Shock energetico come una carbon tax, BlackRock quantifica l’impatto sull’Europa e spiega come le rinnovabili ne escono rafforzate
Il conflitto in Ucraina ha posto il mondo intero di fronte a un nuovo shock sul fronte dell’approvvigionamento energetico. Il boom dei costi energetici renderà l’inflazione più persistente, rallenterà la crescita e alimenterà la domanda di combustibili fossili non russi nel breve termine. Non mancheranno chiaramente i risvolti a medio-lungo termine anche per quanto riguarda la transizione energetica.
Guerra Ucraina e shock energetico
Quali impatti sul mondo? Cerca di quantificarli il BlackRock Investment Institute (BII). Un paper co-redatto da autori tra cui Philipp Hildebrand, Vice Chairman di BlackRock, Jean Boivin, Head of BII, e Alex Brazier, Deputy Head of BII rimarca come negli Stati Uniti, uno scenario di stallo prolungato lo shock energetico potrebbe avere una portata pari a meno della metà di quella che ebbe lo shock di fornitura di petrolio degli anni ’70. In Europa, invece, la stagflazione vera e propria rappresenta un rischio più serio, dal momento che quest’area dipende dalla Russia per circa il 40% delle sue forniture di gas.
Secondo lo scenario base di BlackRock, l’inflazione dell’area euro potrebbe aumentare di 1-1,5 punti percentuali, mentre la crescita potrebbe vedere un taglio fino a 3 punti percentuali – e anche di più se i prezzi dell’energia dovessero tornare ai massimi di metà marzo. “Pensiamo che il rischio di un disancoramento delle aspettative di inflazione – con le banche centrali che potrebbero essere spinte a frenare le loro scelte di politica monetaria in risposta – sia aumentato. Se l’inflazione più alta comincia a essere vista come la regola, le banche centrali potrebbero vedersi costrette a una costosa distruzione della domanda” si legge nel report.
Uno shock che però porterà a rafforzare la transizione verso le zero emissioni in Europa. La quota del PIL dell’UE spesa per l’energia rappresenterebbe la più alta dagli anni ’80. Per i consumatori poi, lo shock energetico è come una carbon tax, il che rende le rinnovabili ancora più competitive.
Gli Stati Uniti non sentiranno la stessa spinta dell’Europa: sono un esportatore netto di energia primaria e dovranno aumentare la produzione per compensare la riduzione delle forniture russe all’Europa. Hanno inoltre un onere di costi energetici inferiore.