Washington Post affronta tabù lira: minibot, strategia-ricatto per stampare nuova moneta

Non solo della febbre dello spread: ora alcuni analisti tornano a parlare anche della lira. E’ il caso di Yoshinori Shigemi, strategist dei mercati globali di JP Morgan Asset Management che, affrontando l’avversione al rischio presente nei mercati, in particolare nel forex, ritiene che gli investitori continueranno a essere cauti, “vista la questione delle “due lire”. Il riferimento è alla lira turca, tartassata da ripetuti sell off, ma anche al timore che l’Italia del M5S-Lega possa valutare il ritorno alla lira.
Timori davvero fondati?
Tali preoccupazioni sono ben spiegate in un articolo del Washington Post pubblicato qualche giorno fa, firmato dalla penna di Matt O’Brien.
“La prima regola di chi vuole lasciare l’euro è quella di non parlare dell’intenzione di farlo – inizia l’articolo – E questo perchè, se ne parlerai, non solo allontanerai da te una gran parte di elettori che vuole rimanere nell’euro, ma anche perchè sarai considerato colpevole di avere scatenato una corsa agli sportelli che metterà KO l’economia del tuo paese”.
“Nessuno, d’altronde, vuol vedere i propri euro trasformati, diciamo, in una lira che non potrebbe mai valere tanto e, di conseguenza, tutti cercherebbero di ritirare i loro soldi dalle banche, prima che uno scenario del genere si concretizzasse. Ecco perchè la cosa migliore per uscire davvero dall’euro è dire che non si vuole farlo, e allo stesso tempo prepararsi a farlo. L’ipocrisia è necessaria”.
L’articolo ricorda che i populisti italiani (riferimento alla Lega di Matteo Salvini e al M5S di Luigi Di Maio) vogliono avere la libertà di spendere anche a costo di far salire il deficit oltre le soglie decretate dall’Unione europea.
Per il Washington Post, far salire il deficit è infatti l’unico modo per far diventare realtà alcune delle loro proposte, come il reddito di cittadinanza e la flat tax, e per dar vita a un sistema pensionistico che sia anche più generoso, dicendo prima di tutto addio alla riforma Fornero.
Una crescita del deficit italiano, di per sè, sarebbe più che sufficiente per allarmare l’Europa. Il punto è che i due partiti vogliono andare anche oltre: “stampare moneta, o emettere nuovo debito, facendo finta che non lo sia“.
A tal proposito, anche il Washington Post cita i minibot di Claudio Borghi, descrivendoli “bond, che, come la moneta, non pagherebbero interessi e non avrebbero una scadenza e che, così come la moneta, potrebbero essere usati da chiunque per pagare le tasse o per acquistare beni da società statali”.
Il punto, tuttavia, è che “alle aziende private non verrebbe chiesto di accettare tali strumenti di pagamento”. E questo, per il quotidiano, “significa che i minibot non sarebbero utili come l’euro, e quasi sicuramente sarebbero scambiati a sconto rispetto all’euro…la stessa cosa che avverrebbe nel caso in cui venisse lanciata una “nuova moneta italiana”.
“L’unico interrogativo sarebbe capire se questi minibot davvero verrebbero garantiti da future entrate fiscali, come il M5S e la Lega affermano. Se fosse così, questi strumenti IOU (da I owe you, pagherò), sarebbero semplicemente bond che l’Italia non potrebbe vendere; se invece non fosse così, i minibot rimarrebbero comunque una moneta che l’Italia non potrebbe stampare. (moneta parallela)”.
Dunque?
Per il Washington Post, i minibot sarebbero più di quanto si sta affermando: è proprio il caso dire che, nel crearli, l’Italia stia tentando di ripagare l’Europa con la stessa moneta.
Le tensioni tra Roma e l’Ue sarebbero tali da portare Bruxelles a minacciare l’Italia di cacciarla dall’euro?
Semplice: con quella che è stata definita una “moneta parallela”, l’esecutivo M5S-Lega avrebbe anch’esso un’arma per ricattare l’Europa. E quindi gli alti funzionari di Bruxelles non potrebbero fare troppo la voce grossa.
“E’ quello che i populisti della Grecia hanno tentato di fare, senza successo, nel 2015, ed è quello su cui punta l’Italia ora, sperando che (il ricatto) funzioni, per il semplice fatto che l’economia italiana è decisamente più grande di quella ellenica e anche, o soprattutto, perchè l’Europa non riuscirebbe a contenere i danni che soffrirebbe, nel caso in cui l’Italia fosse cacciata dall’euro”.
“L’unica differenza è che i populisti italiani sembrano molto più intenzionati ad abbandonare l’euro di quanto lo fosse la Grecia”. Ed è qui che, pur non menzionando il suo nome, l’articolo fa riferimento al ministro per l’economia designato, Paolo Savona.
Il governo M5S-Lega “ha appena nominato un euroscettico che ha detto che il paese ha ‘bisogno di un piano B per poter lasciare l’euro”, perchè “la Germania non ha cambiato la visione che ha del suo ruolo in Europa dalla fine del nazismo“.
Il Washington Post conclude:
“Suppongo che la seconda regola per lasciare l’euro sia quella di parlarne ogni volta che lo si desideri, una volta messo a punto un piano per stampare una moneta propria”.