Per quanto riguarda le banche centrali, la Reserve Bank of Australia ha lasciato i tassi di interesse invariati, come previsto. Anche la Bank of England ha lasciato fermi i tassi, con due voti a favore di un taglio immediato sui nove totali. La Riksbank svedese ha invece tagliato i tassi per la prima volta in otto anni, riducendo il costo del denaro di 25 punti base al 3,75%, evidenziando la divergenza dell’Europa dalla linea dura della Fed. Per continuare a leggere visita il link

e siamo a 3
si son presi parte di citibank, il quasi 10 di ubs e ora il 10 di morgan stanley...e han investito briciole dei loro patrimoni...
 
eh già le due vecchie signore europa e america iniziano a scricchiolare sotto il peso di miliardi di occhietti a mandorla, c' è poco da dire se uno guarda ad un paese come singapore, noi in Italia siamo secoli dietro:D:bow::eek:
 
Viene da domandarsi se Almunia crede veramente in quel che dice, se ha rapporti con i politici dell'eurocarrozzone, se si diverte a lanciare provocazioni...

Forse abita su uno dei satelliti di giove.
 
C'è un eccessivo parlare del pericolo fondi sovrani secondo me. A mio avviso non sono un pericolo, anzi sono una cosa giusta.

Perché?

Ora lo spiego.

Come detto altre volte in questo forum, io investo attivamente in Borsa. Preferisco generalmente le "large cap" con un obiettivo di medio/lungo. Diciamo un'ottica alla Buffett.

Bene, salvo rari casi non c'è una società che ho in portafoglio che non stia investendo in Cina, Brasile, America Latina, Asia. Quesi tutti questi paesi trainano non poco la crescita di queste grandi società.

Ora, se i fondi sovrani di questi paesi comprano una porzione di queste grandi società (o delle banche che le finanziano) mi sembra cosa buona e giusta. Un modo affinché questi paesi partecipino alla loro stessa crescita economica. Crescita di cui hanno beneficiato non poco le multinazionali di USA ed Europa, nonché i loro azionisti.
 
...ma perchè noi in fondo siamo dei vecchi nazionalisti, un pò razzisti e sicuramente colonialisti, che vogliamo si la globalizzazione ma solo se è a vantaggio nostro, la libera circolazione ma solo se siamo noi a poter viaggiare, garantisti ma solo per il ns. status quo passato, ....
il mondo non è questo ma mi chiedo, di chi è la colpa se abbiamo questa visione del mondo?
gioia23
 
il mondo non è questo ma mi chiedo, di chi è la colpa se abbiamo questa visione del mondo?

Nostra. Per questo l'Italia (e forse non solo) come paese non ce la farà. La selezione naturale premia chi si sa adattare. Quindi non il nostro paese. Ce la faranno invece le individualità.
 
di chi è la colpa se abbiamo questa visione del mondo?
gioia23

Dell'animo umano ;)

L'europa, e non solo l'italia, si sta rendendo conto che quello che si chiama globalizzazione in linguaggio finanziario non è altro che la famosa redistribuzione delle risorse in linguaggio sociologhese e religioso.
Il ns impoverimento (relativo) corrisponde ad un arricchimento (relativo) nei paesi in via di sviluppo e io non ho mai conosciuto nessuno felice di peggiorare la propria condizione economica.
 
