La Corte tedesca lancia ultimatum alla Bce. Con il QE è andata ‘ultra vires’ , ora rischia di perdere la Bundesbank
Il verdetto della Corte costituzionale tedesca sul programma PSPP della Bce, più noto come Quantitative easing, arriva e qualcuno, come Holger Schmieding, responsabile economista di Berenberg, definisce la sentenza un “piccolo big bang”. Qualche filo da torcere alla Bce, i giudici tedeschi lo hanno infatti dato, anche se vale la pena sottolineare che non spetta certo a una corte tedesca, pur se costituzionale, dare ordini alla banca centrale.
Questo primo punto va chiarito per ridimensionare la portata della decisione, allo stesso tempo non sottovalutandola.
Oltre a rimbrottare il governo di Angela Merkel e il Bundestag per non aver vigilato in modo sufficientemente oculato sugli acquisti di debiti sovrani dell’area euro da parte della Bce, i giudici hanno lanciato, di fatto, un ultimatum alla Bce. O Christine Lagarde & colleghi spiegano entro l’arco dei prossimi tre mesi il perché questo piano PSPP sia così importante, oppure la Bundesbank, banca centrale tedesca, non vi parteciperà più.
“Considerata la loro responsabilità nei confronti dell’integrazione europea – si legge nel verdetto della Corte costituzionale tedesca – il governo federale e il Bundestag sono chiamati ad adottare misure per assicurarsi che la Bce conduca una valutazione sul principio di proporzionalità”.
Detto in parole povere, le autorità tedesche devono essere sicure che il Quantitative easing rispetti il principio di proporzionalità.
La questione ruota infatti tutta attorno al rispetto di questo principio, la cui osservanza deve essere garantita, in base a quanto statuito dai Trattati europei. Tale principio, si legge nel sito dedicato alla legislazione in Ue, analogamente al principio di sussidiarietà, “regola l’esercizio delle competenze esercitate dall’Unione europea. Esso mira a inquadrare le azioni delle istituzioni dell’UE entro certi limiti. In virtù di tale regola, l’azione dell’UE deve limitarsi a quanto è necessario per raggiungere gli obiettivi fissati dai trattati. In altre parole, il contenuto e la forma dell’azione devono essere in rapporto con la finalità perseguita. Il principio di proporzionalità è illustrato nell’articolo 5 del trattato sull’Unione europea. Il protocollo (n. 2) sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, allegato ai trattati, specifica i criteri di applicazione di questo principio”.
Nel caso specifico della Bce, la Corte costituzionale tedesca si è chiesta se l’istituzione abbia rispettato in toto questo principio. La risposta non è delle migliori: la Bce è andata oltre il suo mandato, in quanto non è riuscita “a garantire il necessario equilibrio tra l’obiettivo di politica monetaria prefissato (ovvero la stabilità dei prezzi) e tra gli effetti sulla politica economica derivanti dall’applicazione del programma (QE)”.
In questo contesto, il governo tedesco non sarebbe neanche riuscito a contrastare o quanto meno a chiedere spiegazioni alla Bce in merito alla sua decisione di acquistare i bond sovrani. Insomma, i giudici hanno sottolineato come le autorità tedesche non abbiano mai indagato sull’effettiva necessità, da parte della banca centrale, di varare un piano fondato sull’acquisto dei titoli pubblici.
E ora, a dare queste spiegazioni, dovrà essere la stessa Bce, pena l’addio al suo piano PSPP da parte della Bundesbank.
Il messaggio è scritto nero su bianco: quel programma è frutto di una decisione della Bce “ultra vires”, dunque al di là dei suoi poteri.
Di conseguenza, “la Bce ha tre mesi di tempo per dimostrare che gli obiettivi di politica monetaria perseguiti dal programma di acquisto di titoli pubblici non sono sproporzionati rispetto agli effetti di politica fiscale ed economica derivanti dal programma”.
In caso contrario, recita ancora il verdetto, “la Bundesbank potrebbe non partecipare più alle decisioni della Bce sul PSPP”. Non solo: I giudici hanno anche stabilito che, in caso di addio della banca centrale tedesca al piano QE, la stessa dovrebbe vendere i Bund acquistati che, stando ai calcoli che risalgono alla fine di aprile e che sono stati riportati da Reuters, ammonterebbero a 533,9 miliardi di euro.
