n 11
D’ora in avanti, ogni volta che la borsa inanellerà due giornate positive di seguito nessuno potrà dire:
a) se il giorno dopo si tornerà a scendere, forse per settimane o mesi
b) se il rally proseguirà per una settimana / un mese / parecchi mesi (vedi i 7 mesi del rally iniziato nel settembre 2001)
c) se quei due giorni positivi sono solo l’inizio dell’inversione finale e il mercato non scenderà più, salvo qualche correzione che tutti prenderanno per una ripresa del trend ribassista.
Non invidio chi opera direzionalmente in queste condizioni, pensando di poter prevedere il futuro.
Tempo ottimo, neve abbondante… Buon week-end a tutti!
(“Il grande crollo” di JK Galbraith, 11a puntata)
Per tutto settembre e buona parte dell’ ottobre 1929, il trend si mantenne leggermente ribassista, ma non senza qualche giornata di buon rialzo. Le Ipo continuavano ad avere successo. I prestiti agli operatori di borsa aumentavano ancora, mentre i pompatori professionali erano più attivi che mai. Nella nostra vecchia borsa alle grida c’era un bel termine per definirli: i “fuochisti”. Tra quelli di Wall Street si distingueva il già citato Charles E. Mitchell, #1 della National City Bank, che in pieno ottobre affermò: “la situazione industriale degli Stati Uniti è assolutamente solida… nulla può arrestare il movimento in avanti”.
A questo punto Galbraith riporta la celeberrima dichiarazione di Irving Fisher citata da chiunque si sia occupato del ’29, e non senza ragione. Infatti Fisher non era un economista qualsiasi. Era uno dei più prestigiosi docenti dell’università di Yale, l’economista più famoso e più ascoltato dell’epoca, e ancor oggi ha un posto di rilievo in qualsiasi storia della materia. Ebbene questo fiore all’occhiello del mondo accademico il 15 ottobre 1929, alla vigilia delle più drammatiche giornate mai vissute da Wall Street dichiarò:
"Stock prices have reached what looks like a permanently high plateau. I do not feel that there will soon, if ever, be a fifty or sixty point break below present levels, such as Mr. Babson has predicted. I expect to see the stock market a good deal higher than it is today within a few months". I prezzi delle azioni hanno raggiunto quello che appare un alto livello permanente. Non credo che ci sarà presto, semmai ci sarà, un calo di 50-60 punti rispetto ai livelli attuali, come prevede il Sig. Babson. Mi aspetto di vedere il mercato azionario parecchio più su dei livelli attuali entro pochi mesi.
SOTTO RIPORTO IL LINK PER ASCOLTARE DALLA VIVA VOCE DI FISHER UNA DELLE SUE DICHIARAZIONI.
Ho voluto fare qualche veloce ricerca su Fisher perché -dico la verità- mi faceva un po’ pena: un grande economista ridicolizzato dai suoi contemporanei e dalle generazioni successive solo per una previsione sfortunata! Mi sembrava una punizione eccessiva… Altro che eccessiva! Come si vedrà in seguito, Fisher non si limitò a quella dichiarazione, ma ancora per moltissimo tempo continuò a predire che il recupero era questione di giorni, che niente avrebbe potuto impedire il trionfo della “New Era”, che presto il Proibizionismo avrebbe prodotto i suoi magnifici frutti… tutto questo mentre Wall Street s’inabissava verso profondità mostruose. Quante persone avrà rovinato con la sua ostinazione e la sua incrollabile fiducia nel futuro? Oltretutto, Fisher gestiva un importante investment trust che, grazie alla sua fama di re degli economisti, aveva raccolto i risparmi di tantissimi investitori, probabilmente i più prudenti… e tutto andò in fumo!
Lo stesso Fisher perse 10 milioni di dollari e l’Università di Yale fu costretta a comprare la casa in cui abitava, per poi affitargliela, altrimenti sarebbe finito letteralmente in mezzo a una strada. Insomma, con la sua assurda cocciutaggine perse talmente la faccia che quando, anni dopo, finalmente ne disse una giusta, intuendo che la deflazione avrebbe reso insopportabile il peso dei debiti, nessuno gli diede più retta, né la gente, né il mondo accademico. Sorvolo su certi aspetti aberranti e disgustosi della sua personalità… come il suo fanatismo per l’eugenetica e la sua esaltazione per le teorie del dottor Cotton. Chi vuole può trovare abbastanza materiale su Internet. A me fa orrore il solo parlarne, su certe cose non si scherza.