globalizzazione

Grazie ai «fondi sovrani» c'è chi sogna il decoupling

Joseph Halevi

Capitalismo finanziario di stato - non quindi keynesismo o industrialismo pubblico - e Cina sono sempre di più i temi su cui ruoterà la problematica della globalizzazione. Martin Wolf, il principale giornalista economico del Financial Times, si è chiesto appunto se il termine significasse ancora il trionfo dell'economia di mercato sul piano mondiale. In un articolo del 17 ottobre egli notava che i maggiori attori della globalizzazione sono gli Stati piuttosto che entità private. Ne abbiamo avuto già conferma negli ultimi dieci anni con il ruolo crescente delle banche centrali nel generare liquidità, con il carry trade planetario sulle monete e sui titoli pubblici e, infine, con il mantenere in piedi il rischio morale (opacità e cartacce) su cui si basa il mercato finanziario.
Da meno di un anno l'attenzione sta concentrandosi sui fondi sovrani ed è andata crescendo con l'evaporazione dei mercati privati delle cartacce senza valore. Questi fondi appartengono a società di proprietà statale. La maggiore è norvegese, piena di soldi accumulati con i proventi dell'export petrolifero. Idem per Arabia Saudita e staterelli arabi del Golfo Persico. Grazie all'export energetico, anche la Russia sta per assumere un ruolo importante nel campo dei fondi sovrani. Per l'Asia orientale si parla prevalentemente di Singapore e Cina.
Sebbene sia una città-stato, Singapore è un punto nodale del capitale monopolistico in Asia e i suoi fondi sovrani sono tra i più facoltosi. Poco prima di Natale, infatti, il fondo governativo Temesek ha acquistato un'importante partecipazione nella Merrill Lynch, particolarmente toccata dal crollo dei subprime. Quest'evento ha sostenuto Wall Street molto di più dell'azione congiunta delle banche centrali (iniettare ulteriori soldi accettando in garanzia persino gli screditati titoli dei subprime).
Fino a che la crisi non è emersa alla luce del sole, i fondi sovrani erano sottoposti a durissime critiche. La Norvegia fa parte dell'Occidente e della Nato, il suo fondo è stato ufficialmente definito «trasparente», con investimenti di portafoglio tradizionali e prudenti. Anche quelli di Singapore sono stati promossi quanto a trasparenza, sottilineando però come nel piazzamento dei loro soldi essi cerchino delle posizioni strategiche. L'Arabia Saudita è intoccabile, per cui alla fine erano quelli cinesi i fondi considerati «pericolosi» perchè opachi e diretti con obiettivi politico-strategici. Le critiche più severe le ha articolate Jeffrey Garten sul Financial Times del 7 agosto scorso.
Con l'aggravarsi dell'instabilità delle borse causata dai subprime, la musica sta cambiando. Le finanziarie statali cominciano a essere considerate fattori di sicurezza e, più prosaicamente, come sorgenti di soldi cui attingere. L'investimento da parte dei fondi sovrani è valutato positivamente come un impegno di lungo periodo, in contrapposizione al comportamento da bucanieri degli hedge funds. Le banche occidentali stanno facendo il possibile per vendere le proprie azioni ai fondi statali cinesi e di Singapore per sostituire fonti di denaro vero alle cartacce senza valore. Contemporaneamente le stesse banche, assieme ad altre società finanziarie, hanno grandemente aumentato gli spostamenti di capitale verso la Cina per approfittare della gigantesca bolla speculativa che ormai accompagna, avvolgendola sempre di più, l'intera crescita economica del paese.
In questo contesto si è accesa la speranza che la Cina possa permettere di aggirare una possibile recessione negli Usa. La parola chiave è «decoupling», cioè sganciamento. La dirigenza della General Electric ha presentato tale desiderio come una certezza affermando che la crescita cinese continuerà anche nel caso di un forte rallentamento negli Usa, mostrandosi pertanto ottimista sull'andamento mondiale delle proprie vendite. Una visione disintegrata della globalizzazione quindi, l'opposto di quanto affermato fino a ieri dai suoi maggiori fautori. Posizioni simili sono emerse nei maggiori organi finanziari. Tali tesi sono, a mio avviso, delle pure chimere dettate dal fatto che la paura fa novanta. E' vero che la Cina cercherà di mantenere la sua espansione economica, altrimenti scoppierebbe catastroficamente la propria bolla interna. Ma Pechino lo farà, anzi lo sta già facendo, agganciando ulteriormente gli Usa da un lato e aumentando le esportazioni nette verso l'Europa dall'altro. Basta guardare alla politica monetaria cinese. Non vi è alcuna indicazione di «decoupling», bensì il contrario. Malgrado la notevole inflazione interna Pechino non aumenta il tasso di interesse proprio per non sganciarsi dagli Usa, che hanno ridotto i tassi (deprimendo così il valore del dollaro). Ne consegue che la Cina non può controllare la dinamica della bolla interna. Il che dice tutto sull'improbabilità del «decoupling» o sganciamento.

