"Liguria, fiumi e torrenti cementificati" ARTICOLO DEL 2000

  • Due nuove obbligazioni Societe Generale, in Euro e in Dollaro USA

    Societe Generale porta sul segmento Bond-X (EuroTLX) di Borsa Italiana due obbligazioni, una in EUR e una in USD, a tasso fisso decrescente con durata massima di 15 anni e possibilità di rimborso anticipato annuale a discrezione dell’Emittente.

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noche de ronda

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Rischio alluvioni altissimo: alterato il 90% dei corsi d’ acqua. Solo a Genova i primi lavori


Si lavora alla foce dello Sturla che, nell’ alluvione del ’ 92, fece due morti e miliardi di danni. Un parcheggio e un capannone di rimessaggio ostruivano un’ arcata del ponte sull’ Aurelia, riducendo di un terzo l’ alveo là dove il torrente incontra il mare e dove, quando arriva, l’ onda di piena dovrebbe poter avere il massimo sfogo. Resta da abbattere solo il terrapieno su cui poggiavano la spianata del parcheggio e le costruzioni, forse abusive, forse in regola con le leggi, perché l’ Italia è generosa nel legalizzare l’ illegalità, ma senza dubbio criminose. Si lavora di ruspa e di martelli pneumatici. Il rigagnolo d’ acqua inviterebbe a prendersela ancora calma, dopo un sonno del buon senso che è durato circa 8 anni da quella piena e 11 dal varo, nel 1989, della legge per la difesa del suolo. Ma Soverato insegna e, seppure tardivamente, insegna anche la memoria di questo Sturla che, quasi sempre micragnoso, d’ improvviso divenne ribollente di furia. Si fa qualcosa a Genova che, in un secolo, ha vissuto quasi 170 eventi alluvionali. Si fa qualcosa nella sua provincia. Nell’ Italia di Soverato (e sono infinite le potenziali Soverato), può essere confortante anche un solo cantiere di demolizione perché la vera difesa dalle alluvioni sta nel liberare i corsi d’ acqua dall’ assedio del cemento. Possono, nel pessimismo di quel che si tocca con mano, dare una speranza i piani stralcio di bacino, quegli studi sui pericoli idrogeologici e sugli interventi necessari che la legge dell’ 89 vanamente voleva globali e che solo il disastro di Sarno e il successivo decreto per porzioni di problemi hanno finalmente innescato almeno qui, nella provincia di Genova, la sola delle quattro liguri ad avere completato piani per i torrenti del Ponente, il Varenna e il Chiaravagna, e ad essere quasi al traguardo per quel che riguarda lo Sturla, il Bisagno, il San Pietro e il Lavagna. Il merito è di Paolo Tizzoni, assessore provinciale al Territorio. Glielo riconoscono gli ambientalisti che, pure, non sono mai teneri e che, come Stefano Lenzi, segretario regionale del Wwf, mettono a fuoco le contraddizioni di questo procedere per stralci, per fette di rischi. «Si interviene sui corsi d’ acqua», dice. «Certo è un problema macroscopico in Liguria che ha il 90% dei suoi fiumi, dei suoi torrenti funestamente violentato, a volte persino da palazzi, da condomini edificati negli alvei. Ma non basta intervenire sui corsi d’ acqua se non si attua una pianificazione globale che comprenda gli aspetti ambientali e di uso del suolo. Se no, succede che si cura l’ alveo del San Pietro e parallelamente si permette di continuare la cementificazione della collina, causa primaria del dissesto di quel fiumiciattolo. Se no, capita che si programmi di spendere 500 miliardi per uno scolmatore in grado di compensare le piene del Bisagno, per il rifacimento e l’ ampliamento del tratto coperto e, intanto, il Piano regolatore portuale prevede alla foce del fiume l’ intoppo di un porto turistico perché quello esistente più a ovest, il Duca degli Abruzzi, verrà interrato per ampliare il cantiere navale». Il «si fa» di Genova e