Mercati di Frontiera, alla scoperta degli emergenti del futuro
Il 2017 ha visto il grande ritorno in voga dei mercati emergenti. I flussi consistenti verse azioni e bond emergenti sono stati guidati da fondamentali in miglioramento grazie al miglioramento delle prospettive economiche, risalita dei prezzi delle materie prime e rafforzamento delle valute emergenti contro il dollaro Usa. Il sentiment positivo ha coinvolto anche i meno conosciuti mercati di Frontiera, che in realtà già nel 2016 avevano regalato buone soddisfazioni Si tratta di mercati meno avanzati legati a economie che non rientrano ancora nella cerchia degli emergenti. Se da un lato presentano una rischiosità percepita superiore rispetto agli altri mercati globali, dall’altro presentano un maggiore potenziale inespresso abbinato alla peculiarità di una bassa correlazione con l’andamento dell’equity globale. Negli ultimi 6 anni solo il 2015 gli indici legati a Frontier Market hanno evidenziato ritorni negativi e quest’anno è incamminato molto bene con un saldo positivo a doppia cifra testimoniato dal quasi +27% circa dell’MSCI Frontier in questi primi 10 mesi del 2017. Nel lungo periodo le performance sono decisamente interessanti con un balzo del 72 per cento negli ultimi 5 anni, che si confronta con il +23% circa dell’indice Msci Emerging Markets.
Economie in accelerazione
Diversi paesi di Frontiera hanno visto aumentare la crescita del PIL nel secondo trimestre dell’anno, tra cui Nigeria, Ghana, Ecuador, Mongolia e Vietnam. “La crescita delle esportazioni è migliorata in tre quarti dei Paesi sull’indice di mercato di Next Generation (NEXGEM) di JP Morgan e le riserve di FX sono aumentate in due terzi dei paesi”, rimarca Fitch Ratings aggiungendo come la stabilizzazione dei prezzi delle materie prime ha aiutato i paesi maggiormente dipendenti dalle risorse di base. “I mercati di frontiera dovrebbero seguire lo sviluppo positivo che ha interessato i mercati emergenti negli ultimi trent’anni”, rimarca Emre Akcakmak, Portfolio Advisor del fondo East Capital Global Frontier Markets, che aggiunge: “Per gli scettici che non riescono a vedere la luna, ma solo il dito che la indica, i mercati di frontiera continueranno a essere principalmente un rischio. Tuttavia, noi li reputiamo un’incredibile opportunità, dove però, la gestione attiva è fondamentale per generare rendimenti significativi, in quanto la ricerca di opportunità proficue richiede uno sforzo in più da parte dell’investitore”.
Il World Economic Outlook di ottobre del FMI vede la lista delle economie a crescita maggiore ampiamente dominata dai mercati di frontiera, la cui crescita media nel quinquennio 2018-2022 è prevista essere superiore al 4%.
Poca correlazione con l’equity globale
Tra le peculiarità dell’investimento in questi mercati c’è la relativamente bassa correlazione che hanno tra di loro i vari mercati di frontiera poiché le loro economie risultano guidate principalmente da fattori locali. Pertanto l’eventuale difficoltà di un Paese non va a inficiare il sentiment complessivo sui mercati di frontiera e ne contiene così gli sbalzi di volatilità. Inoltre l’indice MSCI Frontier Market mostra una correlazione bassa sia con l’indice MSCI Emerging Markets che con l’Indice MSCI World.
Argentina e Kuwait pronte al grande salto
Negli indici sui mercati di frontiera, a cui si rifanno alcuni ETF, il peso maggiore lo hanno Argentina e Kuwait (circa il 40% del totale), due paesi che potrebbero acquisire lo status dei mercati emergenti forse già nel prossimo anno. Argentina che proprio questa settimana ha ottenuto l’upgrade a da S&P in scia alle prospettive di crescita stabile nei prossimi tre anni. Peso importante hanno anche economie in forte accelerazione quali quelle di Nigeria e Vietnam.
Tali paesi di Frontiera sono inoltre interessati da un forte slancio riformista. “Argentina ed Egitto sono ottimi esempi di mercati guidati da riforme economiche – sottolinea Emre Akcakmak – che hanno portato alla libera fluttuazione della valuta domestica e al riequilibrarsi degli equilibri di bilancio attraverso varie misure, tra cui la rimozione di alcune regolamentazioni di stampo populista. Dopo anni di diminuzione della competitività, gli esportatori riescono finalmente a sfruttare la debolezza della moneta locale”.
In Argentina le società di utility hanno corso molto dopo la liberalizzazione del mercato, che ha rappresentato una vera rivoluzione trasformando compagnie in perdita, in aziende in grado di generare forti flussi di cassa.
Il replicante sui Frontier Markets
In Italia è presente solo un ETF sui mercati di Frontiera. Si tratta del db x-trackers S&P Select Frontier Ucits ETF 1C che presenta un TER dello 0,95% e si rifà a un indice composto da 40 titoli con dei limiti di concentrazione: una società non può costituire oltre il 10% dell’Indice. Le società sono selezionate anche in base al volume ed alla regolarità della negoziazione delle loro azioni. Nell’indice non possono inoltre essere incluse più di 5 società di un singolo paese e la ponderazione dei titoli di un paese non può rappresentare oltre il 30% dell’Indice. La composizione dell’Indice viene rivista due volte l’anno. L’indice presenta un dividend yield del 2,43%, sostanzialmente in linea con quello dell’indice Msci Emerging Markets (2,32%). Tra i fattori di rischio non va tralasciato quello valutario. In alternativa l’investitore ha anche la possibilità di esporsi su determinate aree di frontiera con alcuni ETF dedicati ai mercati del Medio Oriente/ Nord Africa.