Credo sia ancora da chiarire bene il significato del termine "prelievo" da conto corrente in valuta. Secondo l'art. 67 TUIR il "prelievo" di valuta estera da conto corrente (o da deposito) in valuta estera è equiparato, per presunzione, alla "cessione onerosa" di valuta estera (cioè al cambio della valuta estera "prelevata"). Ma per "prelievo" si deve intendere qualsiasi movimento di valuta estera in uscita? Anche se la valuta estera viene prelevata per pagare una fattura? Anche se la valuta estera viene prelevata da un conto in valuta estera (ad es dollari) e viene bonificata su un altro e diverso conto in valuta estera (ad es. dollari) appartenente allo stesso soggetto? A me non sembrerebbe ragionevole.
Nella Circolare del 24/06/1998 n. 165 - Min. Finanze - Dip. Entrate Aff. Giuridici Serv. III è scritto (tra l'altro): "Con riferimento alle valute estere (lettera b) dell'elencazione che
precede), anch'esse, come gia' detto, previste nella nuova lettera c-ter), il legislatore ha inteso assoggettare a imposizione solo le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso delle valute di cui sia stata acquisita e mantenuta la disponibilita' per fini di mero investimento. Considerato tuttavia che sarebbe stato alquanto problematico accertare
di volta in volta quando la disponibilita' della valuta sia stata acquisita e mantenuta per finalita' d'investimento finanziario, il legislatore ha stabilito che tale finalita' deve ritenersi esistente per presunzione assoluta di legge in due diverse ipotesi e cioe' nelle ipotesi in cui la valuta sia stata ceduta a termine ovvero immessa su depositi o conti correnti. Alla cessione a titolo oneroso della valuta il legislatore ha equiparato anche il prelievo dal conto corrente o dal deposito. L'introduzione di tale equiparazione e' giustificata dalla considerazione che quando la valuta e' uscita dal conto corrente o dal deposito, non e' piu' possibile stabilire se e in che momento essa e' stata successivamente ceduta."
Alla luce di questa Circolare a me sembrerebbe ragionevole interpretare il termine "prelievo" di valuta estera nel senso di: a) "prelievo di contanti" (che non sono tracciabili e il cui cambio "a pronti" è esente da imponibilità, in caso di plusvalenza) e b) prelievo e contestuale cambio in euro. Se così fosse ... ogni altro "prelievo" dal conto corrente (per pagamento di fatture, per acquisto di beni, per bonifico di valuta estera su un diverso conto, per acquisto di titoli finanziari in valuta estera) non dovrebbe essere considerato "cessione onerosa" di valuta estera e non sarebbe imponibile, in caso di plusvalenza. Intendo dire: se uno preleva dal conto in valuta estera per acquistare un titolo in valuta estera, e poi vende questo titolo e versa il ricavato sul conto in valuta estera, della plusvalenza valutaria strettamente connessa alla operazione di acquisto e rivendita del titolo in valuta estera si occupa la banca (in regime amministrato), mentre non vi dovrebbe essere alcuna plusvalenza valutaria imponibile connessa al semplice "prelievo" dal conto e alla semplice "ri-immissione" sul conto della valuta estera legata all'acquisto e alla rivendita del titolo. Naturalmente, ove l'acquisto e rivendita del titolo avesse provocato una plusvalenza (ad esempio 1.000 dollari) essendo anche tale plusvalenza ri-immessa sul conto corrente in valuta estera, tale plusvalenza (1.000 dollari) entrando nel conto corrente ad una certa data (e ad un certo specifico cambio del dollaro), sarà da considerare come fosse un "immissione" di valuta fresca o nuova, e come tale se ne dovrà tener conto al momento della chiusura del conto corrente in valuta estera. Non so se sono riuscito a farmi capire.