Fonte: il manifesto di ieri
 
Il fondo del Kuwait in aiuto di Merrill Lynch

14 gennaio 2008

Sarà il fondo Kuwait Investment Authority a correre in soccorso del colosso finanziario Usa Merrill Lynch con un'iniezione di liquidità da 4 miliardi di dollari. Lo rivela il «Financial Times», mentre dagli Usa e dal Kuwait non arriva per ora nessuna conferma ufficiale. Secondo il giornale britannico l'accordo potrebbe essere annunciato a metà settimana. Per Merrill Lynch la necessità di rafforzare il capitale deriva dalle perdite legate alla crisi dei mutui suprime che, secondo quanto rivelato venerdì scorso dal New York Times ammonterebbero a 15 miliardi di dollari, il doppio di quanto precedentemente previsto dagli analisti. I conti 2007 della banca d'affari saranno resi noti ufficialmente il 17 gennaio. In ogni caso non è la prima volta che Merrill Lynch apre a investimenti di fondi stranieri: già nello scorso dicembre il fondo sovrano di Singapore aveva immesso liquidità per un totale di 7,5 miliardi di dollari.

Fonte: Il Sole 24 Ore
 
Venerdì 25 Gennaio 2008, 8:43

I fondi sovrani dicono no alla richiesta del G-7

Tra i nuovi padroni del mondo, ora, ci sono. E vogliono comportarsi da padroni: ieri hanno risposto no alla richiesta, fattaglia dal G-7, di un codice di correttezza a cui conformarsi. Sono i Fondi sovrani, gli enti che governano gli investimenti esteri degli Stati arricchiti dal petrolio oppure dalle esplorazioni a basso costo. E dopo che nella crisi dei mutui hanno salvato alcune grandi banche di Wall Street diventandone padrone, il capitalismo deve fare i conti con loro. Si diceva globalizzazione, si pensava alle multinazionali. Alla riunione annuale del World Economic Forum, qui a Davos, continuano a venire tutte.

Fonte: Yahoo Notizie
 
GROWTH OF SOVEREIGN WEALTH FUNDS SEEN AS POSITIVE DEVELOPMENT

Davos, Switzerland, 24 January 2008 – The growing financial clout of sovereign wealth funds (SWFs) – government-controlled vehicles created to invest the foreign currency reserves of many major oil producers and other exporters – should be welcomed, not opposed, by global policy-makers, panellists at the World Economic Forum Annual Meeting 2008 agreed today.

The rising importance of these funds – as seen by their recent investments in troubled financial institutions in the US and Europe – has attracted widespread media attention, fuelling public concern about their potential political influence. Yet, for the most part, these fears bear no relation to the funds’ actual behaviour. “These are among the most professional investors in the world,” noted Stephen A. Schwarzman, Chairman and Chief Executive Officer, The Blackstone Group, USA. “In our experience, there is virtually no difference between going to a sovereign fund [for investment capital] and going to a state pension fund in the US.”

Schwarzman was speaking at a panel session entitled “Myths and Realities of Sovereign Wealth Funds”. The panel also included fund managers from Kuwait and Norway, key government officials from the US, Russia and Saudi Arabia, and a noted economist and former US Treasury Secretary. For the most part, these participants agreed that the SWFs represent a valuable pool of stable, long-term capital, and have reduced, rather than increased, capital market volatility.

That role will grow more valuable as the assets controlled by the SWFs continue to increase, said Richard S. Fuld Jr, Chairman and Chief Executive Officer, Lehman Brothers, USA. Sovereign funds, he noted, now hold an estimated US$ 2.5 trillion in assets. However, that does not include another US$ 8 trillion held by similar government-owned entities such as exchange rate stabilization funds – making the combined assets roughly the same size as those managed by the US mutual fund industry. If high oil prices continue to channel surplus funds into the coffers of the major exporting countries, sovereign investments could reach US$ 15 trillion within the next five years. This growth, he said, will inevitably make the SWFs major players in the global capital markets. “They need the capital markets to function and the capital markets need the liquidity they provide.”

This role may make the SWFs the targets of a political backlash in recipient countries, particularly the United States, participants acknowledged, citing the 2006 public outcry over the acquisition of US port operations by a Dubai-based entity. To date, however, criticism of the SWFs has been based on concerns about investment actions they might take in the future, rather than any actual abuses, several participants complained. “The attitude seems to be that sovereign investors are guilty until they are proven innocent,” said Muhammad S. Al Jasser, Vice-Governor of the Saudi Arabian Monetary Agency. By smoothing out the consumption spending of the oil-exporting countries, he noted, the SWFs not only contribute to domestic economic stability but to the stability of the global economy as well.

