Quanto dura la crisi? (dal 09/10/2009)

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Penn Treaty, ci vorrebbe un miliardo di dollari per evitare il default

da valori.it
- 09/10/2009

La società è «molto più insolvente di quanto immaginato originariamente»...

Penn Treaty Network American Insurance Co., la compagnia statunitense che sta per andare incontro al più grave fallimento nel settore assicurativo degli ultimi cinque anni, potrebbe avere bisogno, per salvarsi, di oltre un miliardo di dollari. Fondi addizionali che servirebbero per pagare i rimborsi previsti dalle polizze, hanno spiegato i regolatori degli Stati Uniti.

La società, infatti, è «molto più insolvente di quanto immaginato originariamente», ha spiegato l’ufficio del commissario per le assicurazioni della Pennsylvania, Joel Ario, in un documento con cui si è chiesta la liquidazione dell’azienda. Le sofferenze della compagnia sono state infatti sottostimate, e la grave crisi che ha colpito il comparto delle polizze vita ne ha peggiorato di giorno in giorno le condizioni.

Un eventuale clamoroso default, oltre ad andare ad aggiungersi ai molti fallimenti nel settore finanziario che hanno caratterizzato il mercato americano degli ultimi anni, costituirebbe un ulteriore problema sociale per l’amministrazione Obama. A rimanere improvvisamente senza un posto di lavoro sarebbero infatti circa 120 mila persone. Moltissimi clienti, inoltre, non potrebbero più contare sulle proprie coperture, comprese quelle per le spese mediche. I possessori di polizze della Penn Treaty hanno pagato per garantirsi un’assicurazione circa 249 milioni di dollari in premi annuali. Mentre, secondo i regolatori degli Usa, il gap tra gli asset in possesso dell’azienda e i futuri pagamenti per i sinistri sarebbe potenzialmente intorno agli 1,3 miliardi.
 
U.S. banks slow to absorb commercial property losses: report

link

(Reuters) – A U.S. Federal Reserve report found that banks in the country are slow to take losses on their commercial real estate loans that have been hit by slumping property values and rental payments, the Wall Street Journal said.

Citing a Sept 29 presentation made by Fed analyst K.C. Conway to banking regulators, the paper said the report's remarks suggested that regulators were preparing for a rerun of housing-related losses that plagued many banks after the residential property bubble burst.

Conway is a senior real estate analyst at the Federal Reserve Bank of Atlanta.

The Journal said a Fed official had confirmed the authenticity of the document, but added it did not represent the central bank's formal opinion.

Conway's report predicted that commercial real-estate losses would reach roughly 45 percent next year, the Journal said.

According to the paper, the report said that the most "toxic" loans on bank books were interest-only loans, which get no benefit from amortization, since it requires borrowers to repay interest but no principal.

The Journal said the report also stated that banks have been slow to absorb the losses on their loans, partly due to "capital preservation" concerns.

A spokesman for the Federal Reserve did not immediately reply to a Reuters email seeking comment that was sent outside regular U.S. business hours.

(Reporting by Biswarup Gooptu in Bangalore; Editing by Kim Coghill)
 
Penn Treaty, ci vorrebbe un miliardo di dollari per evitare il default

da valori.it
- 09/10/2009

La società è «molto più insolvente di quanto immaginato originariamente»...

Penn Treaty Network American Insurance Co., la compagnia statunitense che sta per andare incontro al più grave fallimento nel settore assicurativo degli ultimi cinque anni, potrebbe avere bisogno, per salvarsi, di oltre un miliardo di dollari. Fondi addizionali che servirebbero per pagare i rimborsi previsti dalle polizze, hanno spiegato i regolatori degli Stati Uniti.

La società, infatti, è «molto più insolvente di quanto immaginato originariamente», ha spiegato l’ufficio del commissario per le assicurazioni della Pennsylvania, Joel Ario, in un documento con cui si è chiesta la liquidazione dell’azienda. Le sofferenze della compagnia sono state infatti sottostimate, e la grave crisi che ha colpito il comparto delle polizze vita ne ha peggiorato di giorno in giorno le condizioni.