provincia può offrire un briciolo di ottimismo al cronista che viaggia nell’ Italia della spada di Damocle ambientale. Ma il «si fa» è ancora embrionale. Lo è sullo Sturla delle ruspe al ponte dell’ Aurelia, dei lavori non cementizi (gli ambientalisti, con un’ ostica parola, li definiscono di rinaturalizzazione) su un breve tratto dell’ argine di destra, dell’ abbattimento di una carrozzeria abusiva nel greto alla confluenza del rio Penego. Ma, qualche decina di metri risalendo dalla foce, incombe la strozzatura a gomito dell’ alveo sotto la copertura di viale Cembrano e a filo delle fondamenta di un grattacielo. «È un budello di 7 metri di larghezza, diventerà di 21», dice il verde Giorgio Grimaldi, «sta per iniziare la gara d’ appalto. Oggi, là sotto, la portata idrica è di circa 120 metri cubi, contro i 350 che costituiscono la soglia minima di sicurezza». Grimaldi è consigliere della Circoscrizione e deve vedersela con il centrodestra che, invece, vorrebbe prolungare il tunnel a monte e a valle «per ansia di parcheggi». Ancora qualche metro ed ecco l’ edificio a ponte e a piloni piantati nell’ alveo che ospita la facoltà di Farmacia e che, nel ’ 92, ha funzionato da tappo. L’ edificio deve essere abbattuto. «È pericoloso», decreta Pietro Maifredi, docente di idrogeologia dell’ Università di Genova. La Facoltà è destinata a sloggiare. Il preside Gaetano Bignardi dice: «Non posso oppormi. Ma è un lavoro del cavolo. La colpa di tutto è quella strozzatura ad angolo. Del resto, il Ponente è pieno di palazzi, di ingombri di cemento dentro agli alvei, le aree golenali e di esondazione». Si va a Ponente, a Pegli. Nel settembre del ’ 93, è stata inondata dal torrente Varenna che, nel tratto più a monte, si è portato via nel fango due persone. In città, il corso d’ acqua è «occupato» da una piattaforma dell’ Enel. «Dovrebbe essere spostata», dice Antonio Scotto del Comitato difesa di Pegli e della val Varenna. «Stiamo aspettando da 7 anni che avvenga. Ma la causa più grossa dei nostri guai è nella valle che il piano stralcio di bacino dichiara per il 90% sotto rischio di frana e che continua ad essere vittima della voracità delle cave. Hanno immiserito il letto del Varenna buttandoci dentro materiali inutilizzabili che hanno formato vere e proprie colline. Hanno deviato il torrente per proteggersi. Due sono in esaurimento. Una, la Rocca dei Banditi, sembrava dovessero chiuderla. Invece, nel ’ 98 la Provincia ne ha autorizzato l’ ampliamento, proprio mentre stava per decretare quell’ apocalittica percentuale di rischio frane. Le cave usano anche dinamite. Alla faccia delle contraddizioni. Qui, la Provincia ha fatto poco: si è pettinata, invece che risuolarsi le scarpe». Qualche centinaio di metri più a Ponente, ecco il San Pietro che dalla collina scende dentro Prà e, alla foce, è sbarrato da un palazzo di sette piani su palafitte in cemento, sotto cui il torrente passa per entrare nello stretto canale del Porto di Voltri. La Prefettura di Genova, secondo il Wwf, avrebbe formalmente chiesto al Comune e alla Provincia di procedere all’ abbattimento. Sarebbe un provvido diktat perché non c’ è problema quando il torrente è un rigagnolo, uno sputo, ma può diventare infernale. Allora, non passa e uccide. È successo nel ’ 93 quando fu alimentato dalla pioggia, dall’ abbandono delle montagne che franano e dilavano, dal dissesto idrogeologico provocato dai casermoni edilizi sulla collina di San Pietro, le cosiddette «lavatrici» per i loro gradoni a oblò, una fra le più terribili, presuntuose e degradate vergogne dell’ architettura italiana. Giorgio Parodi, parroco di Prà da quasi tre decenni, dice: «Tante concause, anche quella dell’ incoscienza di chi scarica di tutto nell’ alveo, mobili