Petrolio: il rialzo dei prezzi minaccerà la crescita globale?
I primi segnali di stabilizzazione dell’economia globale e le crescenti speranze sulla ripresa potrebbero sfumarsi con l’aumento dei prezzi del petrolio, in scia alle tensioni in Siria? La domanda, sorta spontanea in questi giorni tra gli operatori, è lecita. Il trend di crescita degli ultimi anni ha infatti subito una battuta d’arresto proprio a causa dell’andamento dell’oro nero che ha agito da freno. Dall’analisi storica emerge inoltre che le cinque maggiori recessioni a livello globale sono state precedute da un picco nei prezzi del petrolio.
A causa dei timori su una guerra in Medio Oriente, e in particolare in Siria, il crude Wti sta oscillando sui massimi a 18 mesi mentre il Brent é vicino al picco toccato a febbraio 2013. L’andamento del petrolio potrebbe incidere sulla ripresa in atto a livello globale in tre modi:
– tenuto conto della fragile domanda globale, l’aumento del prezzo del petrolio può erodere il reddito a disposizione delle famiglie con conseguenze sulla spesa in consumi
– l’aumento del prezzo del petrolio può influenzare la fiducia delle imprese e dei consumatori
– l’aumento del prezzo del petrolio non può essere alleviato da interventi di politica monetaria espansiva dato che le banche centrali mondiali hanno già implementato politiche monetarie estremamente accomodanti.
C’è allora da preoccuparsi? “Alla luce di ciò emerge che allo stadio attuale se l’aumento del petrolio ha carattere temporaneo, tale evento non rappresenta una minaccia reale per l’economia globale. E sulla durata di tale rialzo in atto non dovrebbe incidere la situazione della Siria, qualora il conflitto rimanga confinato in questa area, considerato che il paese non é un importante produttore di petrolio”, risponde Pierre Olivier Beffy, capo economista di Exane BNP Paribas.
Secondo la banca d’affari francese, solo in caso di un rialzo significativo e continuo del petrolio si avrebbe un impatto significativo sulla crescita. Exane ha analizzato l’impatto sulla ripresa, ipotizzando un rialzo dei prezzi del petrolio a 140 e a 160 dollari al barile, cioé un aumento rispettivamente di 25 dollari e 45 dollari rispetto al prezzo spot attuale. “In questo caso sarebbe la Cina il paese che soffrirebbe maggiormente – illustra Beffy – Tra i paesi sviluppati, sarebbe il Giappone, storicamente particolarmente sensibile all’andamento dell’oro (e ancora di più dopo il disastro di Fukushima), quello che subirebbe un impatto maggiore”.