Notizie Notizie Italia UniCredit regina in Borsa, mercato snobba Mustier. Ubi: sotto 66,7% Intesa non può imporre cessione filiali a Bper

UniCredit regina in Borsa, mercato snobba Mustier. Ubi: sotto 66,7% Intesa non può imporre cessione filiali a Bper

21 Luglio 2020 14:03

Seconda giornata di buy scatenati sui titoli delle banche italiane, che oggi trovano l’assist anche nel rally generale dell’azionario europeo, in particolare di Piazza Affari, innescato dall’accordo che i leader europei hanno finalmente raggiunto sul Recovery Fund.

The logo of Ubi Banca placed in the headquarters of Brera. UBI Banca S.p.A. is an Italian banking group of cooperative origin, fourth in number of branches with a market share of 6.7% as at 31 December 2018, created on 1 April 2007 from the merger between Banche Popolari Unite and Banca Lombarda. (Photo by Mairo Cinquetti/NurPhoto via Getty Images)

L’indice Ftse Mib di Piazza Affari mette a segno un rialzo superiore a +2% : protagonisti ancora i buy su alcuni titoli, come UniCredit e Banco BPM. UniCredit si conferma il titolo migliore del listino, con un balzo superiore a +4,6%. Banco BPM sale alle 14.09 ora italiana di oltre +3%.

Tengono banco ancora le indiscrezioni su una possibile merger tra le due banche, sulla scia di un incontro tra i rispettivi AD Jean Pierre Mustier e Giuseppe Castagna riportato da Il Messaggero. L’insistenza con cui Mustier comunica di non guardare a operazioni di M&A – di ieri la notizia delle dichiarazioni rilasciate dall’AD al quotidiano svizzero Finanz und Wirtschaft – non sortisce alcun effetto: i mercati sembrano voler continuare a credere a una operazione che veda la banca rafforzarsi, inglobando magari Banco BPM.

Sprint anche per Mps (+5%), che la scorsa settimana ha scelto Mediobanca come advisor per valutare opportune scelte strategiche. Al Mef, tuttora azionista di maggioranza della banca senese ma con tutta l’intenzione di mollare l’osso, non dispiacerebbe una fusione con un’altra banca italiana, e in questo caso  le potenziali spose non mancherebbero.

Ubi Banca osservata speciale, in vista dell’ops che è ormai in dirittura d’arrivo. L’offerta lanciata da Carlo Messina & Co si concluderà infatti il prossimo martedì 28 luglio alle 17.30.

Oggi Il Sole 24 Ore riporta che i fondi sarebbero orientati a dire sì a quell’offerta che gli analisti di Equita SIM hanno definito “irrinunciabile” dopo l’incremento della proposta lanciato da Intesa SanPaolo:

“Se, largo circa, ai soci stabili è attribuita complessivamente una quota vicina al 30%, allocata tra i fondi c’è una fetta del capitale che, secondo le stime, è compresa tra il 38% e il 45%”. Il quotidiano di Confindustria fa notare allo stesso tempo che la parte restante del capitale di Ubi “tra il 25% e il 32% è frazionata tra piccoli risparmiatori“.

Viene fatto notare che, “tradizionalmente, in presenza di Opa, il retail è la componente meno reattiva, ma – a stare ai precedenti – almeno la metà di quel 25/32% di capitale diffuso dovrebbe aderire all’offerta”.

Affinchè Intesa SanPaolo raggiunga il suo scopo, ovvero quello di inglobare Ubi Banca, è necessario che le adesioni degli azionisti di Ubi superino il 50%. Ancora meglio, come situazione “ottimale”, sottolinea ancora il Sole, sarebbe riuscire a “oltrepassare il 66,7%”.

Il Giornale di Brescia rende noto intanto oggi, facendo riferimento ad alcuni rumor riportati dai quotidiani incluso il GdB sull’intenzione di Upifra, holding della famiglia Gussalli Beretta, di aderire all’Offerta Pubblica di Acquisto e Scambio lanciata da Intesa Sanpaolo su Ubi Banca, che la stessa holding Upifra ha smentito le indiscrezioni.

Emessa una nota, in cui la holding “smentisce di aver preso alcuna decisione in merito all’offerta di Intesa Sanpaolo”. La holding – si legge ancora- “sta proseguendo nell’analisi dell’offerta insieme a tutti i componenti industriali del Patto Car“.

Da segnalare, a tal proposito, che il Car è il patto di consultazione di Ubi Banca a cui aderisce il 17,8% del capitale di Ubi Banca, rappresentato praticamente dai soci storici dell’istituto, che rifiutarono subito l’ops da parte di Intesa, definendola ostile e non concordata.