Un eventuale clamoroso default, oltre ad andare ad aggiungersi ai molti fallimenti nel settore finanziario che hanno caratterizzato il mercato americano degli ultimi anni, costituirebbe un ulteriore problema sociale per l’amministrazione Obama. A rimanere improvvisamente senza un posto di lavoro sarebbero infatti circa 120 mila persone. Moltissimi clienti, inoltre, non potrebbero più contare sulle proprie coperture, comprese quelle per le spese mediche. I possessori di polizze della Penn Treaty hanno pagato per garantirsi un’assicurazione circa 249 milioni di dollari in premi annuali. Mentre, secondo i regolatori degli Usa, il gap tra gli asset in possesso dell’azienda e i futuri pagamenti per i sinistri sarebbe potenzialmente intorno agli 1,3 miliardi.

1 miliardo di dollari è nulla, glieli farà si sicuro avere Bernanke nel giro di 2 ore.
Ormai qualunque possibilità di destabilizzazione della crescita viene disintegrata a vista, stanno sempre trovando accordi per evitare problemi, già con cit group si è visto, la ristrutturazione del debito di 10 giorni fa ha ridato sollievo e evitato il default, per ora.
Deve esserci uno shock perchè si inceppi il meccanismo che hanno creato e ci hanno messo tutti la faccia per troppo tempo questa volta, ho fatto male a non fidarmi del tutto dopo il ritracciamento di luglio e sono uscito a fine agosto :angry: , da allora ho solo il pac.
Penso che abbiano fatto uscire il mondo dalla crisi per questa volta, ma la direzione è una nuova bolla, come preventivato da report un anno fa nella puntata "di bolla in bolla" .
Ho di certo sbagliato a non avere fiducia nelle istituzioni, ma io sono fatto così, d'altronde ho cuore e testa a 5000 Km ad Est e sono rimasto a 30 anni fa.
 
1 miliardo di dollari è nulla, glieli farà si sicuro avere Bernanke nel giro di 2 ore.
Ormai qualunque possibilità di destabilizzazione della crescita viene disintegrata a vista, stanno sempre trovando accordi per evitare problemi, già con cit group si è visto, la ristrutturazione del debito di 10 giorni fa ha ridato sollievo e evitato il default, per ora.
Deve esserci uno shock perchè si inceppi il meccanismo che hanno creato e ci hanno messo tutti la faccia per troppo tempo questa volta, ho fatto male a non fidarmi del tutto dopo il ritracciamento di luglio e sono uscito a fine agosto :angry: , da allora ho solo il pac.
Penso che abbiano fatto uscire il mondo dalla crisi per questa volta, ma la direzione è una nuova bolla, come preventivato da report un anno fa nella puntata "di bolla in bolla" .
Ho di certo sbagliato a non avere fiducia nelle istituzioni, ma io sono fatto così, d'altronde ho cuore e testa a 5000 Km ad Est e sono rimasto a 30 anni fa.

Facile dirlo col senno di poi.

Hai adottato una scelta prudente, come quasi tutte le comuni persone di buon senso e non devi essere pentito di questo.

Adesso hai la serena liberta' di ripartire da dove ne hai voglia (un mancato guadagno non necessariamente e' una perdita, men che meno una tragedia); continua pero' ad essere vigile e prudente.
 
si ci sono molti che si sono messi short già da giugno, io no però è stata un'occasione persa: si, di mettere via un bel po' di soldi. Tutto per una situazione sul credito che secondo me hanno stabilizzato solo tramite garanzie di salvataggio in caso di forti perdite, cioè gli USA hanno detto: tranquilli ci pensa la fed per tutto quello che potrebbe succedere in futuro, cioè la fed stampa e noi prendiamo in prestito i soldi dalla fed e riempiamo i buchi.
Passo a "piggish mode" per questo, si sono comportati come maiali e come ricompensa per il pompaggio si prendono anche le onoreficenze. Questo modello di sviluppo è marcio dentro, creerà grossi problemi negli anni a venire.
 
