Report Bain & Co: “battaglia banche in Europa”. Italiane tra le peggiori

Brutte notizie per le banche italiane. Un report stilato da Bain & Co. indica che gli istituti di credito fonte maggiore di preoccupazione nel settore europeo sono quelli di Italia, Grecia, Portogallo e Spagna: una percentuale di ben il 28%, tra quelli che sono stati esaminati.
Le banche più deboli sono dunque quelle del Sud Europa e includono ben 11 banche italiane.
Ma desolante è l’intero quadro che emerge dal rapporto di Bain & Co., relativo alle condizioni di salute del settore bancario europeo in generale.
A sorpresa, il numero delle banche europee in condizioni di pericolo è aumentato lo scorso anno: nel 2016 sono state ben 31 le banche rientrate nella categoria delle più deboli, rispetto alle 23 dello scorso anno. Questo, nonostante gli sforzi messi in atto per rafforzare i bilanci e sostenere la reddività.
Di seguito, i punti principali del rapporto di Bain & Co.
- In tutto, il 38% delle banche europee esaminate è riuscito a conservare una solida posizione. “Di questo gruppo fanno parte in modo prominente le banche scandinave, belghe e olandesi, che riportano una performance superiore rispetto a, praticamente, quasi tutti gli indicatori finanziari”.
- Le banche con il peggior modello di business sono il 17% di quelle esaminate e stupisce il numero crescente, in questa categoria, di istituti del Regno Unito e della Germania, inclusi nomi che “a cui solitamente si faceva riferimento quando si parlava di banche in buone condizioni di salute, e che invece fanno fatica a trovare modelli di business sostenibili. Di fatto, praticamente tutte le grandi banche tedesche sono incluse in questa categoria, con la loro redditività ed efficienza a livelli paragonabili a quelle delle controparti in Grecia”. Un vero e proprio schiaffo per Berlino, che ha sempre dato lezioni ad Atene e anche a Roma.
- Per il 17% circa delle banche la priorità è risolvere il problema della debolezza dei bilanci. La percentuale è inferiore al 21% del 2013. Detto questo, “nel corso degli anni, le banche che fanno parte di questo quadrante hanno mostrato vulnerabilità che non sono state ancora messe in rilievo nei loro comunicati relativi a profitti e perdite. Un’importante banca spagnola, per esempio, si è spostata da questa categoria a quella delle banche più preoccupanti in soli due anni”.
- Banche più preoccupanti. Rispetto al totale, il 28% delle banche presenta un segnale di alto rischio, rispetto al 26% del 2013. “Le banche di Italia, Grecia, Portogallo e Spagna rappresentano la maggior parte di questa categoria e sono diventate una specie a parte, che versa in uno stato di continuo stress”. Nella categoria rientrano “alcune cajas o casse di risparmio spagnole, prima della loro scomparsa. I dirigenti di molte di queste banche o non hanno mostrato di avere una visione completa o hanno fatto finta di non vedere i campanelli di allarme”.
L’analisi di Bain & Co. ha preso per esame 111 banche e si presenta come è scritto nel rapporto stesso come un “Heath Check” del sistema bancario,.
“Il costo dell’inerzia è impressionante, con gli investitori che premiano le banche migliori con un price-to-book ratio pari a 1,31, punendo le banche più preoccupanti con un P/BV (appunto price to Book Value o Prezzo su Valore di Libro) pari a 0,31. Sembra inoltre che i mercati azionari tendano a premiare le banche che dispongono di deboli bilanci, assegnando a essere un price-to-book ratio di 0,72, rispetto a quelle banche caratterizzate da debole redditività ed efficienza in tutti gli anni. In quest’ultimo caso, il price-to-book ratio è pari a 0,60″.
Tra gli autori dell’analisi, Joao Soares, afferma di essere preoccupato per il fatto che alcune banche si stanno indebolendo ulteriormente, invece di rafforzarsi. Le banche più forti stanno diventando ancora più forti, ma ci sono diverse che non riescono a seguire lo stesso percorso. Tra l’altro, secondo Soares, l’ipotesi secondo cui prima o poi i tassi di interesse torneranno a salire, risolvendo i problemi di redditività del settore, non è riuscita ancora a concretizzarsi. E c’è l’annoso problòema dei crediti deteriorati, che gli istituti stanno tentando di vendere. Ma raramente lo smobilizzo avviene al valore a cui sono stati prezzati.