Originalmente inviato da robomatto
Finanza
Safilo-Luxottica, l’eterno duello per la conquista dei brand del lusso
DOPO TANTI ANNI TRASCORSI A STRAPPARSI LE LICENZE, ORA PARADOSSALMENTE I DESTINI DEI DUE GRUPPI SI INCROCIANO ANCORA IN UNA NUOVA FASE, CON DEL VECCHIO CHE ROMPE I RAPPORTI CON L’AD GUERRA E CON PADOVA CHE VEDE MIGRARE ALTROVE ALCUNI DEI SUOI GIOIELLI
Sara Bennewitz
Lo leggo dopo
L a storia di Safilo è costellata da colpi scena, fortunati e un po’ meno, e legata a un destino incrociato con l’acerrima rivale Luxottica che invece pare protetta da una buona stella anche ora che l’astro di Andrea Guerra si è allontanato dal timone del colosso di occhiali. Fondata nel ‘34 da Guglielmo Tabacchi, Safilo è già grande negli anni Sessanta e alla scomparsa del suo fondatore nel ‘74, i tre figli Vittorio, Dino e Giuliano prendono in mano le redini del gruppo guidandolo verso lo sbarco in Piazza Affari nel 1987. Leonardo Del Vecchio, inizia a lavorare come terzista per Guglielmo Tabacchi ma recupera il divario iniziale velocemente, quando nel 1988 sigla il primo grande accordo di licenza con Giorgio Armani, e due anni dopo insieme allo stilista come socio di minoranza, sceglie di quotarsi direttamente a Wall Street. Nel 2000, quando Vittorio Tabacchi spinge per acquisire l’americana Ray Ban che è sull’orlo del fallimento, i due fratelli minori bocciano l’operazione e Del Vecchio soffia la preda alla Safilo. Il presidente di Luxottica è uno che si è fatto da solo, costruendo la società un passo alla volta, e sfrutta le divergenze fra i tre fratelli Tabacchi per crescere velocemente. Alla fine il primogenito Vittorio nel 2001 lancia un’Opa sulla Safilo da mille miliardi di vecchie lire, liquida i familiari ma è costretto a scaricare tutto il debito dell’acquisizione sull’azienda che dà lavoro a 9mila persone. E
così, mentre Luxottica compra le catene di negozi in Usa e Australia, Safilo deve ripianare le passività dell’Opa ma si toglie la soddisfazione di rubare la licenza di Armani a Del Vecchio. Nel 2005, il gruppo di occhiali torna in Borsa, e per tutta risposta due mesi dopo la quotazione Luxottica gli sfila la sua terza licenza Ralph Lauren, pagando in anticipo dieci anni di royalties. Chi conosce bene la famiglia Tabacchi, di loro dice che amano troppo il rischio e troppo spesso hanno chiesto aiuto alle banche. Il primo a capitolare è stato Vittorio, che nel 2009 ha dovuto vendere la Safilo, ma pur di salvare l’azienda ha richiamato l’amministratore delegato Roberto Vedovotto (che aveva allontanato dopo l’Ipo) accettando di diluirsi al 10% per far entrare il fondo olandese Hal. Nell’occasione, Giuliano e Dino non corrono in aiuto del fratello, e da fuori guardano l’azienda di famiglia migrare all’estero, al fondo olandese. Grazie alle risorse iniettate dai nuovi soci esteri, Safilo ripiana i debiti e compra Polaroid e mentre sembra destinata a risollevarsi, Luxottica nel 2012 si riprende la licenza di Armani. Morale: il gruppo di Padova resta sempre più legato a brand come Gucci e Dior, alcuni dei suoi gioielli sono migrati verso il gruppo di Agordo, che nel frattempo ha arricchito il suo portafoglio di marchi in proprietà (Oakley nel 2007 e Alain Mikli nel 2013). E ora paradossalmente i destini dei due gruppi si incrociano nuovamente: Luxottica ha appena rotto il rapporto che da dieci anni la legava a Guerra, manager che ha avuto il merito di spingere il gruppo verso nuovi mercati come la Cina e il Sudamerica, nonché virare verso marchi più giovani e sportivi come Oakley, piuttosto che puntare sul digitale (glasses.com) o siglare un accordo di esclusiva per gli occhiali di Google. Mentre Safilo subisce un duro colpo per mano di Roberto Vedovotto, ex ad del gruppo licenziato da Hal un anno fa, ora a capo della divisione eyewear di Kering (il colosso francese le cui licenze nel 2013 valevano il 22% del fatturato Safilo). Ma la parabola di Safilo potrebbe essere una lezione anche per Luxottica: il gruppo di Padova, che era più forte di quello di Agordo, ha iniziato a vacillare dopo il passaggio di testimone tra la prima e la seconda generazione, e un triumvirato ai vertici ha impedito a Safilo di prendere decisioni cruciali, come l’acquisto di Ray Ban, che con il senno di poi avrebbe cambiato il destino della società. Safilo vale un venticinquesimo di Luxottica ed è molto dipendente dal modello delle licenze, che inizia a scricchiolare: non a caso in Borsa tratta a 14 volte gli utili attesi per il 2014, la metà rispetto alle azioni del colosso di Agordo (28 volte il p/e). Luxottica è invece l’unico produttore di occhiali ad avere una rete distributiva globale e dove i ricavi da licenze rappresentano solo il 13% dei 7,3 miliardi di ricavi del gruppo. Ma la strada che ha appena intrapreso Leonardo Del Vecchio, di dividere le deleghe su due ammini-stratori tra cui il fondatore farà da arbitro, è stata giudicata dagli analisti un passo indietro sulla governance. Inoltre, ora che il presidente e fondatore sta per compiere 80 anni, gli investitori temono che una discontinuità ai vertici possa sommarsi a una frammentazione della proprietà, dato che Del Vecchio ha sei figli con tre compagne diverse, tra cui uno con l’attuale moglie. E in attesa che venga nominato l’altro ad che insieme a Enrico Cavatorta guiderà il gruppo, i giudizi su Luxottica sono neutrali o positivi, con target che oscillano dai 39 euro di Imi (hold) ai 49 euro di Mediobanca (outperform). A sinistra, un passaggio nella produzione di occhiali in una fabbrica della Safilo Fondata da Guglielmo Tabacchi nel 1934, Safilo è già grande negli anni Sessanta Qui sopra, l’andamento del titolo Safilo in Piazza degli Affari nel corso degli ultimi 365 giorni
(08 settembre 2014)