LAVORO: CGIA, COMPLESSIVAMENTE 471 MILA POSTI IN FUMO

La crisi ha bruciato finora 179.000 posti di lavoro. E da qui alla fine, ne andranno in fumo altri 292.000. E' questa la stima della Cgia di Mestre secondo cui "l'uscita definitiva dalla crisi avverra', molto probabilmente, solo a partire dal 2011. Infatti, se quest'anno la crescita economica nel nostro paese segnera' un -5% circa, nel 2010 si dovrebbe attestare attorno al +0,7%. Solo a partire dal 2011 la previsione di crescita del Pil, presentata nelle settimane scorse dal Ministero dell'Economia, sara' del 2%. Incremento che si dovrebbe confermare anche nel 2012 e nel 2013". Pertanto, alla luce di queste previsioni, da qui alla fine dell'anno prossimo quanti posti di lavoro (ULA) perderemo? Ad abbozzare una risposta ci ha pensato la CGIA di Mestre. "Dalla meta' di quest'anno sino alla fine del 2010 - dichiara Giuseppe Bortolussi segretario della CGIA di Mestre - noi stimiamo che questa crisi economica ci fara' perdere altri 292.200 posti di lavoro portando il tasso di disoccupazione nel 2010 a toccare l'8,8%. Complessivamente alla fine del 2010 i senza lavoro saranno quasi 2.204.000. Dalla meta' del 2008, inizio della crisi, sino alla meta' di quest'anno ne abbiamo gia' persi 179.000. Pertanto, ipotizziamo che i senza lavoro, vittime di questa crisi epocale, dovrebbero attestarsi, alla fine di questo ciclo economico, sulle 471.200 unita'". Dati sicuramente preoccupanti, sottolinea la CGIA, ma meno drammatici di quelli registrati in Spagna, in Francia e in Germania. Infatti, secondo le previsioni della Commissione Europea mentre l'Italia registrera' una disoccupazione media nel 2009 dell'8,5%, il tasso di disoccupazione della Spagna tocchera' quest'anno il 17,3%, quello della Francia il 9,6% e quello della Germania l'8,6%.

:eek::eek::eek:
 
E se la ripresa delle Borse fosse forte come in passato?

Crescendo in settimana del 4%, a un passo dai massimi del mese scorso, le Borse sembrano convinte che la prossima ripresa economica sarà rapida e forte come quelle che sono seguite alle recessioni degli ultimi 30 anni. Sette giorni fa su queste pagine s'era scritto che questa volta potrebbe essere diverso. Che un'economia gravata dai debiti delle famiglie e dello stato e tenuta in piedi con la flebo dei soldi pubblici, non potrà crescere ai ritmi visti in passato. E con l'intero sistema finanziario alle prese con la riduzione del debito, dovremo scordare gli allegri consumi visti nella seconda metà degli anni '90 e più ancora dopo il 2003. Chi scrive è piuttosto convinto di questa tesi. Ma si rende anche conto che il ritornello del «questa volta è diverso» lo s'è sentito tante volte in passato, prima che le cose ritornassero invece sostanzialmente come prima.
Nel 1991, nel pieno di quella recessione, la rivista «Fortune» aveva titolato in copertina: «La fine del grande consumismo». E «Time» nel giugno 2001, ai primi segni del riflusso seguito alla bolla dei tecnologici, aveva pronosticato una nuova era di «vita più semplice». In ogni momento, in cui un'incipiente crisi ha appannato il precedente splendore, s'è immaginata la fine delle vecchie abitudini e l'avvento di una diversa mentalità. E «Time» s'è ripetuta qualche mese fa con una copertina dedicata alla «Nuova frugalità». Ma dopo il '92, la gente ha continuato a consumare come prima o ancora più di prima. E dopo il 2003 la corsa ai consumi ha proseguito come mai s'era visto in precedenza, favorita dal facile ricorso al debito. E per quanto uno studio pubblicato sul «The New Yorker» abbia spiegato che gli americani hanno speso più nei servizi (sanitari, scolastici) che nei beni di consumo e soprattutto più nell'acquisto di una abitazione, resta il fatto che tra il 2003 e il 2007 c'è stata un'esplosione del credito al consumo delle famiglie che non volevano privarsi anche di una nuova automobile o di arredi sempre più costosi.
Questa volta, però, potrebbe essere diverso davvero, perché il livello dell'indebitamento non è mai stato così elevato in termini assoluti e relativi. Se la ripresa dovesse pertanto rivelarsi più lenta delle altre, lo capiremo solo il prossimo anno e in quello successivo. È quanto sostiene Richard Fisher della Fed, secondo il quale «il vero dilemma è cosa succederà nel 2010 e 2011». Fisher è moderatamente ottimista, ma si domanda cosa accadrà il prossimo anno, «quando non ci saranno più le protesi del governo» per l'acquisto di auto, elettrodomestici, case o semplicemente per sostenere il credito, come sta facendo la Fed: nella sostanza l'unico compratore delle cartolarizzazioni sui mutui casa.