vecchi, frigoriferi, materassi sfondati. Il disastro è cominciato a monte. Il torrente è attraversato dal terrapieno di un oleodotto della Snam e scorre in un tunnel che, per la verità, è stato ben calcolato come possibile portata d’ acqua. Ma non hanno previsto che la bocca d’ ingresso poteva, con la piena, essere ostruita dai rami, dalle piante sradicate. È capitato. L’ oleodotto ha fatto diga. Si è formato un lago, ha rotto e noi di Prà siamo andati sotto. Adesso, la Snam ha organizzato un servizio di pulizia degli argini, del greto. Anche la Provincia qualcosa ha messo in atto: muri di contenimento, demolizione di una fabbrica che si frapponeva al corso del fiume e il varo di quei piani stralcio che non permetteranno più di palleggiarsi le responsabilità». «Quando e se arriveranno i quattrini», afferma Pietro Maifredi, «i piani avranno anche una funzione di regia degli interventi. Ma di soldi ne occorrono molti perché il 20% della Liguria è inondabile o vulnerabile dal punto di vista idrogeologico. Adesso, il loro vero valore è conoscitivo. Diffonderanno la cultura del rischio ambientale. Quale sindaco potrà più firmare licenze per costruire nel letto dei fiumi o nelle aree di esondazione, magari in nome dei posti di lavoro e dell’ economia? Il San Pietro passa sotto un palazzone. Il Chiaravagna finisce dentro una casa. Sulla sponda sinistra del Deiva, alle Cinque Terre, nel Comune di Framura, c’ è un campeggio che, nel ricordo di Soverato, mette i brividi. Sono follie, cecità che la conoscenza e la responsabilizzazione diretta dei sindaci aiuteranno ad evitare». Luigi Passano è il sindaco di Framura. Non s’ irrigidisce nel tono della voce quando gli si parla di quel campeggio: «La preoccupazione esiste. Tanto che abbiamo affidato a esperti della materia una verifica sul coefficiente di pericolo. Non c’ è stato pollice verso. I proprietari, qualche anno fa, hanno realizzato lavori antierosione sugli argini che sono stati approvati dagli addetti. La mappa regionale rileva zone esondabili solo a monte e a valle rispetto al campeggio. Io, comunque, mi rimetterò al piano di bacino, sperando in un giudizio oggettivo». Il piano è in gestazione. Ma, per ora, è uno «studio propedeutico affidato a consulenti esterni che dovrà essere approfondito». Lo afferma Giotto Mancini, ingegnere della Provincia di La Spezia. Da qui, la sua cautela, la sua «perplessità» anche se «lo studio non ha inserito la zona del campeggio Val Deiva fra quelle esondabili». Quel campeggio è legale, sorge su un terreno privato, ha permessi e timbri. Che sia in regola non rassicura il buon senso di chi lo ha inquadrato nel tramonto sul vasto greto senz’ acqua del Deiva. Meglio un trasloco o, come dicono i tecnici, una «delocalizzazione», anche a costo di «oliarla» con un giusto, equo incentivo, perché gli sbagli si pagano e quella licenza è stata uno sbaglio. Guido Vergani (1 - continua) BRUTTAITALIA Gli abusi segnalati a Corriere e Wwf «Bruttaitalia», l’ iniziativa del Corriere e del Wwf, continua. Chi volesse può segnalare i casi di scempi ed abusi inviando una lettera (con foto) al Corriere, «Iniziativa Bruttaitalia», via Solferino 28, 20121 Milano, o per e-mail a bruttaitalia@rcs.it. Sul sito del Corriere è possibile vedere tutte le segnalazioni. www.corriere.it/speciali/ bruttaitalia.shtml SU «RADIOTRE» «I mostri», viaggio tra gli scempi «I mostri», un viaggio nell’ Italia degli scempi ambientali. È quello che Guido Vergani in collaborazione con il Corriere della Sera conduce su Radiotre, ogni domenica alle 7 e 15. Il programma è anche il frutto della collaborazione con Legambiente e Wwf. Il viaggio di Vergani attraverso l’ Italia denuncia vergogne architettoniche, abusi edilizi, dissesti ambientali.

