leverage delle principali banche europee

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Dalla newsletter "la voce", un articolo sulle conseguenze per le banche europee della situazione USA.

LA MADRE DI TUTTI I SALVATAGGI
di Daniel Gros e Stefano Micossi 23.09.2008
Il sistema finanziario statunitense è stato nazionalizzato e la Fed ha perso la sua indipendenza. E in Europa? Il caso Aig ha messo in evidenza l'interconnessione tra il mercato finanziario statunitense ed europeo, oltre a un colossale aggiramento dei vincoli sui requisiti di capitale. Ora, le maggiori banche europee sono diventate troppo grandi per fallire, ma anche troppo grandi per essere salvate. Dovrà farsene carico la Bce. I regolatori europei sono seduti su una bomba a orologeria e farebbero bene ad attrezzarsi per affrontare scenari peggiori.

Il sistema finanziario statunitense è stato nazionalizzato. L’approccio dei salvataggi ad hoc, culminato con quello di Aig - solo due settimane dopo Fannie e Freddie, i due maggiori sottoscrittori di mutui immobiliari - chiaramente non stava funzionando. Tra l’altro, è assai probabile che anche alcune banche regionali di media dimensione, fortemente esposte sul mercato immobiliare (anche con asset meno “tossici” dei mutui subprime), avranno presto bisogno di essere salvate. Per questo tutto il sistema politico americano sta lavorando freneticamente per una soluzione generale il cui elemento centrale è già noto: il governo comprerà, a prezzi ancora da stabilire, 700 miliardi dei cosiddetti “toxic assets” presenti nei bilanci degli intermediari finanziari. Il nodo ancora da sciogliere è quale sia il prezzo che il governo intende pagare: se il governo comprasse questi asset a prezzi alti si dovrebbe accollare esso stesso le perdite che risulteranno dalla differenza con il loro valore di mercato. Se invece il governo pagasse un effettivo prezzo di mercato (ovvero più basso) le banche andrebbero in perdita e dovrebbero essere quindi ricapitalizzate, probabilmente dallo stesso governo statunitense. Alla fine è pertanto probabile che il governo americano si trovi presto a possedere, in una maniera o in un'altra, gran parte del proprio sistema bancario. Ad ogni modo, se lo schema di sostegno sarà sufficientemente generoso, i mercati si dovrebbero calmare.
È significativo che i primi istituti a essere formalmente nazionalizzati durante la crisi non siano state banche tradizionali, ma istituti (Fannie e Freddie, Aig) che avrebbero dovuto svolgere solo un ruolo sussidiario nel sistema finanziario.

L’OPERAZIONE AIG

Formalmente, l’operazione di salvataggio di Aig è composta da due elementi separati:

· La Federal Reserve di New York è stata autorizzata a concedere un prestito di 85 miliardi di dollari ad Aig;

· Il Tesoro americano ha assunto il controllo di Aig, ricevendo l’80 per cento del capitale della società e nominando un nuovo management.

La Federal Reserve sta pertanto finanziando il governo americano. Le severe condizioni di credito imposte ad Aig per il finanziamento (8,5 punti percentuali sopra il Libor) sono solo fumo negli occhi, perché il pagamento degli interessi si traduce di fatto in un pagamento dalla tasca destra alla tasca sinistra del governo.

L’INDIPENDENZA DELLA FED

Contemporaneamente, il bilancio della Federal Reserve ha dovuto assorbire massicce quantità di asset di dubbio valore, cosicché la stessa Fed potrebbe risultare insolvente; di qui la decisione di ricapitalizzarla, con una linea di credito illimitata del Tesoro. Ciò significa che la banca centrale americana ora dipende finanziariamente dal governo, e quindi ha perso la sua indipendenza.
Che il compito di mantenere la stabilità dei prezzi dovesse essere affidato a banche centrali indipendenti è stato a lungo considerato una pietra miliare della moderna politica macroeconomica orientata alla stabilità. Ma ora la più importante tra le banche centrali, quella americana, è finita nelle mani del governo. Con ogni probabilità, il forte aumento del debito del governo americano sarà anche accompagnato da un maggiore ricorso al finanziamento monetario del deficit. Quanto tempo passerà prima che l’Europa sia obbligata a seguire la stessa strada?