Tutto come prima?
O forse anche questa volta sarà come è stato negli ultimi 30 anni e la gente tornerà a spendere come prima, le banche faranno quello che hanno fatto fino al 2007 e ritornerà un turbinio di fusioni e acquisizioni: come un segnale s'è visto la scorsa settimana negli Usa, quando in un sol giorno sono state annunciate operazioni per 14 miliardi di $. E la Borsa, ovviamente, tornerà a volare come tra il 2003 e il 2007. Perché, come si comprende dal bellissimo libro di Carmen Reinhart e Ken Rogoff (This Time is Different: Eight Centuries of Financial Folly), niente è mai così differente. Ma per rivedere i tempi di due anni fa, occorre che si torni ad oliare gli ingranaggi del credito facile: che le banche inondino di denaro il sistema finanziario (come in parte già stanno facendo con i soldi prestati a tassi zero dalle banche centrali), che le famiglie riprendano a indebitarsi e consumare e che risorga il mercato immobiliare.
Per quanto nessuno sia in grado di capire fino a che punto possa arrivare il grado d'indebitamento di un'istituzione o di un cittadino, è anche piuttosto probabile che su questa strada s'incontrerà prima o poi un'altra bolla speculativa. Con qualche correzione, il sistema finanziario e politico, specie quello americano, sembra adesso incline a far ritornare le cose al recente passato. Ne va della ripresa economica (a "V", come immagina sempre più gente) e del benessere dei cittadini. Ma con gli stati usciti da questa crisi indebitati come mai negli ultimi 60 anni, la prossima bolla e la conseguente recessione saranno peggiori di quelle che ci sono recentemente capitate.
Se i 57 economisti sondati da Bloomberg non sono molto ottimisti sull'andamento della disoccupazione e sulla crescita dei consumi, così come per gli stessi motivi sono piuttosto preoccupati sul tenore della ripresa i 48 intervistati dal WSJ; e se Nouriel Roubini continua a vedere problemi (ma lo scenario che dipinge non sembra alla fine così diverso da quello abbozzato dai dubbi del citato Richard Fisher); parecchi broker di Wall Street stanno già cavalcando la tesi del recupero a "V" e di una borsa avviata a scalare nuove vette nei prossimi due anni. Merrill Lynch ha enunciato i suoi «5 motivi per essere ottimisti», spiegando che il rimbalzo (60%) dell'S&P ha ancora tanta strada da fare, che gli investitori sarebbero ancora troppo pessimisti, che il quadro macroeconomico è assai favorevole, che gli utili aziendali miglioreranno sensibilmente e che, dunque, il mercato è attraente e non troppo caro, come vanno dicendo gli scettici.
Sull'onda di analoghi ragionamenti, Wall Street ha guadagnato il 4,5% in settimana (+4,5% anche il Nasdaq) e lo Stoxx il 3,7% (+4,9% Milano, +4,1% Parigi, +4,5% Francoforte, +3,5% Londra).
 
