L’Italia al bivio tra riforme ed elezioni, Grosset (Spectrum) delinea lo scenario prima delle urne e quello che serve per il futuro
Il 21 luglio di quest’anno, la coalizione di unità nazionale si è sciolta: con le nuove elezioni alle porte, gli investitori hanno ben più di un motivo per osservare l’Italia con nervosismo. Lo si legge nel report a cura di Christophe Grosset, European Sales Director di Spectrum Markets, secondo cui la mancanza di un’idea chiara in merito alla direzione che potrebbe prendere l’Italia viene riflessa anche dai dati Serix. Nell’ultimo mese, infatti, le oscillazioni del sentiment degli investitori sono state ampie, arrivando comunque ad una media per il mese di settembre di 99, ovvero un valore prossimo alla neutralità.
La strana caduta del governo
L’ultimo governo non può certo essere accusato di non aver fatto passi avanti. Secondo le stime dell’Istat, nel secondo trimestre del 2022 l’economia è cresciuta del 4,6% su base annua. Si tratta, si legge nel report, del sesto trimestre consecutivo di crescita, e della crescita più forte tra i Paesi del G7. Nello stesso periodo, il tasso di disoccupazione è sceso al minimo decennale dell’8,6%. L’Italia è inoltre intervenuta tempestivamente per contrastare il rincaro dei prezzi dell’energia, ridurre gli oneri per le imprese e aumentare il potere d’acquisto.
In questo contesto, secondo Grosset sembrerebbe molto strano che un tale governo intenda dare le dimissioni. D’altra parte, spiega il top manager, in Italia ci sono interessi elettorali e di partito molto radicati, che hanno intaccato la missione di questo malcapitato esecutivo di unità nazionale.
I rischi economici di un’instabilità politica
La direzione che la nuova coalizione, qualsiasi essa sia, prenderà è incerta. Secondo Grosset, la forte dipendenza dell’Italia dalle importazioni di gas naturale, rende il problema dell’impennata dei prezzi dell’energia più serio per il Bel Paese.
Un altro fattore critico, secondo il top manager, è lo sviluppo dei salari: secondo i dati dell’Ocse, tra il 1990 e il 2020 i salari in Germania e in Francia sono aumentati di un terzo in termini reali, mentre qui sono rimasti fermi. Di conseguenza, l’inflazione e la carenza energetica colpiranno più duramente quella che ad oggi è la terza potenza economica in Europa.
Maxi pacchetto di riforme che non può fermarsi
Non bisogna dimenticare, si legge nel report, che l’Italia sta per adottare un pacchetto di riforme fiscali strutturali: tra le misure richieste dall’Ue per dare il proprio assenso all’erogazione dei fondi del piano di ripresa ci sono una nuova legge sulla concorrenza, una riforma fiscale e una revisione di parti del sistema giuridico volta ad accelerare i processi giudiziari, che sono i più lenti d’Europa. Le forti cifre del secondo trimestre di quest’anno sono un buon segno, scrive Grosset, ma non dovrebbero far dimenticare l’importanza del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) per il futuro. Tra il 1999 e il 2019, il Pil italiano è cresciuto solo del 7,9%, rispetto alla crescita francese di oltre il 32%, e quella spagnola di quasi il 44%.
Da un lato, sottolinea Grosset, c’è un accumulo di richieste di riforme che andrebbero approvate e il premier in carica sta seguendo un programma molto ambizioso per attuare il maggior numero di decreti in sospeso prima della fine del suo mandato. Dall’altro ci sono le questioni che non provengono dall’Italia, ma costituiscono sfide più importanti per il nostro Paese piuttosto che per altri. Il cambiamento climatico, secondo il top manager, è un altro ambito in cui l’Italia è particolarmente vulnerabile: se le ondate di calore o i forti temporali sono sempre più problematici in molte aree europee, l’Italia ne è colpita in modo sproporzionato per via del numero di persone che vivono in zone esposte a problemi ambientali.
Tutti questi temi sono stati esplicitamente contemplati nelle 273 pagine del Pnrr. Data l’importanza dell’attuazione di questo piano, secondo Grosset, la rottura della coalizione è stata particolarmente inopportuna.
Il mercato dei capitali in Italia
In termini di capitalizzazione di mercato rispetto al Pil, l’Italia, con una quota del 31% secondo i dati dell’Ocse, ha ottenuto risultati inferiori rispetto alle altre grandi economie europee. Tuttavia, si legge nel report, quasi tutte le economie sviluppate potrebbero affermare che la “cultura del mercato dei capitali” nel loro Paese è poco sviluppata. D’altra parte, secondo Grosset, la solida rete di imprenditori delle Pmi italiane è ancora il motore dell’economia del Paese.
Esiste una forte correlazione tra il regime pensionistico nazionale di un Paese, e le dimensioni e la maturità del suo mercato dei capitali. Come spiega il report, le nazioni con sistemi pensionistici ben finanziati sono anche quelle con una maggiore capitalizzazione di mercato, come per esempio Stati Uniti e Regno Unito. Al contrario, i Paesi con sistemi pensionistici a ripartizione tendono ad avere una minore attività del mercato dei capitali.
Grosset fa notare che, nonostante i regimi pensionistici rimangano sostanzialmente invariati (o forse proprio per questo motivo), vi è un altro movimento nell’attività del mercato dei capitali italiano. Secondo un report della Consob, la quota di investimenti finanziari delle famiglie italiane negli ultimi dieci anni (pur non essendo cresciuta nel complesso) mostra cambiamenti significativi nell’allocazione degli asset. Si registra una costante diminuzione delle obbligazioni, compensata da un aumento dei fondi comuni, delle azioni estere e dei derivati, il che può essere considerato un segnale forte.
In Italia sono state attuate molte misure in più rispetto ad altri Paesi europei. Nel 2017 sono stati introdotti per gli investitori i piani individuali di risparmio (Pir), per incentivare gli investimenti nelle Pmi. In base a questo piano, si legge nel report, gli investimenti in prodotti Pir sono esenti dall’imposta sulle plusvalenze e dall’imposta di successione per almeno cinque anni. Secondo Grosset, si tratta di un’iniziativa che può essere sicuramente sviluppata e che potrebbe essere adottata anche da altri Paesi europei.
Quale strada prenderà il nostro Paese?
“Confido che l’Italia si atterrà al percorso di riforme scelto e che non intenda retrocedere in seguito alle elezioni” afferma Grosset. In generale, prosegue il manager di Spectrum, “è lecito supporre che nessun partito politico riuscirà a portare avanti con successo le proprie promesse elettorali, se dovesse allontanarsi troppo, o troppo a lungo, da un percorso di riforme. Sebbene l’attuale situazione nazionale sia ritenuta molto importante in Europa, le nuove elezioni offrono anche la possibilità a un nuovo governo di accelerare e sostenere le riforme”.