If policy-makers are truly concerned about financial instability, they should look to other investors, not the SWFs, argued Bader M. Al Sa'ad, Managing Director, Kuwait Investment Authority (KIA), Kuwait. “Have you ever seen a sovereign fund, one which is leveraged 20 or 30 times, force a central bank to devalue its currency? No. So there is no real substance here.” Al Jassar, meanwhile, noted that despite numerous financial crises involving hedge funds, financial regulators have been deeply reluctant to subject them to tighter supervision or other restrictions, because of the potential impact on market liquidity. That same balanced approach, he argued, should be applied to the SWFs.

Concerns about the potential influence of the SWFs are not entirely unfounded, replied former US Treasury Secretary Lawrence H. Summers, Charles W. Eliot University Professor, Harvard University, USA. For example, he said, sovereign funds often stress their long-term objectives and their desire to be passive, rather than active, shareholders. But this same reluctance could be a boon to entrenched corporate management. He also cited the possibility that the SWFs might become involved in the foreign exchange markets, something which “would probably not be conducive to successful relationships between nations.” For this reason, he added, the SWFs should support the establishment of a voluntary code of conduct, one that would clearly state their willingness to avoid speculative abuses and keep politics out of their investment decisions. “If we believe in free markets, shouldn’t we have some kind of guidelines for transactions that have an element, if only a small element, of cross-border nationalization?” Summers asked.

The need for standards cuts both ways, argued Robert M. Kimmitt, US Deputy Secretary of the Treasury. Recipient countries need to make it clear that they will not block investments from foreign sources, including the SWFs, merely on political grounds. G7 leaders, he noted, have asked the International Monetary Fund and the World Bank to work with both sovereign investors and recipients of that investment to develop voluntary guidelines. Drafts of these standards should be ready for review by the autumn IMF/World Bank meetings, he said.

The United States, Kimmitt added, continues to welcome foreign investment and oppose barriers to cross-border capital flows. Despite the controversy over the Dubai ports deal, the US government has not objected to any of the more than 200 proposed transactions it has reviewed since that time. “So far as we can see, these investments have been made on commercial, not political grounds. We welcome that type of investment, whether it is from an SWF or anyone else.”

Fonte: World Economic Forum
 
I (NUOVI) PADRONI DEL MONDO - DAL KUWAIT AL CREMLINO: “NON ACCETTIAMO REGOLAMENTI DAL G7” – DA DAVOS LA SFIDA AI GRANDI: “PERCHÉ UN CODICE DI COMPORTAMENTO PER NOI E NON PER GLI HEDGE FUNDS?”…
Stefano Lepri per “La Stampa”

Tra i nuovi padroni del mondo, ora, ci sono loro. E vogliono comportarsi da padroni: ieri hanno risposto no alla richiesta, fattagli dal G-7, di un codice di correttezza a cui conformarsi. Sono i Fondi sovrani, gli enti che governano gli investimenti esteri degli Stati arricchiti dal petrolio oppure dalle esportazioni a basso costo. E dopo che nella crisi dei mutui hanno salvato (30 miliardi di spesa) alcune grandi banche di Wall Street diventandone azionisti, il capitalismo deve fare i conti con loro.

Si diceva globalizzazione, si pensava alle multinazionali. Alla riunione annuale del World Economic Forum, qui a Davos, continuano a venire tutte. Ma ora tra le potenze finanziarie del mondo entrano anche il Cremlino, la famiglia reale saudita, il comitato centrale del partito comunista cinese, il gruppo di potere che da anni governa Singapore, l’emiro del Kuwait, e via dicendo. Tra tutti, investono un tesoro sui 2.500-3.000 miliardi di dollari, e se il prezzo del petrolio resta a questi livelli la cifra salirà in fretta.

«Un codice di comportamento per noi? E perché per gli Hedge Funds si è detto che non serviva?» ritorce Muhammad al-Jasser, vice-governatore della Banca centrale dell’Arabia saudita. L’ultimo G-7 aveva dato mandato al Fmi di identificare «i comportamenti migliori per i Fondi sovrani in aree come la struttura istituzionale, la gestione del rischio e la trasparenza» (mentre per gli Hedge Funds si spera in un codice volontario). La risposta, che era attesa per aprile, eccola qua: negativa.