ma si l'economia è tutto un ciclo, tra 2 anni sarà molto meglio.

anche se la disoccupazione sarà alta, alcune categorie scompariranno o si ridimensioneranno (notai, avvocati, ag. immobiliari..) , negozi che chiudono e più centri commerciali .

poi ci saranno nuove scoperte, nuove tecnologie, nuovi mezzi di trasporto ecc...e via tutti a consumare e ad indebitarsi...

sono ottimista ma realista alla fine dai.
 
resta il fatto che tra il 2003 e il 2007 c'è stata un'esplosione del credito al consumo delle famiglie che non volevano privarsi anche di una nuova automobile o di arredi sempre più costosi.

La società è spinta al consumo perenne, se smettessero tutti di consumare e di aggiornarsi alle novità commerciali, il sistema economico si fermerebbe. Anzi dal 2001 in poi il credito al consumo è esploso proprio grazie al consumismo che ormai comanda da 15 anni, ma che non trovava più riscontro nelle disponibilità economiche di una buona fetta della popolazione: proprio la diminuzione di risorse economiche dei salariati e il raddoppio del costo della vita, continuamente negato dall'istat ha consapevolmente fatto indebitare chiunque non volesse rinunciare all'acquisto di ciò che a mente lucida è superfluo. Scommettiamo che la fetta di questa popolazione con richiesta di questo tipo di credito si ingrandirà anche nei prossimi 2 anni in questo paese, a fronte però di una diminuzione del credito nei paesi anglosassoni ?
Noi eravamo indietro, loro erano troppo spinti, si deve trovare equilibrio.

Questa volta, però, potrebbe essere diverso davvero, perché il livello dell'indebitamento non è mai stato così elevato in termini assoluti e relativi. Se la ripresa dovesse pertanto rivelarsi più lenta delle altre, lo capiremo solo il prossimo anno e in quello successivo. È quanto sostiene Richard Fisher della Fed, secondo il quale «il vero dilemma è cosa succederà nel 2010 e 2011». Fisher è moderatamente ottimista, ma si domanda cosa accadrà il prossimo anno, «quando non ci saranno più le protesi del governo» per l'acquisto di auto, elettrodomestici, case o semplicemente per sostenere il credito, come sta facendo la Fed: nella sostanza l'unico compratore delle cartolarizzazioni sui mutui casa.

le autorità devono sempre infondere ottimismo se vogliono che ci sia ripresa. Quando erano pessimiste era perchè chi comanda sul serio aveva ordinato pessimismo ( vedi a inizio marzo , poi chi ha guadagnato da allora ? ). Per quello che riguarda la situazione macroeconomica, il grande travaso delle perdite sul credito dal privato al pubblico è riuscito , il vincolo con questa via è solo il debito pubblico USA, alzeranno le tasse e aumenteranno i tassi sui treasuries per invogliare l'acquisto. Stimoleranno l'economia anche in futuro: la cosa che mi lascia perplesso è che da 6 mesi la Toyota ha detto che il 2010 sarà anno orribile per il settore auto, ora si è aggiunta anche volkswagen, e fiat lo ha lasciato intendere. Per me il 2010 sarà davvero un'incognita, cesseranno queste grandi campagne di stimolo e poi ?
Ormai anche il settore dei financials sembra stabilizzato eppure proprio il biennio 2010-2011 prevedeva altre tensioni , non capisco davvero.
 
Avvocati e medici sentono la crisi Vogliono la cassa integrazione

da liberonews
Nino Sunseri
11/10/09

Anche gli studi professionali sentono la crisi. Anche loro vogliono gli ammortizzatori sociali: più cassa integrazione oltre quella che hanno già ottenuto, il bonus occupazione, incentivi agli investimenti e, non ultimo, il diritto d’accesso alla moratoria bancaria visto che le parcelle vengono pagate con ritardi ormai mostruosi mentre le spese, a cominciare dagli stipendi dei collaboratori, hanno scadenze mensili. Notai, avvocati, medici, ingegneri: il variegato mondo dei liberi professionisti chiede aiuto al governo.

