Notizie Notizie Mondo La Russia è veramente a rischio default? La bilancia commerciale ci dice di no

La Russia è veramente a rischio default? La bilancia commerciale ci dice di no

23 Marzo 2022 14:54

La Russia sembrerebbe per il momento aver schivato il default pagando le cedole da 117 milioni di dollari ma sempre più banche d’investimento continuano a declassare i titoli russi convinte che il default sia solo una questione di tempo. Le più importanti agenzie di rating come Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch hanno tagliato i rating sui titoli di stato russi portandoli a “quasi spazzatura”. Ma anche se le sanzioni di Europa e Stati Uniti stanno mettendo a dura prova la stabilità economica di Mosca, la Russia si prepara alla prova del default con i conti “relativamente” a posto. Diversi analisti hanno fatto notare che la Russia si trova in una situazione nettamente migliore rispetto al 1998 (anno del default), ma anche rispetto al 2014 (anno di invasione della Crimea). Sembrerebbe dunque che Mosca abbia delle buone difese contro le recenti sanzioni imposte dall’Occidente grazie a un forte bilancio delle partite correnti e al suo buffer finanziario che è stato costruito attraverso l’accumulo di riserve internazionali, oltre che dai continui introiti dalle esportazioni di gas e petrolio.

Avanzo record della bilancia commerciale

Il forte aumento del prezzo di queste due materie prime ha permesso alla Russia di registrare un avanzo record delle partite correnti di 120 miliardi di dollari nel 2021, pari a circa il 7,5% del Pil. Infatti ricordiamo che la Russia è il maggiore esportatore di gas naturale al mondo e il secondo esportatore al mondo di petrolio greggio e derivati. Come altri Paesi esportatori trae quindi vantaggi enormi dai prezzi del Brent che per la prima volta dal 2014 sono saliti ai massimi, superando i 100 dollari al barile. Bisogna infatti considerare che le sanzioni occidentali non hanno colpito al momento le materie prime e la Russia non esporta solo gas e petrolio. Infatti Mosca è uno dei più grandi esportatori di grano (il cui prezzo è esploso negli ultimi mesi), ma anche di nichel, palladio e titanio (basti pensare che l’industria aerospaziale acquista circa 1/3 del suo titanio dalla Russia), e un aumento dei prezzi di queste materie prime sta portando grandi benefici al saldo di bilancio di Mosca.
Come vediamo dal grafico della bilancia commerciale russa mostra un aumento dal 2021 dell’avanzo di bilancio, ovvero il Paese sovietico continua ad esportare più di quanto importa. Nel gennaio del 2022 l’avanzo commerciale della Russia è aumentato a 21,17 miliardi, sostenuto dalle vendite ai paesi non appartenenti alla CSI (organizzazione internazionale di cooperazione economica, politica e militare) che sono aumentate del 76,9%.

La società di gestione del risparmio britannica Algebris stima che a fine anno il bilancio delle partite correnti russe, vale a dire la differenza tra i soldi che entrano nel paese e quelli che escono, possa raddoppiare superando la soglia dei 200 miliardi di dollari. Anche Goldman Sachs prevede che il conto delle partite correnti russe rimanga sostanzialmente invariato nel 2022 a un record di 205 miliardi di dollari. Tutte risorse con cui Mosca può sostenere le sue finanze e, potenzialmente, ripagare i propri debiti.

La dipendenza dalle materie prime

La Russia incassa quasi 1 miliardo al giorno dalla vendite del gas e petrolio, introiti che vengono utilizzati in gran parte per difendere l’economia e tentare di stabilizzare il rublo.

Come è facile immaginare sono aumentate le esportazioni russe del 72% rispetto all’anno precedente a 45,93 miliardi di dollari nel gennaio 2022.

L’economia russa risulta essere quindi fortemente dipendente dalle esportazioni di materie prime, con entrate derivanti dalla vendita di petrolio greggio, prodotti petroliferi e gas naturale che rappresentano circa la metà del bilancio federale. Le principali esportazioni della Russia sono: combustibili e prodotti energetici (il 63% delle spedizioni totali), metalli (10%), macchinari e attrezzature (7,4%), prodotti chimici (7,4%) e prodotti alimentari e agricoli (5%). Mentre i principali partner di esportazione sono: Cina (12%), Germania (9%), Paesi Bassi (8,4%), Italia (5,8%), Bielorussia (4,7%), Turchia (4,4%) e Giappone (4,1%). Tutto questo prima dell’invasione della vicina Ucraina e delle sanzioni occidentali che si stanno facendo via via più pressanti e diversi marchi globali e importanti aziende di settori che vanno dalla tecnologia all’automotive e all’energia hanno sospeso le loro operazioni nel Paese.

Inoltre, bisogna considerare che a marzo la Russia, in risposta alle sanzioni occidentali per l’invasione dell’Ucraina, ha imposto un divieto all’esportazione di oltre 200 prodotti, tra cui apparecchiature per telecomunicazioni, mediche, automobilistiche, agricole ed elettriche, fino alla fine del 2022.

Tabella delle esportazioni della Russia per tipologia di prodotto

Le riserve valutarie e di oro

In conclusione, i prezzi elevati dell’energia sono alla base del significativo avanzo delle partite correnti della Russia, sono ora più che mai una fonte fondamentale di entrate in valuta estera, soprattutto perché le sanzioni hanno congelato circa la metà delle riserve internazionali del Paese.

La Russia ha un’altra carta nella manica: le riserve. Le riserve valutarie lorde russe (escluso l’oro) si attestano attualmente a poco meno di 500 miliardi di USD, rispetto ai 339 miliardi di dollari di fine 2014 e le coperture del debito a breve termine, che erano già buone nel 2014 (232%), ora sono ancora migliori (439%).

Inoltre le riserve oro russe hanno superato il valore delle riserve detenute in dollari, infatti, già nel 2020 la banca centrale russa aveva già comunicato di aver raggiunto la quantità di oro che si era prefissata per rendere la propria economia indipendente dal dollaro, con una quantità di riserve oro in lingotti che si calcola intorno alle 2300 tonnellate. Un valore che si aggira intorno al 23% delle proprie riserve finanziarie, una percentuale seconda solo alle riserve che la Russia detiene in euro che sono di poco inferiori al 30% del totale delle riserve detenute.