«Regole? - polemizza il ministro delle Finanze russo Aleksiei Kudrin - Definite prima voi che cosa ritenete pericoloso. Quando gli Stati Uniti valutano se un investimento estero è dannoso alla sicurezza nazionale, vedo che giudicano caso per caso». «Qui mi pare che ci vogliano colpevoli salvo prova di innocenza» rincara al-Jasser. I «comportamenti migliori» da additare sarebbero quelli del Fondo dove la Norvegia investe i proventi petroliferi: «discutiamo i criteri in Parlamento, e non finanziamo aziende che producono armi nucleari o mine antiuomo, o che violano i diritti umani» spiega Kristin Halvorsen, ministra delle Finanze.

Ma un certo investimento in Islanda, insinua l’ex ministro del Tesoro Usa Lawrence Summers, quando quel Paese amico della Norvegia era in difficoltà finanziarie, non l’avete fatto per motivi politici? Figurarsi altri Paesi che non sono democratici come la Norvegia. Nell’analisi di Summers, ci sono tre rischi, in ordine crescente: «Primo, anche se i Fondi sovrani non esercitano diritti di voto, può essere molto comodo, per i manager, contare sull’appoggio silenzioso di una parte della proprietà. Secondo, si possono imporre all’azienda interessi estranei al profitto: come aiutare il Paese di origine o danneggiarne uno avversario. Terzo, che succederebbe se a far crollare il cambio di un Paese non fossero speculatori privati, come fece Soros nel ’92, ma un altro Stato?».

Tutti i Fondi sovrani si difendono dicendo che cercano solo profitti nell’interesse dei loro cittadini. Ribatte sarcastico il presidente di Israele, Shimon Peres: «C’è uno Stato del Golfo che non nomino, dove il 17% della popolazione soffre di diabete» (pare che si tratti di Abu Dhabi, padrone del più grande tra i fondi sovrani, 620 miliardi di dollari).

Finora si era detto che la globalizzazione, rendendo il mondo sempre più interdipendente, favoriva la pace.
Ma riflettendo sulle nuove potenze che emergono, e sulle nuove commissioni tra politica ed economia, uno che la sa lunga, come Henry Kissinger, commenta: «Discorsi simili si facevano anche prima della prima guerra mondiale».