Torniamo al nostro caro Galbraith, economista e uomo di tutt’altra pasta, grazie al cielo. Sabato 19 ottobre 1929 (allora le borse erano aperte sei giorni su sette) Wall Street barcollò. I titoli più speculativi persero decine di punti, e solo quelli difensivi riuscirono a contenere le perdite. Il ribasso causò una pioggia di margin call, perché il diminuito valore dei titoli non bastava più a coprire le somme prestate agli speculatori.
A questo punto si diffuse una di quelle voci che nelle discese della borsa non mancano mai… Ricordate come la corrente “esoterica” del fol tempo fa insistesse fino all’esasperazione sul fantomatico PPT -Plunge Protection Team- un’associazione segreta (segreta, ma ben nota a certi folisti!!) che aveva il compito di tenere su le borse? Come abbiamo visto in questi mesi, l’azione del PPT è stata di un’efficacia favolosa…
Una voce del genere, in realtà più solida, si diffuse nell’ottobre del ’29. “Non ci fu mai un’espressione con una carica magica superiore a quella di SOSTEGNO ORGANIZZATO” scrive il nostro autore “Quasi immediatamente essa fu su ogni bocca e in ogni articolo finanziario. Sostegno organizzato significava che gente potente avrebbe fatto in modo di mantenere i prezzi a un livello ragionevole”. Chi fosse questa ‘gente potente’ non era ben chiaro. Alcuni pensavano ai grandi “tori” come Cutten, Durant, Raskob. Altri alle banche. Altri agli investment trust. Tutti costoro avrebbero subito danni colossali in caso di crollo di Wall Street, quindi avrebbero fatto l’impossibile pur di evitare quella calamità, e ci sarebbero sicuramente riusciti, grazie alla potenza di fuoco di cui disponevano… Passano i decenni, ma cosa cambia? La stessa fede miracolistica oggi l’abbiamo nei G20, nei G8, nei G48…
Lunedì 21 ottobre gli scricchiolii continuarono a infittirsi, il mercato andò giù per la maggior parte della seduta, ma si riprese verso la chiusura. Il martedì fu così così. La gente cominciava a pensare che probabilmente quella era solo una delle tante correzioni che si erano avute nel corso del grande rialzo.
L’impagabile professor Fisher dicharò che il mercato si era limitato a espellere le “frange lunatiche”, “nevrotiche” degli investitori (“shaking out of the lunatic fringe”). Quindi spiegò al popolino ignorante che “i prezzi delle azioni non erano ancora all’altezza del loro valore reale e quindi sarebbero cresciuti”, anche perché non si erano ancora prodotti i benefici del Proibizionismo, che inevitabilmente avrebbe reso l’operaio americano “più produttivo e fidato”. Che fior di economista!
L’altro grande “fuochista” -Charles E. Mitchell- sostenne che “il declino era andato troppo oltre” e che le condizioni erano “fondamentalmente sane”. Galbraith annota: “il tempo e svariati dibattiti parlamentari e giudiziari avrebbero dimostrato che Mitchell aveva forti ragioni personali per pensare così”. Occhio, perché ancor oggi il mondo è pieno di Mitchell!
Nel frattempo, Babson consigliava di vendere azioni e comprare oro.
Mercoledì 23 gli incoraggiamenti dei fuochisti non bastarono più. I prezzi scesero rapidamente. Migliaia di speculatori decisero di abbandonare il terreno prima che la situazione precipitasse. Altre migliaia furono costrette a farlo, non essendo più in grado di rispondere ai margin call, che in quel giorno partirono in una quantità mai vista prima. Fisher continuò nei suoi messaggi deliranti, dichiarando a una platea di banchieri costernati che “i valori nella maggioranza dei casi non erano esagerati”, e garantì che grazie al proibizionismo la produttività sarebbe aumentata del 10-20%.
Ed eccoci finalmente a giovedì 24 ottobre 1929, la prima tragica giornata di vero panico. In un giorno solo, migliaia di persone persero tutto, sogni, avvenire, benessere. Notevolissima questa osservazione di Galbraith: “Il più impenetrabile dei misteri della borsa è perché ci sia un acquirente per ogni operatore che cerca di vendere. Il 24 dicembre 1929 dimostrò che ciò che è misterioso non è inevitabile. Quel giorno spesso non si trovavano acquirenti, e solo dopo vertiginosi ribassi si riuscì a indurre qualcuno all’acquisto”.
Su questo dovrebbero riflettere quelli che hanno fiducia cieca nello stoploss. Può saltare non solo nelle aperture in gap-down, ma anche a mercato aperto, perché la mancanza di compratori può rendere la discesa talmente supersonica che la sua applicazione diventa materialmente impossibile. Del resto l’ LTCM -l’hedge fund dei Premi Nobel- nel 1998 saltò in aria anche per via di un vuoto di liquidità nel mercato dei futures, ipotesi non presa in considerazione dai geni che gestivano il fondo.