Lo smobilizzo avverrebbe comunque – hanno precisato i giudici – sulla base di “una strategia, possibilmente di lungo termine, coordinata” con il resto dell’Eurozona.
Se qualcuno ha ridimensionato l’importanza del verdetto, altri hanno manifestato tutto il timore che la sentenza di oggi costituisca un precedente pericoloso per l’Europa e le sue istituzioni.
Così ha commentato per esempio l’europarlamentare spagnolo Luis Garicano, nel sottolineare che la sentenza rappresenta una minaccia per le istituzioni europee:
“Sono molto preoccupato per il futuro dell’Europa. L’Europa non può funzionare se le corti costituzionali di ogni nazione prendono decisioni unilaterali…Aspettatevi che le corti costituzionali di Ungheria e Polonia seguano questo precedente”, si legge in un suo post su Twitter.
I punti focali che emergono dal verdetto sono stati elencati da Carsten Brzeski, responsabile economista della divisione dell’Eurozona di ING, che ha parlato anche lui di decisione Big Bang.
- Fattore positivo per la Bce, ha detto, è che la corte ha stabilito che “il QE non ha violato il divieto di finanziamenti monetari a favore dei governi”.
- Detto questo, il governo e il parlamento tedeschi hanno “il dovere di prendere misure attive contro il PSPP nella sua forma attuale”.
- E “alla Bundesbank non sarà più permesso di partecipare al QE o ai reinvestimenti, a meno che, per l’appunto, la Bce non presenti le prove sulla necessità del programma PSPP.
In più, in pericolo è lo stesso status della Corte di giustizia europea.
La battaglia tedesca contro il QE va avanti, infatti, da parecchio, tanto che anni fa i giudici tedeschi si rivolsero anche alla Corte di giustizia europea, nella speranza di ottenere una sentenza che limitasse l’autorità della Bce. Ma il tribunale dell’Unione europea rigettò l’istanza. Era il dicembre del 2018, quando la Corte europea spiegò in una sentenza che i suoi giudici avevano stabilito che il programma PSPP non travalicava il mandato della BCE.
Ma, con la sentenza di oggi (leggi il verdetto), come spiega anche Carsten Nickel, vice direttore della divisione di ricerca Teneo, “i giudici tedeschi hanno stabilito che la corte di Lussemburgo (di Giustizia Ue) non ha protetto gli stati membri dalla potenziale espansione delle competenze delle istituzioni Ue al di là di quanto concordato da governi democraticamente eletti”.
Di conseguenza, la corte di Karlsruhe oggi ha dichiarato che la sentenza della Corte di giustizia europea non è vincolante per quanto concerne le sue proprie decisioni”. Un precedente che rischia di alimentare le tensioni tra i tribunali delle nazioni dei paesi membri e la Corte Ue.
In tutto questo, un elemento positivo è la precisazione fatta dalla Corte costituzionale tedesca, che, in tempi di crisi da coronavirus, ha specificato che “la decisione pubblicata oggi non interessa qualsiasi misura di assistenza finanziaria adottata dall’Unione europea o dalla Bce nel contesto attuale della crisi di coronavirus”.
Dunque, il QE pandemico da 750 miliardi di euro annunciato dalla Bce di Christine Lagarde come misura anti-Covid-19 non sembra a rischio. Almeno per ora. Per ora, visto che alcuni analisti avevano già paventato ripercussioni negative sulla misura.
LA REAZIONE DEI MERCATI
L’annuncio della Corte Costituzionale tedesca è stato accolto con vendite sui bond tedeschi, sui BTP e sull’euro. I tassi sui BTP decennali sono saliti fino all’1,87%, a fronte di uno spread BTP-Bund a 10 anni balzato ai massimi di giornata a 245 punti base, rispetto ai 228 punti precedenti il verdetto.
I tassi sui Bund decennali sono saliti fino a un massimo intraday pari a -0,517%.
La Bce ha acquistato bond per un valore di quasi tre trilioni di euro dal 2015.