«La flessione dell’industria ha determinato, nei primi sei mesi, un calo del 30% del giro d’affari con punte maggiori per ingegneri e architetti che hanno risentito della caduta del mattone». A lanciare l’allarme Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, il sindacato dei liberi professionisti. L’unico del settore riconosciuto al ministero del Welfare e quindi autorizzato a partecipare ai tavoli negoziali.

Il blocco raggruppa sedici categorie: dagli avvocati ai notai; dai medici, ai consulenti del lavoro; dai commercialisti ai dentisti, gli psicologi, i veterinari. Un universo frantumato in piccole e piccolissime realtà. Cuore pulsante del popolo delle partite Iva: un milione e mezzo di professionisti che salgono a quattro milioni tenendo conto del personale di studio. Il 12,5% del Pil.

Proprio per far sentire la propria voce Confprofessioni ha tenuto ieri e venerdì, a Sirmione , sulle rive del Garda, la sua prima conferenza nazionale. Quaranta delegati provenienti da quattordici regioni. Presenti, fra gli altri Francesco Giacomin, ex direttore generale di Confartigianato e attuale consigliere di Unicredit, insieme a Michele Tiraboschi, consulente assai ascoltato del ministro Sacconi.

Le cifre della crisi sono pesanti: trecentomila posti a rischio, il 15% del giro d’affari andato in fumo. «I più colpiti sono gli ingegneri e gli architetti per via della debolezza del mercato immobiliare -dice Stella- Ma non stanno benissimo nemmeno i notai: sono crollate le compravendite, i mutui, la costituzione di società».

In discesa le professioni economiche (commercialisti, ragionieri, consulenti del lavoro) perchè le aziende hanno tagliato le consulenze. Guadagni in diminuzione per i dentisti: «I pazienti se non hanno urgenza rimandano l’intervento a tempi migliori».

Nel frullatore sono finite le griffe: come l’architetto Norman Foster e gli studi legali come Bonelli, Erede e Pappalardo. Non certo i titolari che continuano a contabilizzare redditi a sei zeri. Ma per i dipendenti non sono tutte rose. I ragazzi faticano a inserirsi.

«C’è un equivoco di fondo nella politica italiana che impedisce alle professioni intellettuali di affermarsi come forza propulsiva del Paese -aggiunge Gaetano Stella- Restiamo un corpo estraneo all’economia nazionale».

Tutta l’attenzione infatti resta concentrata sull’industria. Tutti gli interventi del governo sono tagliati sulle esigenze di Confindustria. Il modello contrattuale è quello che va bene alla Marcegaglia. «Ma ormai il settore dei servizi è prevalente nel panorama economico italiano. Siamo un’economia di servizi ma il riferimento resta l’industria» aggiunge Stella. Ecco perché la conferenza di Sirmione ha chiesto un incontro a Sacconi per immettere altre dosi di flessibilità nel sistema.

«E’ un vizio he ha radici antiche e si innesta direttamente sul modello di sviluppo del dopoguerra -osserva il presidente di Confprofessioni-. Né l’evoluzione del sistema verso le imprese di servizi è riuscito a modificare i rapporti di forza tra industria e professioni. La politica, ovviamente, segue il più forte».
 