Vergani GuidoRischio alluvioni altissimo: alterato il 90% dei corsi d' acqua. Solo a Genova i primi lavori

Liguria, fiumi e torrenti cementificati Rischio alluvioni altissimo: alterato il 90% dei corsi d' acqua. Solo a Genova i primi lavori GENOVA - Si lavora alla foce dello Sturla che, nell' alluvione del ' 92, fece due morti e miliardi di danni. Un parcheggio e un capannone di rimessaggio ostruivano un' arcata del ponte sull' Aurelia, riducendo di un terzo l' alveo là dove il torrente incontra il mare e dove, quando arriva, l' onda di piena dovrebbe poter avere il massimo sfogo. Resta da abbattere solo il terrapieno su cui poggiavano la spianata del parcheggio e le costruzioni, forse abusive, forse in regola con le leggi, perché l' Italia è generosa nel legalizzare l' illegalità, ma senza dubbio criminose. Si lavora di ruspa e di martelli pneumatici. Il rigagnolo d' acqua inviterebbe a prendersela ancora calma, dopo un sonno del buon senso che è durato circa 8 anni da quella piena e 11 dal varo, nel 1989, della legge per la difesa del suolo. Ma Soverato insegna e, seppure tardivamente, insegna anche la memoria di questo Sturla che, quasi sempre micragnoso, d' improvviso divenne ribollente di furia. Si fa qualcosa a Genova che, in un secolo, ha vissuto quasi 170 eventi alluvionali. Si fa qualcosa nella sua provincia. Nell' Italia di Soverato (e sono infinite le potenziali Soverato), può essere confortante anche un solo cantiere di demolizione perché la vera difesa dalle alluvioni sta nel liberare i corsi d' acqua dall' assedio del cemento. Possono, nel pessimismo di quel che si tocca con mano, dare una speranza i piani stralcio di bacino, quegli studi sui pericoli idrogeologici e sugli interventi necessari che la legge dell' 89 vanamente voleva globali e che solo il disastro di Sarno e il successivo decreto per porzioni di problemi hanno finalmente innescato almeno qui, nella provincia di Genova, la sola delle quattro liguri ad avere completato piani per i torrenti del Ponente, il Varenna e il Chiaravagna, e ad essere quasi al traguardo per quel che riguarda lo Sturla, il Bisagno, il San Pietro e il Lavagna. Il merito è di Paolo Tizzoni, assessore provinciale al Territorio. Glielo riconoscono gli ambientalisti che, pure, non sono mai teneri e che, come Stefano Lenzi, segretario regionale del Wwf, mettono a fuoco le contraddizioni di questo procedere per stralci, per fette di rischi. «Si interviene sui corsi d' acqua», dice. «Certo è un problema macroscopico in Liguria che ha il 90% dei suoi fiumi, dei suoi torrenti funestamente violentato, a volte persino da palazzi, da condomini edificati negli alvei. Ma non basta intervenire sui corsi d' acqua se non si attua una pianificazione globale che comprenda gli aspetti ambientali e di uso del suolo. Se no, succede che si cura l' alveo del San Pietro e parallelamente si permette di continuare la cementificazione della collina, causa primaria del dissesto di quel fiumiciattolo. Se no, capita che si programmi di spendere 500 miliardi per uno scolmatore in grado di compensare le piene del Bisagno, per il rifacimento e l' ampliamento del tratto coperto e, intanto, il Piano regolatore portuale prevede alla foce del fiume l' intoppo di un porto turistico perché quello esistente più a ovest, il Duca degli Abruzzi, verrà interrato per ampliare il cantiere navale». Il «si fa» di Genova e provincia può offrire un briciolo di ottimismo al cronista che viaggia nell' Italia della spada di Damocle ambientale. Ma il «si fa» è ancora embrionale. Lo è sullo Sturla delle ruspe al ponte dell' Aurelia, dei lavori non cementizi (gli ambientalisti, con un' ostica parola, li definiscono di rinaturalizzazione) su un breve tratto dell' argine