INTEGRAZIONE DEI MERCATI FINANZIARI GLOBALI

Il contagio a livello globale si manifesta sia verso l’alto che verso il basso. Il quasi fallimento di Aig, seguito dal più grande salvataggio finanziario mai effettuato, ha anche messo a nudo la complessità delle interconnessioni tra i mercati finanziari globali. La teoria ci insegna che lo scopo principale della globalizzazione finanziaria sarebbe il risk-sharing. In pratica, le istituzioni finanziarie europee (e non solo europee, ma anche asiatiche) possedevano larghe quote degli asset sui mutui ipotecari statunitensi e, pertanto, hanno condiviso le perdite che sono emerse quando il mercato immobiliare americano è andato in crisi. Il sistema bancario statunitense sarebbe ora in una situazione ancor più grave se le perdite dei titoli subprime americani fossero state concentrate tutte negli Stati Uniti.

E L’IMPATTO SUI REQUISITI DI CAPITALE

Il caso Aig ha messo in evidenza anche un altro tipo di interconnessione tra il mercato finanziario statunitense ed europeo, ovvero un colossale aggiramento dei vincoli sui requisiti di capitale. Dall’allegato K-10 del suo ultimo rapporto annuale, si scopre infatti che Aig aveva venduto alle banche europee contratti di assicurazione sul rischio di default sui propri crediti alla clientela per più di 300 miliardi di dollari. La relazione al bilancio specifica che lo scopo di questa copertura era precisamente quello di ridurre i requisiti di capitale imposti alle banche europee. Pertanto, un’eventuale insolvenza di Aig avrebbe lasciato le banche europee senza il capitale necessario a far fronte agli impegni, con probabili effetti devastanti sul loro rating e la fiducia nei mercati.
Ciò spiega anche perché l’approfondirsi della crisi di Aig ha colpito anche i valori di borsa dei titoli bancari europei. Di fatto, con il suo intervento, il Tesoro americano ha salvato anche il sistema bancario europeo. Tuttavia, nel caso di liquidazione di Aig, le banche europee dovranno in tutta fretta irrobustire il proprio capitale per somme considerevoli.
La misura dell’arbitraggio regolamentare reso possibile dai contratti di assicurazione di Aig, e probabilmente molti altri, può essere calcolata come lo scarto tra il grado di leverage complessivo delle banche coinvolte e il capitale di vigilanza in rapporto agli attivi. Le dodici più grandi banche europee presentano in media leverage complessivi (patrimonio sociale su asset totali) pari a 35, contro un livello di circa 20 delle grandi banche americane; tuttavia il leverage misurato dagli istituti di vigilanza è solo intorno al 10. La differenza tra leverage complessivo e quello calcolato secondo la regolamentazione di vigilanza si spiega, da un lato, con il fatto che le importanti operazioni da banca d’investimento degli istituti europei non sono soggette a nessun requisito di capitale, e dall’altro come conseguenza delle operazioni di assicurazione effettuate da società tipo Aig.

GLI SPILLOVER POSITIVI

Le banche europee beneficeranno della grande nazionalizzazione del sistema finanziario statunitense ora in corso. I grandi gruppi bancari europei hanno tutti importanti attività negli Usa e possono pertanto usufruire dei 700 miliardi che il governo impiegherà per comprare le attività basate sui mutui che risultano per il momento illiquidi.
La stabilizzazione dei prezzi dei “toxic assets” avrà un effetto positivo per tutti gli investitori che li hanno comprati. Ma non è chiaro quante di queste attività rimangono nei bilanci delle banche europee, né quanto volatili si riveleranno le fonti di raccolta di fondi per finanziarli se la fiducia non verrà presto ristabilita. Intanto, anche la Bce ha dovuto sovraccaricarsi di attività di dubbia qualità per importi enormi.

TROPPO GRANDE PER FALLIRE E TROPPO GRANDE DA SALVARE?