Caos per la registrazione dei crediti Gm

Il default pilotato di General Motors sta diventando un rompicapo per gli obbligazionisti italiani. A differenza della procedura per il Chapter11 di Lehman, le banche italiane hanno deciso di disinteressarsi delle sorti dei rimborsi - forse perchè non sono a loro volta esposte con la casa di Detroit o forse perchè la quantità dei bond emessi in Europa è di dimensioni inferiori - per cui regna l'incertezza su cosa fare, e soprattutto sulla necessità o meno di registrare il proprio credito entro la "bar date" fissata dal tribunale di New York per il 30 novembre. Le decine e decine di mail giunte al Sole 24 Ore testimoniano che i risparmiatori italiani in possesso di quei titoli sono numerosi. Ma anche che esiste un equivoco di fondo, o meglio un enigma, che va chiarito. Alcuni lettori, in particolare intermediari finanziari, hanno scritto al giornale sostenendo che per gli obbligazionisti non è necessario registrare il credito poichè a questo penseranno gli indenture trustee (cioè i rappresentanti degli obbligazionisti) di ogni singola categoria di emissioni. Questo discorso, però, purtroppo vale soltanto per le emissioni fatte negli Stati Uniti e in dollari, seppure poi alcune di queste sono state comunque rivendute in Europa. E questo perchè la legge americana prevede l'obbligo della presenza dell'indenture trustee per le emissioni obbligazionarie. Il discorso cambia se l'emissioni viene fatta attraverso una società veicolo o un fiscal agent domiciliato in Europa: un caso del tutto analogo si è verificato con Lehman Brothers, in particolare per le obbligazioni veicolate dalla filiale olandese e che in gran parte sono state vendute in Italia.

Ci sono alcune emissioni General Motors che ricadono in questa categoria: hanno il codice Isin Xs (in particolare XS0171942757, XS0171943649, XS0171922643, XS0171908063) la valuta in euro e sterline, per un controvalore complessivo di oltre 3 miliardi di euro. Queste emissioni non presentano un indenture trustee, bensì un "fiscal and paying agent" che agisce per conto dell'emittente. Il giudice americano, nell'ambito dell'ordine di bar date, ha allargato un po' le maglie della normativa consentendo anche al fiscal agent - oltre che all'indenture trustee - di poter disporre la registrazione dei crediti per conto degli obbligazioni.

Le emissioni elencate hanno come fiscal agent Deutsche Bank. «Abbiamo contattato i rappresentanti di Deutsche bank Ag London - spiegano Raffaele Romano e Angelo D'Alessandro dello studio Sge (www.dalessandroepartners.com), attivo assieme allo studio di Pietro Mennea sui casi Lehman e General Motors - Ma lo scorso 24 settembre ci hanno risposto che la banca è agente dell'emittente, che dunque non ha alcun rapporto di agenzia o di trust nei confronti di obbligazionisti o azionisti e che comunque non intende registrare crediti per conto terzi». A suffragio della risposta, la banca ha allegato un avviso diffuso lo scorso 2 giugno in cui si richiama la condizione 9 del documento dei termini e delle condizioni dell'emissione obbligazionaria, in cui si ribadisce che il fiscal agent agisce solo per conto dell'emittente.

Di fronte a tali affermazioni è difficile immaginare che qualcuno, al di là dei singoli individui titolari dei bond, si occuperà dell'insinuazione al passivo delle emissioni con Isin XS. E, in ogni caso, nel dubbio è meglio registrarsi per evitare di perdere il diritto al rimborso. Per farlo si può tentare di chiedere l'assistenza della propria banca, la quale deve fornire la documentazione da allegare alla richiesta di registrazione, ovvero l'ordine di acquisto, il contratto, il certificato di possesso, l'attestazione del deposito titoli presso la banca, l'attestato del deposito presso il depositario di ultima istanza (Euroclear o Clearstream), il prospetto del bond. La documentazione, inclusa la domanda, deve essere in lingua inglese. Il modulo si può scaricare sul sito www.motorsliquidationdocket.com, alla voce bar date materials - proof of claim. Il documento può essere anche corretto o compilato a penna.
 
