Notizie Notizie Mondo Volatilità: la colpa è della liquidità, non dei fondamentali

Volatilità: la colpa è della liquidità, non dei fondamentali

16 Ottobre 2015 13:16
 
Perché, si domandano molti analisti, i mercati sono così nervosi? E’ dalla svalutazione dello yuan e dal ritorno delle preoccupazioni circa l’economia cinese (e a catena di tutti gli “emergenti”) di agosto che i mercati finanziari registrano un elevato tasso di volatilità. “Gli operatori, a mio parere, hanno dato troppa importanza ai fattori di rischio, in particolare a quelli legati alla Cina – è il commento di Christel Rendu de Lint, head of global and absolute return fixed income di Union Bancaire Privée –  Ciò si è tradotto in forti movimenti, esasperati però dall’attuale mancanza di liquidità sui mercati“.
 
Come nel 2008
Secondo Rendu de Lint, durante la correzione di agosto molti indicatori di mercato si sono comportati come nel bel mezzo della crisi del 2008. E’ questo il caso della volatilità dell’indice dell’azionario statunitense (il VVIX), che ha toccato i massimi quando la People’s Bank of China (PBoC) ha annunciato che avrebbe liberalizzato il meccanismo di fixing del tasso di cambio. In Europa, tra il 21 e il 24 agosto, la volatilità intraday dell’EuroStoxx ha registrato gli stessi massimi toccati tra il 3 e il 6 ottobre 2008, all’epoca del crollo di Lehman Brothers. Tuttavia, come sottolinea Rendu, se si considerano i fondamentali, le recenti correzioni estreme dei mercati non hanno proprio alcun senso.
Buoni fondamentali
“Gli investitori devono provare a guardare in maniera razionale i dati macroeconomici – commenta Rendu de Lint – Questi, infatti, stanno dando indicazioni circa la reale direzione della crescita globale”. Gli indici PMI, tra gli altri, mostrano che le economie sviluppate stanno reagendo bene, riportando una crescita discreta, più solida di quella dei Mercati emergenti, che al momento stanno invece rallentando. “Tale divergenza mostra che le dinamiche di crescita sono in una fase di redistribuzione -aggiunge l’analista – In Cina, la crescita non sta crollando, però sta rallentando da diversi anni, ormai. La situazione economica del Dragone infatti non è nuova: non c’è nulla negli attuali dati macroeconomici che giustifichi maggiori timori per le conseguenze del rallentamento dell’economia cinese. Le statistiche ad alta frequenza fanno perfino supporre un rimbalzo dell’attività cinese a inizio 2016“.
 
Le manovre della Fed…
Negli Stati Uniti poi la ripresa economica resta forte, con una crescita vicino al 2,5% per quest’anno e con il mercato del lavoro che è migliorato in maniera significativa. Ciononostante, l’inflazione salariale è ancora debole, fattore che spiega la scelta fatta a settembre dalla Federal Reserve di lasciare i tassi d’interesse invariati. “La Fed non voleva correre il rischio di destabilizzare i mercati – dice Rendu de Lint – La mancanza di inflazione fornisce alla Banca centrale statunitense un po’ di respiro e, oltre a ciò, la Fed può contare anche sull’apprezzamento del dollaro, che sta contribuendo al naturale irrigidimento delle condizioni finanziarie“. Il movimento del biglietto verde farebbe quindi parte degli sforzi della Fed per normalizzare la politica monetaria.
 
… e della Bce
Per quanto riguarda la Banca centrale europea, le aspettative sull’inflazione fanno sì che il programma di acquisto di asset da parte dell’Istituto di Francoforte resti flessibile. Con un’inflazione prevista tra cinque anni, e per i cinque anni successivi, vicina all’1,6%, il presidente della Bce, Mario Draghi, si è detto pronto a intensificare gli sforzi del programma di quantitative easing, se necessario. L’impatto della politica monetaria della Bce si può vedere chiaramente nel sentiment degli investitori. “Tutte queste informazioni stanno dando agli investitori dei punti di riferimento che consentono loro di capire quello che sta succedendo sui mercati con un po’ più di calma”, conclude Rendu de Lint.