Stress test a rischio rinvio
Mentre salgono a 31 le banche locali fallite da inizio anno negli Stati Uniti (due nuovi casi nel week end), Wall Street si interroga sull’esito degli stress test agli istituti maggiori. Oggi verranno presentati i risultati degli esami alle 19 più grandi banche del paese, o almeno questo è quanto originariamente previsto dai piani dell’amministrazione Obama. Bloomberg News ha infatti riportato un’indiscrezione secondo cui i risultati dei test saranno annunciati pubblicamente solo giovedì 7 dopo la chiusura dei mercati e in forma riservata, ai singoli istituti, a partire da domani.
Poco male almeno per il mercato, che nelle ultime sedute ha mostrato di avere già scontato ogni sorta di rumor continuando a sostenere il settore. Così sembrano non fare troppo rumore nemmeno le indiscrezioni del fine settimana che vorrebbero le banche Usa bisognose di accedere nuovamente a ulteriori fonti di capitale. Nel week end il Wall Street Journal ha scritto, citando fonti anonime, che Citigroup potrebbe aver bisogno di nuovi capitali fino a 10 miliardi di dollari nei prossimi due anni. Il Financial Times di oggi scrive invece che tale cifra riguarderebbe sia Citi sia Bank of America (finora BofA ha già avuto aiuti pubblici per 45 miliardi). Il quotidiano londinese aggiunge che ulteriore capitale potrebbe essere richiesto da PNC Financial e Wells Fargo. Un’analisi pubblicata negli scorsi giorni dalla casa d’investimenti Friedman Billings Ramsey è andata anche oltre, prevedendo che fino a 14 dei 19 istituti sotto esame avranno necessità di nuovi capitali.
Dal momento in cui i risultati dei test saranno resi noti gli istituti avranno 60 giorni di tempo per raccogliere i nuovi capitali dapprima da investitori privati e attraverso cessioni di asset, in seconda battuta tramite la conversione degli aiuti statali in azioni o l’accesso ai fondi Tarp ancora disponibili, pari a circa 100 miliardi di dollari. Una strada alternativa sarebbe infine la conversione delle azioni privilegiate in mano ad alcuni investitori privati (come nel caso di Citi) in azioni ordinarie, conversione che consentirebbe di accedere a nuovi aiuti pubblici senza che la quota partecipativa statale venga ulteriormente incrementata.