di destra, dell' abbattimento di una carrozzeria abusiva nel greto alla confluenza del rio Penego. Ma, qualche decina di metri risalendo dalla foce, incombe la strozzatura a gomito dell' alveo sotto la copertura di viale Cembrano e a filo delle fondamenta di un grattacielo. «È un budello di 7 metri di larghezza, diventerà di 21», dice il verde Giorgio Grimaldi, «sta per iniziare la gara d' appalto. Oggi, là sotto, la portata idrica è di circa 120 metri cubi, contro i 350 che costituiscono la soglia minima di sicurezza». Grimaldi è consigliere della Circoscrizione e deve vedersela con il centrodestra che, invece, vorrebbe prolungare il tunnel a monte e a valle «per ansia di parcheggi». Ancora qualche metro ed ecco l' edificio a ponte e a piloni piantati nell' alveo che ospita la facoltà di Farmacia e che, nel ' 92, ha funzionato da tappo. L' edificio deve essere abbattuto. «È pericoloso», decreta Pietro Maifredi, docente di idrogeologia dell' Università di Genova. La Facoltà è destinata a sloggiare. Il preside Gaetano Bignardi dice: «Non posso oppormi. Ma è un lavoro del cavolo. La colpa di tutto è quella strozzatura ad angolo. Del resto, il Ponente è pieno di palazzi, di ingombri di cemento dentro agli alvei, le aree golenali e di esondazione». Si va a Ponente, a Pegli. Nel settembre del ' 93, è stata inondata dal torrente Varenna che, nel tratto più a monte, si è portato via nel fango due persone. In città, il corso d' acqua è «occupato» da una piattaforma dell' Enel. «Dovrebbe essere spostata», dice Antonio Scotto del Comitato difesa di Pegli e della val Varenna. «Stiamo aspettando da 7 anni che avvenga. Ma la causa più grossa dei nostri guai è nella valle che il piano stralcio di bacino dichiara per il 90% sotto rischio di frana e che continua ad essere vittima della voracità delle cave. Hanno immiserito il letto del Varenna buttandoci dentro materiali inutilizzabili che hanno formato vere e proprie colline. Hanno deviato il torrente per proteggersi. Due sono in esaurimento. Una, la Rocca dei Banditi, sembrava dovessero chiuderla. Invece, nel ' 98 la Provincia ne ha autorizzato l' ampliamento, proprio mentre stava per decretare quell' apocalittica percentuale di rischio frane. Le cave usano anche dinamite. Alla faccia delle contraddizioni. Qui, la Provincia ha fatto poco: si è pettinata, invece che risuolarsi le scarpe». Qualche centinaio di metri più a Ponente, ecco il San Pietro che dalla collina scende dentro Prà e, alla foce, è sbarrato da un palazzo di sette piani su palafitte in cemento, sotto cui il torrente passa per entrare nello stretto canale del Porto di Voltri. La Prefettura di Genova, secondo il Wwf, avrebbe formalmente chiesto al Comune e alla Provincia di procedere all' abbattimento. Sarebbe un provvido diktat perché non c' è problema quando il torrente è un rigagnolo, uno sputo, ma può diventare infernale. Allora, non passa e uccide. È successo nel ' 93 quando fu alimentato dalla pioggia, dall' abbandono delle montagne che franano e dilavano, dal dissesto idrogeologico provocato dai casermoni edilizi sulla collina di San Pietro, le cosiddette «lavatrici» per i loro gradoni a oblò, una fra le più terribili, presuntuose e degradate vergogne dell' architettura italiana. Giorgio Parodi, parroco di Prà da quasi tre decenni, dice: «Tante concause, anche quella dell' incoscienza di chi scarica di tutto nell' alveo, mobili vecchi, frigoriferi, materassi sfondati. Il disastro è cominciato a monte. Il torrente è attraversato dal terrapieno di un oleodotto della Snam e scorre in un tunnel che, per la verità, è stato ben calcolato come possibile portata d' acqua. Ma non hanno previsto che la bocca d' ingresso poteva, con la piena, essere ostruita dai rami, dalle