Il 24 ottobre 1929, dopo l’apertura per un po’ i prezzi rimasero fermi, poi incominciarono a cedere. Ben presto la discesa divenne vorticosa, ampliandosi a valanga con una velocità inaudita. “Alle undici il mercato era già degenerato in una folle, selvaggia corsa a vendere”. Gli enormi volumi fecero sì che il ticker (una specie di telescrivente che trametteva i dati sulle quantità scambiate e sui prezzi in ogni angolo degli Stati Uniti, normalmente quasi in tempo reale) rimanesse indietro di ore. In tutta l’America le sale dei broker erano affollate di persone disperate… il fatto di non avere più la cognizione diretta di come andavano le cose a causa del ritardo del ticker, faceva aumentare a dismisura la preoccupazione e l’angoscia, e quindi nell’incertezza tutti si precipitavano a vendere. I margin call si sprecavano. “Alle 11.30 il mercato era in preda a una cieca, implacabile paura”. Era il panico!
Gli ordini preimpostati di vendere a un determinato prezzo, scattavano uno dopo l’altro. Poiché molti clienti non avevano risposto ai margin call, i broker avevano inserito un'infinità di stoploss per salvaguardare sé stessi. Anche questi erano colpiti a raffica e venivano eseguiti a prezzi molto inferiori a quelli prefissati per la mancanza di compratori. Tutti questi ordini di vendita a prezzo prestabilito contribuivano ad affossare il mercato, e naturalmente più il mercato scendeva, più numerosi erano gli ordini limitati che scattavano, in una tragica spirale incentivata dalle vendite al meglio.
Intorno a Wall Street s’era radunata una folla in attesa, sorvegliata a vista dalle forze di polizia. Le notizie, sempre più disastrose, arrivavano a pezzi e a bocconi, grazie a qualcuno che riusciva a vedere il grande tabellone con le quotazioni. Un testimone riferì che “l’espressione della gente denotava non tanto sofferenza, quanto una specie di atterrita incredulità”. Le voci si susseguivano alle voci… la borsa di Chicago aveva chiuso i battenti… undici noti speculatori si erano suicidati… e via dicendo. Alle 12.30 la galleria riservata al pubblico venne fatta chiudere, mentre nel trading-floor “si svolgevano le scene più selvagge”.
Sembrava la fine, invece in soccorso della borsa arrivò davvero il “sostegno organizzato”. Al numero 23 di Wall Street, nella storica sede della JP Morgan, si erano radunati i rappresentanti delle principali banche americane: la National City Bank, la Chase, il Guaranty Trust, il Bankers Trust, oltre naturalmente ai padroni di casa della JP Morgan. Decisero di mettere insieme le loro risorse per sostenere il mercato. Detto fatto, incontrarono i cronisti. Con il suo splendido tono beffardo, Galbraith scrive: “Con quella che FL Allen definì una delle più straordinarie minimizzazioni di tutti i tempi, Thomas Lamont (della JP Morgan) dichiarò ai giornalisti: <C’è stata un po’ di vendita forzata in borsa> Soggiunse che ciò era <dovuto a una condizione tecnica del mercato> più che a una causa fondamentale, e assicurò ai giornalisti che le cose erano <suscettibili di miglioramento>. I banchieri, lasciò capire, avevano deciso di migliorare la situazione”.
Subito dopo, il vicepresidente della Borsa entrò nella sala delle contrattazioni e con gesto teatrale incominciò a comprare migliaia di azioni a prezzi ben superiori a quelli correnti. L’effetto fu dirompente: alla paura di perdere subentrò la paura di perdere un nuovo rialzo, e tutti nella sala cominciarono a comprare.
Sembrava tutto risolto, ma verso la chiusura le ondate di vendite che venivano da fuori New York riportarono di nuovo le quotazioni in area negativa. A ogni modo, grazie all’azione concertata dei banchieri, il Giovedì Nero si chiuse in maniera infinitamente meno tragica di quello che si potesse immaginare a metà giornata.
A Wall Street le luci rimasero accese fino a tardi, per contabilizzare l’enorme mole di scambi. In provincia il ticker, con il suo lugubre tichettio, continuava a sfornare dati per lo più negativi, dato che era in ritardo di ore. Moltissimi, non potendo rispondere al margin call, erano stati definitamente liquidati, e questo non significava solo la fine dei sogni… era spesso l’addio “alla casa, all’auto, alle pellicce, ai gioielli e alla reputazione”… “Che il mercato, dopo averli rovinati, si fosse ripreso era la più gelida delle consolazioni.”