25 Gennaio 2008

Fonte: Dagospia
 
Povera America, assistita da Bce e fondi sovrani

Joseph Halevi

Due punti dell'articolo di Fumagalli (manifesto, 1 febbraio) meritano un approfondimento: la presunta miopia della Bce, in opposizione alla flessibilità e lungimiranza della Federal Reserve, e la questione dei fondi sovrani.
Non credo che la Bce agisca per miopia o ispirata da teorie economiche «sbagliate» (le stesse della Fed, peraltro). L'obiettivo fondamentale della Bce - il patto tra le diverse componenti del capitale monopolistico alla base dei criteri di stabilità firmati a Dublino nel 1996 - è la deflazione salariale. Da Jacques Delors in poi la costruzione europea è stata dettata dalle priorità fissate dall'European Business Roundtable e la deflazione salariale è emersa come politica unificante (si veda l'ottimo volume di Guglielmo Carchedi For another Europe: a class analysis of European economic integration, London: Verso, 2001) Questa permette di creare un terreno comune senza barriere legali trasferendo l'orientamento neomercantilista dei principali paesi europei (Germania, Italia, Francia) dai tassi di cambio alla deflazione salariale.
Ma con la crisi americana delle dotcom del 2000 e la conseguente politica della Fed (tassi di interesse al minimo, sistema finanziario mondiale inondato di dollari, specie dopo l'11 settembre), la Bce si è trovata a fare dell'euro la moneta cardine del sistema capitalistico globale. Il dollaro può ancora essere la moneta mondiale perchè, malgrado l'incertezza riguardo il suo valore, ottiene l'appoggio della Bce. Gli Usa possono essere flessibili perchè la Bce li sostiene impedendo una rovinosa caduta del dollaro. La Bce è stata molto più rapida della Fed nell'iniettare liquidità in quanto, da tempo e con ragione, i suoi vertici, non credevano nella sostenibilità della «bolla» Usa. Tuttavia se la Bce si mettesse a rincorrere la Fed riducendo i tassi di interesse, inizierebbe una guerra economica (da svalutazione competitiva) tra le due maggiori aeree capitalistiche del mondo. In tal modo salterebbe anche il fragile rapporto interno all'eurozona fondato sulla relazione tra neomercantilismi e deflazione salariale.
Fumagalli sostiene che i «fondi sovrani» sancirebbero l'abbandono di qualsiasi interesse nazionale, perché «operano con la stessa logica di quelli privati, incrementando in modo perverso il processo di finanziarizzazione e la sua instabilità» Può essere anche vero, però dipende dalle circostanze. La ricchezza di tali fondi proviene da attività reali e non finanziarie. Per la Norvegia, l'Arabia Saudita ed i paesi del Golfo persico, i soldi scaturiscono dalle esportazioni petrolifere e - nel caso norvegese - dall'alto gettito fiscale da esse indotto. Per i paesi asiatici, Cina in primo luogo, la forza dei fondi si basa sui flussi generati dalle esportazioni nette di merci. Quindi, almeno per ora, la ricchezza dei fondi sovrani non è virtuale. Sono gli impieghi di questi soldi che possono finire in cartacce, come è successo con la Bank of China. Sono le dotazioni reali dei fondi, appoggiati dai rispettivi stati, che permette a questi di prestare soldi veri da posizioni di forza alle società trafficanti in cartacce. Mi sembra che, sebbene i fondi sovrani debbano operare dal lato degli impieghi costruendosi dei portafogli finanziari, essi siano molto concentrati su attività reali che rispecchiano gli obiettivi di sviluppo dei rispettivi governi/stati. Tralasciamo il fondo norvegese, che si occupa delle pensioni dei dipendenti pubblici ed è altamente regolamentato. I fondi del Dubai sono pienamente coinvolti nell'attività di costruzione e sviluppo non solo di quel «paese», ma anche nell'estensione di tale attività al Corno d'Africa, con l'ampliamento del porto di Gibuti e la progettazione di un megaponte che colleghi l'Africa orientale alla penisola Arabica. Lo stesso dicasi per la città-stato di Singapore. E' noto che i dirigenti del Pap, che da sempre controlla le leve del potere, considerano l'industria - e non la finanziarizzazione - come garanzia per mantenere il livello ipersviluppato di Singapore al cospetto della crescita cinese. Per ciò che riguarda la Cina, i fondi sono uno strumento essenziale per generare prestiti commerciali e attività nei confronti di paesi terzi prevalentemente produttori di materie prime. Ma questo significa che le attività dei fondi cinesi aiutino le esportazioni di Pechino verso i paesi in via di sviluppo, come sta in effetti avvenendo in Africa e in America Latina.
Dal 1945 l'Arabia Saudita è legata agli Usa da intese ferree, molte delle quali non appaiano nemmeno su documenti scritti. Dal 1974 però questo feudalissimo stato è formalmente impegnato a riciclare i suoi surplus petrolifero-finanziari nel sistema statunitense. Questi rapporti si applicano a fortiori agli altri sceiccati del Golfo. In tale contesto i fondi sovrani arabi devono quindi garantire il riciclaggio dei dollari e minimizzare il più possibile le perdite derivanti dal loro possesso. Le due esigenze possono comportare degli scontri con gli Usa. Il riciclaggio può prendere la forma di acquisti indesiderati, come successe nel caso di alcuni porti americani; mentre la riduzione delle perdite derivanti da un dollaro in calo, può comportare una diversificazione che suscita le ire di Washington. I fondi asiatici, i cinesi in particolare, accanto alle loro esigenze finanziarie e di portafoglio hanno anche la funzione di sostenere al massimo il ruolo degli Usa quale economia di importazione globale. Essi si assumono direttamente un ruolo macroeconomico dato che se gli Usa cessassero di fungere da catalizzatore delle esportazioni nette cinesi, verrebbe meno la chiusura del circuito che permette l'accumulazione in Asia. E su questo punto i fondi sovrani seguiranno le politiche dello stato cinese senza un minimo sgarro.

Fonte: il manifesto del 16.02.2008
 
Il Qatar entra in Credit Suisse (e investirà 15 miliardi $ nelle banche occidentali)

18 febbraio 2008

Il Qatar ha rilevato una quota della banca svizzera Crédit Suisse e progetta investimenti per 15 miliardi di dollari in banche europee e statunitensi nei prossimi 12 mesi. «Abbiamo relazioni con Crédit Suisse - ha detto il primo ministro del Qatar, lo sceicco Hamad Ben Jassem Al-Thani, secondo qaunto riporta Bloomberg - ed effettivamente abbiamo acquistato azioni sul mercato, ma non posso dire in che percentuale perché ancora l'operazione è in corso». In base alla normativa svizzera le compagnie sono tenute a rivelare l'identità degli azionisti che detengono quote superiori al 3%. Secondo quanto riferisce Bloomberg, Sheikh Hamad ha anche annunciato che il Qatar sta costituendo un fondo da un miliardo di dollari in Finlandia e Malesia.