piante sradicate. È capitato. L' oleodotto ha fatto diga. Si è formato un lago, ha rotto e noi di Prà siamo andati sotto. Adesso, la Snam ha organizzato un servizio di pulizia degli argini, del greto. Anche la Provincia qualcosa ha messo in atto: muri di contenimento, demolizione di una fabbrica che si frapponeva al corso del fiume e il varo di quei piani stralcio che non permetteranno più di palleggiarsi le responsabilità». «Quando e se arriveranno i quattrini», afferma Pietro Maifredi, «i piani avranno anche una funzione di regia degli interventi. Ma di soldi ne occorrono molti perché il 20% della Liguria è inondabile o vulnerabile dal punto di vista idrogeologico. Adesso, il loro vero valore è conoscitivo. Diffonderanno la cultura del rischio ambientale. Quale sindaco potrà più firmare licenze per costruire nel letto dei fiumi o nelle aree di esondazione, magari in nome dei posti di lavoro e dell' economia? Il San Pietro passa sotto un palazzone. Il Chiaravagna finisce dentro una casa. Sulla sponda sinistra del Deiva, alle Cinque Terre, nel Comune di Framura, c' è un campeggio che, nel ricordo di Soverato, mette i brividi. Sono follie, cecità che la conoscenza e la responsabilizzazione diretta dei sindaci aiuteranno ad evitare». Luigi Passano è il sindaco di Framura. Non s' irrigidisce nel tono della voce quando gli si parla di quel campeggio: «La preoccupazione esiste. Tanto che abbiamo affidato a esperti della materia una verifica sul coefficiente di pericolo. Non c' è stato pollice verso. I proprietari, qualche anno fa, hanno realizzato lavori antierosione sugli argini che sono stati approvati dagli addetti. La mappa regionale rileva zone esondabili solo a monte e a valle rispetto al campeggio. Io, comunque, mi rimetterò al piano di bacino, sperando in un giudizio oggettivo». Il piano è in gestazione. Ma, per ora, è uno «studio propedeutico affidato a consulenti esterni che dovrà essere approfondito». Lo afferma Giotto Mancini, ingegnere della Provincia di La Spezia. Da qui, la sua cautela, la sua «perplessità» anche se «lo studio non ha inserito la zona del campeggio Val Deiva fra quelle esondabili». Quel campeggio è legale, sorge su un terreno privato, ha permessi e timbri. Che sia in regola non rassicura il buon senso di chi lo ha inquadrato nel tramonto sul vasto greto senz' acqua del Deiva. Meglio un trasloco o, come dicono i tecnici, una «delocalizzazione», anche a costo di «oliarla» con un giusto, equo incentivo, perché gli sbagli si pagano e quella licenza è stata uno sbaglio. Guido Vergani (1 - continua) BRUTTAITALIA Gli abusi segnalati a Corriere e Wwf «Bruttaitalia», l' iniziativa del Corriere e del Wwf, continua. Chi volesse può segnalare i casi di scempi ed abusi inviando una lettera (con foto) al Corriere, «Iniziativa Bruttaitalia», via Solferino 28, 20121 Milano, o per e-mail a bruttaitalia@rcs.it. Sul sito del Corriere è possibile vedere tutte le segnalazioni. www.corriere.it/speciali/ bruttaitalia.shtml SU «RADIOTRE» «I mostri», viaggio tra gli scempi «I mostri», un viaggio nell' Italia degli scempi ambientali. È quello che Guido Vergani in collaborazione con il Corriere della Sera conduce su Radiotre, ogni domenica alle 7 e 15. Il programma è anche il frutto della collaborazione con Legambiente e Wwf. Il viaggio di Vergani attraverso l' Italia denuncia vergogne architettoniche, abusi edilizi, dissesti ambientali.

Vergani Guido


mmò la colpa è del sindaco?
c'è qualcuno qui che non ha goduto della cementificazione o della crescita economica negli ultimi 14 anni fottendosene altamente di ambiente territorio emissioni e inquinamento?

benvenuti nell'ANTROPOCENE dicono gli scienziati
 
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