Crisi e cig: spesa alimentare -10%

Milano, 14 ott. (Apcom) - La crisi e la diffusione della cassa integrazione hanno modificato le abitudini di acquisto delle famiglie italiane, riducendo di circa 50 euro al mese, vale a dire circa il 10% in meno, la cifra destinata alla spesa alimentare. E' quanto emerge da una stima dell'Ufficio Studi della Camera di commercio di Monza e Brianza su dati Istat, Archivio Asia - Istat, Inps, ricerca "Le abitudini d'acquisto", realizzata dalla Camera di Commercio di Monza e Brianza con il coordinamento scientifico di Ref-Ricerche per l'economia e la finanza. Coloro che nell'ultimo anno con la crisi avevano già cambiato il luogo della spesa, preferendo discount e ipermercati, aumentano a causa della cassa integrazione, passando dal 21% al 28,4%. In particolare, le famiglie che cercano un risparmio consistente nei discount raggiungono il 17,6% (erano il 13%), quelle che passano agli ipermercati arrivano al 5,4% (erano il 4%). Crescono anche, si legge in una nota, coloro che scelgono di fare la spesa al mercato (dal 2% al 2,7%). A causa della cassa integrazione aumentano anche le famiglie che cambiano i prodotti scegliendo le promozioni e i generi di primo prezzo, passando dal 36% al 42,1%. Le famiglie che optano per le promozioni crescono dal 24% al 28,1%, mentre chi acquista prodotti di primo prezzo passa dal 12% al 14%. Il cambiamento delle abitudini di acquisto delle famiglie è più diffuso in Lombardia, Abruzzo e Piemonte, regioni in cui la cassa integrazione incide quasi il doppio della media italiana. Le riduzioni maggiori sul budget destinato alla spesa alimentare si registrano in Campania, Sicilia, Calabria e Puglia, regioni in cui l'incidenza della spesa alimentare sulla spesa media mensile delle famiglie è più elevata.
 
però chi si indigna ? solo quel povero scemo del tifoso .... :mad:
Se poi parte una forte inflazione stile introduzione dell'euro, al lidl mi trovo la coda anche alle 13:30 ? la benzina a 2 euro al litro ? il pane a 5 euro al Kg e il latte intero non di marca a 1 euro al litro ?
Qui in Italia i dipendenti erano già tirati nel 2007, mi immagino che faranno le cessioni del 5° anche per la spesa e il famigerato prestito vitalizio ipotecario prenderà piede .... i pensionati non ce la fanno.

A questo punto è finita la crisi delle borse e mi pare bloccata dalla speranza la discesa dei prezzi delle case, ma la crisi per i dipendenti a basso/medio reddito, e soprattutto per i precari e i pensionati continuerà per anni ancora. BRAVI !
 
non so gmp, ho un presentimento che si dovranno seguire quelli che ribassano perchè vogliono vendere davvero: ci sono case a quel prezzo da 7-8 mesi e restano invendute ma senza ribassi, altri nuovi annunci a prezzi ribassati, ma non quanto le migliori "occasioni".
Comunque spero davvero che non ci sia inflazione e che la situazione si evolva come pensi tu, anche se ho il forte dubbio che la crisi l'abbiano voluta far finire per forza mettendo le basi di una forte inflazione ( perchè non volevano cambiare le cose per non perdere potere ).
Per me i dipendenti si troveranno fregati e recupereranno il potere di acquisto perso con due anni di ritardo inseguendo l'aumento dei prezzi di alimentari energia e altri beni primari.
 
mi sa che anche tu confondi i media con la realta pero
 
no, seguo gli annunci su Milano, non mi interessano i media. Per le borse per ora parlano i fatti.
I giornali non dicono che se parte inflazione chi vive di stipendio è fregato, i media stanno spargendo ottimismo con gli elicotteri e svuotano i sacchi , c'era molta più attenzione alle difficoltà dei ceti più bassi nel 2007 e nel 2008. da marzo mi sa che hanno avuto altri ordini, al massimo mostrano come la cig sia sotto controllo e minimizzano sulla disoccupazione.
 
Ultima modifica:
appunto, minimizzano. e ricorda che chi era in borsa nel 2008 è ancora in perdita. sei in una fase pessimistica. capita a tutti è umano averne.
ricorda che qualunque cosa accada ti andra meglio che a quelli la cui unica fonte di informazione è la tv.
 
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