Fonte: Il Sole 24 Ore
 
Fondi sovrani: undici regole Ue
per garantirne la trasparenza


di Antonio Pollio Salimbeni

25 febbraio 2008

Tra queste ci sono: la netta separazione delle responsabilità nei fondi, la pubblicità degli obiettivi strategici, degli investimenti effettuati e del sistema di regolazione nazionale. La proposta sarà varata mercoledì 27 febbraio dalla Commissione

BRUXELLES - Sono undici i principi sui quali la Commissione europea ritiene che debba essere "confezionato" un codice di condotta globale perchè i fondi sovrani garantiscano trasparenza e corretta gestione. Tra questi, secondo quanto «Il Sole 24 Ore Radiocor» è in grado di riportare, la netta separazione delle responsabilità nei fondi, la pubblicità degli obiettivi strategici, degli investimenti effettuati specie le quote dimaggioranza, del sistema di regolazione nazionale. La proposta sarà varata mercoledì 27 febbraio a Bruxelles.

Secondo laCommissione europea chiarezza sulla struttura interna dei fondi sovrani e trasparenza sulla gestione degli asset finanziari sono due precondizioni per una 'buona governancè con l'obiettivo di evitare interferenze politiche da parte degli Stati (proprietari dei fondi sovrani), chiusure neoprotezioniste nei paesi europei, dare certezza agli stessi fondi sovrani sulle regole da rispettare. L'idea di Bruxelles, è di utilizzare i principi definiti per la gestione delle riserve valutarie (Fmi) e quelli per la 'corporate governancè per le società pubbliche (Ocse). Eccoli: separazione chiara e netta delle divisione e della separazione della responsabilità nella gestione dei fondi; pubblicità delle scelte di investimento, dei principi su cui si fondano le relazioni con il governo e della "governance" interna, delle politiche di gestione del rischio; autonomia operativa per fronteggiare il rischio di interferenze politiche; ogni anno deve essere garantita una informazione chiara sugli investimenti effettuati in particolar modo quelli relativi alle posizioni di maggioranza acquisite e così per il ricorso alla leva finanziaria e la composizione delle valute, la dimensione e la provenienza delle risorse finanziarie; trasparenza sull'esercizio dei diritti proprietari; pubblicità delle regole di gestione e vigilanza praticate nel Paese di origine del fondo.

La Commissione europea, come ha ribadito il presidente Barroso, non ritiene necessario adesso formulare proposte legislative in attesa di conoscere l'esito del negoziato in corso tra Fmi, Ocse e fondi sovrani per definire un codice di condotta universalmente valido. Gli 'undici principì rappresentano il contributo europeo alla discussione in corso. In ogni caso, Bruxelles definisce una data: entro la fine dell'anno occorre un risultato in assenza del quale la Commissione avanzerebbe una proposta legislativa. Nella comunicazione comunitaria si preciserà come i fondi sovrani «già oggi non operino in un vuoto legale», né per quanto riguarda le regole europee, né per quanto riguarda le regole nazionali. Gli investimenti dei fondi sovrani, infatti, vengono considerati come tutti gli altri investimenti di entità non europee e obbligati a rispettare una serie di regole comprese quelle stabilite in sede Ocse e Wto. Tali regole, poi, offrono già margini "difensivi" poichè la libertà di movimento dei capitali non è mai considerata «assoluta». Infatti può essere «ristretta» per ragioni prudenziali in relazione alla stabilità finanziaria, di sicurezza pubblica (nazionale) e salvaguardare il pluralismo dei media. Sono questi gli «interessi legittimi» che possono essere difesi contro un'acquisizione di partecipazioni purchè tale difesa sia proporzionato all'obiettivo e non discriminatoria.

Bruxelles esclude fin d'ora l'eventualità di erigere barriere difensive a colpi di «golden share» o creando un comitato europeo per gli investimenti finanziari (un selezionatore europeo sul modello americano) sia perchè invierebbe ai fondi sovrani un segnale di ritirata dalla pratica di un mercato aperto sia perchè le ritiene non compatibili con le attuali norme europee. Come è noto in questo periodo di crisi dei mercati la finanza europea ha estremo bisogno dei fondi sovrani vista la necessità di ricapitalizzazione di grandi istituzioni bancarie e finanziarie.