Il patto, di cui possono fare parte azionisti che abbiano almeno l’1% del capitale di Ubi, è composto da Fondazione Crc (5,908%), Fondazione Banca del Monte di Lombardia (3,95%), Polifin e famiglia Bosatelli (2,85%), Next Investment (famiglia Bombassei, 1,005%), P4p Int e famiglia Pilenga (1,001%), Radici Group e famiglia Gianni Radici (1,047%), Scame e famiglia Andreoletti (1,011%) e, per l’appunto, Upifra (famiglia Beretta).

Del dossier Ubi Banca-Intesa SanPaolo scrive oggi anche il Corriere, che sottolinea che “i soci della banca lombarda, in particolare Cassa di Risparmio di Cuneo, Cattolica e Banca di Monte di Lombardia sarebbero soddisfatte” dell’offerta rilanciata da Intesa”.”Non si sarebbero ancora espressi, invece, gli altri azionisti, tra cui i fondi Parvus e Silchester che insieme detengono una partecipazione del 15%”

Proprio il cda di Ubi Banca ha diramato oggi una nota in cui torna a insistere sulla questione dell’accordo concluso tra Bper e Intesa SanPaolo: accordo con cui Intesa ha deciso di cedere più di 530 filiali del gruppo risultante dalla fusione con Ubi.

Così nel comunicato, che riporta “talune integrazioni all’informativa contenuta nel comunicato dell’emittente predisposto dal Consiglio di Amministrazione di UBI Banca”, con riferimento all’offerta pubblica di acquisto e scambio volontaria totalitaria
(promossa da Intesa Sanpaolo S.p.A. e su richiesta della CONSOB. Viene precisato che Ubi Banca, in caso di perfezionamento dell’Offerta, sarà soggetta all’attività di direzione e coordinamento dell’Offerente anche qualora quest’ultimo raggiungesse una percentuale tra il 50% + una azione e il 66,67% del capitale di UBI”, entrando a “far parte del Gruppo Intesa SanPaolo.

In tal caso – si legge ancora – “il Consiglio di Amministrazione di UBI sarà composto in maggioranza da amministratori indipendenti, in forza dell’art. 16 del Regolamento Mercati, come già attualmente previsto dallo statuto della Banca che richiede che i 2/3 dei componenti del Consiglio di Amministrazione siano amministratori indipendenti”.

Riguardo all’accordo relativo alla cessione delle filiali a Bper, su cui Ubi Banca si era già espressa all’inizio di luglio, replicando a Intesa, oggi il cda ha reso noto che, sotto il 66,7% Intesa “non potrà imporre dismissioni filiali a Bper”.

“Si rileva, con riferimento all’Accordo BPER, che il Consiglio di Amministrazione (di Ubi Banca) non ha ritenuto ravvisabile alcun interesse ‘di gruppo’ in relazione alla cessione del Ramo Bancario, giacché l’operazione di dismissione – da realizzarsi ‘per prevenire il sorgere di situazioni potenzialmente rilevanti a fini antitrust’ è meramente funzionale all’attuazione di impegni assunti da Intesa SanPaolo nel suo esclusivo interesse”.

Tale cessione (di 532 filiali) – si legge ancora nel comunicato “rappresenterebbe, infatti, un ‘costo’ per ottenere il controllo della Banca che Intesa SanPaolo intende far gravare su UBI Banca e, per riflesso, sui suoi Azionisti. Per converso, nella prospettiva della Banca, “la cessione del Ramo Bancario modificherebbe […] completamente la natura di UBI Banca, trasformandola in una mera articolazione territoriale della rete distributiva di Intesa SanPaolo priva della capacità di operare quale autonomo centro di profitto”.

“In concreto, dunque, da un lato, Intesa SanPaolo – in quanto capogruppo esercente l’attività di direzione e coordinamento – otterrebbe il vantaggio di poter rimuovere l’ostacolo all’acquisizione rappresentato dalla disciplina antitrust e di ottimizzare la distribuzione dei suoi prodotti finanziari e assicurativi mentre, dall’altro lato, UBI Banca sarebbe privata di oltre 500 filiali, rappresentative di oltre il 30% della rete, vedendosi nei fatti declassata da autonomo centro di profitto (sia pure nella condizione di società soggetta alla direzione e coordinamento altrui) a mero soggetto
‘collocatore’ della capogruppo. Alla luce di quanto precede, e sulla base delle informazioni allo stato a disposizione, è ragionevole ritenere che il pregiudizio subito da UBI Banca non potrà in alcun modo considerarsi ‘compensato’ dall’appartenenza al Gruppo ISP e che, pertanto, nemmeno in ragione del ‘risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento’ ISP potrà legittimamente imporre alla Banca la dismissione del Ramo Bancario”.

Già lo scorso 7 luglio Ubi Banca aveva risposto alla nota di Intesa SanPaolo, affermando che, in assenza di una fusione, Intesa Sanpaolo non avrebbe potuto legittimamente imporre a UBI Banca di dare corso alla cessione del Ramo Bancario a BPER e, conseguentemente, alla cessione dei Rami Assicurativi a UnipolSai.