In serata, i broker tennero una riunione d’urgenza. Alla fine dichiararono alla stampa che il momento peggiore era superato… “il mercato dovrebbe avviarsi a porre le fondamenta per il costruttivo progresso che, ne siamo convinti, caratterizzerà il 1930”. Come sempre, i politici si contraddistinsero per il loro acume. Un certo senatore Wilson “attribuì il crollo alla resistenza opposta dai democratici a una tariffa doganale più elevata”.
(fine dell’ 11a puntata )
Ecco una delle straordinarie dichiarazioni di Irving Fisher, massimo economista di quegli anni, che in questo caso se la prende con i piccoli speculatori che operano “on small margins”, con marginazioni elevate diremmo noi oggi… Tra discese da paura, restava incrollabile la sua fede nei destini “magnifici e progressivi” della borsa e dell’America. Dichiarazioni rassicuranti come questa contribuirono alla rovina di milioni di americani, sia quelli incastrati che rinunciarono a salvare il salvabile, sia quelli che erano fuori e credettero alle sue previsioni di recupero, entrando e rovinandosi a loro volta.
http://www.youtube.com/watch?v=MTCKxye9_so
Cercando canzoni del ’29, mi sono imbattuto in questa “Till then”, un gioiellino del 1944 perfetto per i momenti romantici.
Mi fa morire il tizio che fa da “contrabbasso umano” aprendo e chiudendo la bocca come un pesce…
http://www.youtube.com/watch?v=gPdidRreduM
x Reverse
grazie e saluti anche a te
x Peri
Ah, allora andiamo d’accordo! Mi piace tutta la musica (ultimamente sono stato convertito persino alla musica classica contemporanea…) però in particolare vado matto per la musica vocale del ‘700: operistica, sacra, da camera, popolare…
Grazie per il link, Jorgi Savall è davvero un grande.
x Samuel Israel IV
per carità, non sono né un esperto né tantomeno un appassionato della “scienza triste”. Seguo solo l’aspetto speculativo della borsa. Forse l’unico “interesse disinteressato” che ho in questo campo riguarda la storia della borsa, per quanto anche in questo caso non manchino i risvolti operativi. Dopo questo sul ’29, se mi gira farò dei thread sulle altre bolle storiche. Forse potrebbe interessarti la bolla del Mississippi, tutta incentrata sulla figura grandiosa di John Law, avventuriero, truffatore, donnaiolo, giocatore d’azzardo… ma anche inventore della cartamoneta! Bistrattato dagli economisti classici, è in corso la sua rivalutazione, strano che Wikipedia non ne parli.
x Giardiniere
ciao! approfitto per scusarmi per la risposta al tuo messaggio precedente, nel quale sinceramente non riconoscevo l’equilibratissimo Giardiniere dei vecchi tempi. Poi mi è capitato di leggere diversi altri tuoi messaggi, tutti ottimi, e quindi mi spiace per le parole un po’ brusche dell’altra volta.. Sorry!
Condivido… ultimamente tutte le discese si sono risolte in uno spike. Il ’98, il 2001... Nel 2002 la ripresa è stata un po’ più graduale, ma comunque non c’è stata una vera e propria lateralizzazione “di fondo”, quella che secondo le regole servirebbe al mercato per smaltire gli eccessi della discesa. Va a finire che stavolta che nessuno se l’aspetta, verranno davvero i 5-10 anni di trading range di cui parla Robert Shiller…
x Luke 412
Grazie. Eh sì, non ci sono regole fisse. Il rialzo è finito senza folle e senza follie, e anche il ribasso potrebbe finire senza il classico affondo finale.
Per i dividendi probabilmente hai ragione, da un punto di vista tecnico. Ma la passionaccia per il cedolone, la frenesia di “papparsi il megadividendo” sono cose tipiche del fol, non del buon padre di famiglia o della classica professoressa in pensione che puntano sì al dividendo ma in un contesto stabile, “safe”. Finché non ci sarà un consolidamento significativo nessun dividendo potrà fare concorrenza ai Bot presso il gran pubblico. Gli scalmanati del fol sono un’altra cosa, ma numericamente non contano.
x attuttogasfin
Grande Gasssss! L’idromanzia… ma dove le peschi? Mi sa che nei sotterranei del tuo castello c’è uno stanzone pieno di vecchi libri di magia coperti di ragnatele… Il massimo rimane quella “manzia” lì… non ricordo la parola… quel metodo di previsione basato sugli specchi rotti, o qualcosa del genere… Comunque stavolta hai centrato il minimo, bravo!
Bacioni anche a te, biondone (sulla guancia, eh!)