Se, però, l'Unione europea non vuole correre il rischio che questi ricchi investitori «volino via» sotto una forte pressione protezionistica (inevitabile senza un «approccio comune europeo»), i fondi sovrani, sostiene la Commissione, hanno tutto l'interesse a scegliere la via «cooperativa» con le autorità europee e delle altre aree economiche del mondo fondando le scelte di investimento su obiettivi «strettamente economici definiti attraverso un sistema chiaro di regole e procedure», dimostrando di non essere condizionati da «interessi politici dei loro proprietari» e che non vogliono ottenere surrettiziamente informazioni tecnologiche a fini strategici nazionali.

Fonte: Il Sole 24 Ore
 
Il Qatar entra in Credit Suisse (e investirà 15 miliardi $ nelle banche occidentali)

18 febbraio 2008

Il Qatar ha rilevato una quota della banca svizzera Crédit Suisse e progetta investimenti per 15 miliardi di dollari in banche europee e statunitensi nei prossimi 12 mesi. «Abbiamo relazioni con Crédit Suisse - ha detto il primo ministro del Qatar, lo sceicco Hamad Ben Jassem Al-Thani, secondo qaunto riporta Bloomberg - ed effettivamente abbiamo acquistato azioni sul mercato, ma non posso dire in che percentuale perché ancora l'operazione è in corso». In base alla normativa svizzera le compagnie sono tenute a rivelare l'identità degli azionisti che detengono quote superiori al 3%. Secondo quanto riferisce Bloomberg, Sheikh Hamad ha anche annunciato che il Qatar sta costituendo un fondo da un miliardo di dollari in Finlandia e Malesia.

Fonte: Il Sole 24 Ore
Beh, si devono tutelare per quando finirà il loro petrolio, visto che l'alternativa è tornare nelle tende.
 
Buffett Says U.S. Trade Imbalance Lures Sovereign Wealth Funds

By Josh P. Hamilton

March 1 (Bloomberg) -- Billionaire investor Warren Buffett stepped into a debate about the emergence of sovereign wealth funds, saying the government-controlled firms are fueled by U.S. spending overseas, not political motives.

``This is our doing, not some nefarious plot by foreign governments,'' Buffett, the chairman of Berkshire Hathaway Inc., said yesterday in his annual letter to shareholders. ``Our trade equation guarantees massive foreign investment in the U.S. When we force-feed $2 billion daily to the rest of the world, they must invest in something here.''
 
Martedì 4 Marzo 2008, 8:51

Citigroup: per Dubai International Capital la banca Usa ha bisogno di nuovi fondi

Allarme rosso lanciato per Citigroup (NYSE: C - notizie) . La banca americana potrebbe aver bisogno di maggiori disponibilità finanziarie dai Paesi arabi dal momento che le perdite derivanti dal collasso del mercato del credito per colpa dei mutui subprime stanno salendo. Lo ha detto il numero uno di Dubai International Capital. Citigroup, la prima banca Usa per asset, ha già ricevuto una iniezione di capitale pari a 7,5 miliardi di euro dal fondo Abu Dhabi lo scorso 27 novembre e rinforzi economici anche da Singapore e dal Kuwait.

Fonte: Yahoo Notizie
 
Martedì 11 Marzo 2008, 8:24

Benetton, vicino l'accordo con il fondo sovrano di Singapore

Accordo fatto tra i Benetton (Milano: BEN.MI - notizie) e il fondo sovrano di Singapore. Lo scrive oggi La Stampa. Oggi sarebbe in programma un nuovo appuntamento in Lussemburgo, dove ha sede Sintonia, incontro che salvo sorprese dovrebbe essere quello risolutivo. Gic, acronimo di Government of Singapore, entrerà in Sintonia con una quota che dovrebbe arrivare fino al 16,6% per un investimento di circa un miliardo di euro e l'obiettivo di sviluppare le opportunità di business nel Far East.

Fonte: Yahoo Notizie
 
intanto porto su questo 3d ma la mia intenzione è aprirne un altro riguardante la tesi che ho appena iniziato e che tratterà dei fondi sovrani.
Ho sperimentato l'assenza di letteratura in merito ma spero che magari qualcuno di voi possa darmi delle dritte su come procurarmi materiale e mi possa consigliare riguardo la realizzazione.

forza ragazzi.... OK!
 
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