Il problema principale da questo lato dell’Atlantico è che le maggiori banche europee sono diventate non solo troppo grandi per fallire, ma anche troppo grandi per essere salvate (vedi tabella). Ad esempio, le passività totali della Deutsche Bank (che presenta un grado di leverage oltre 50!) ammontano a circa 2.000 miliardi di euro, più di quelle di Fannie Mae, pari a oltre l’80 per cento del Pil tedesco. Un numero semplicemente troppo grande perché la Bundesbank, o anche il governo tedesco, possa intervenire a salvarla, considerando anche che il bilancio della Germania è legato alle regole del Patto europeo di stabilità e crescita e che il governo tedesco, diversamente dal Tesoro americano, non può ordinare alla sua banca centrale di creare più moneta.
Allo stesso modo, le passività totali della Barclays ammontano a circa 1.300 miliardi di sterline (con un leverage oltre 60!), un ammontare superiore al Pil britannico. Fortis Bank, di recente apparsa spesso sui quotidiani, ha un leverage pari a “solo” 33, ma le sue passività sono molto più elevate del Pil del suo paese di origine, il Belgio.
Dunque, i regolatori europei sono seduti su una bomba a orologeria. Non possono più contentarsi di discutere blande “road map” di convergenza regolamentare, ma farebbero bene ad attrezzarsi per affrontare scenari peggiori.

LA BCE DEVE FARSENE CARICO

Dato che le soluzioni per le maggiori istituzioni non possono più essere trovate a livello nazionale, è evidente che la Bce dovrà farsene carico, essendo l’unica istituzione dell’area euro in grado di emettere importi illimitati di moneta in euro. Le autorità del Regno Unito e della Svizzera, che non possono contare sulla Bce, possono solamente pregare affinché nessun incidente accada ai giganti che hanno nel proprio giardino.

Tabella: Il grado di leverage delle grandi banche europee

Leverage (assets totali/capitale)
30-giu-08
2007

UBS 46.9
63.9

ING Group 48.8
35.3

HSBC Holding 20.1
18.4

Barclays Bank 61.3
52.7

BBV Argentaria 20.1
18.6

Deutsche Bank
52.5

Fortis 33.3
26.4

KBC 24.4
20.5

Lloyd's TSB 34.1
31.0

RBS 18.8
21.8

Credit Agricole 40.5
34.8

BNP Paribas 36.1
31.5

Credit Suisse 33.4
31.5


Fonte: ns. stime su dati del FT.com
 
ing group

quindi se ho capito bene ing group non sarebbe messa bene, anche se continua a macinare utili, con svalutazioni contenute, senza al momento iniezioni di liquidita'. Grazie per una tua risposta
 
Beh, il leverage e solo un parametro, non significa tutto. E ing per esempio sta meglio di UBS, anche se meno bene di HKSB.
 
Sí appunto, non è che gli asset si considererebbero zero, in caso di fallimento... Anzi, il fallimento esiste proprio per evitare che il crack di una banca porti a un disastro planetario. Immagina se tutti gli asset di Deutsche Bank valessero improvvisamente zero...
 
Scusate ragazzi ma, a questo punto, visto che sono capitato qui, mi piacerebbe cominciare a capirci qualcosa.

Ricavo da wikipedia questa definizione.
Per verificare che ci sia un corretto rapporto nell'AMBITO DELLE FONTI DI FINANZIAMENTO si ricorre al "calcolo del LEVERAGE":

LEVERAGE = (CAPITALE PROPRIO + CAPITALE DI TERZI) / CAPITALE PROPRIO = TOTALE FONTI DI FINANZIAMENTO / CAPITALE PROPRIO = 1 ÷ 2 (VALORE OTTIMALE)

- Se il LEVERAGE assume un valore = 1 significa che l'azienda non ha fatto ricorso a CAP. DI TERZI (non ha debiti);

- Se il LEVERAGE assume un valore 1 ÷ 2 significa che il CAP. PROPRIO è maggiore del CAP. DI TERZI e ciò conferma un corretto equilibrio nell'AMBITO DELLE FONTI DI FINANZIAMENTO;

- Se il LEVERAGE assume un valore > 2 significa che il CAP. DI TERZI è maggiore del CAP. PROPRIO e quindi l'azienda è SOTTOCAPITALIZZATA. Bisogna effettuare un processo di RICAPITALIZZAZIONE.

Dandola per buona due considerazioni da profano.

1) Come sono messe le banche italiane?

2) Se un medico, dovendo somministrare secondo indicazioni ad un paziente 1-2 mg di un determinato medicamento gliene prescrivesse invece 30-60, dovrebbe almeno giustificare le motivazioni di questa sua scelta non in linea con la dottrina. Analogamente come giustifcano gli economisti o presunti tali preposti al management di queste banche l'ampiezza di questi scostamenti?
 
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