Inflazione prenderà Fed alla sprovvista? Outlook tassi per 2018-2019
L’outlook sull’inflazione prenderà per caso la Fed alla sprovvista? Le ultime ore sono state piuttosto concitate per chi scommette sugli asset finanziari Usa. In diversi hanno messo in discussione le strategie adottate fino a lunedì scorso, 30 aprile. E’ stato infatti quello il giorno in cui la pubblicazione dei dati relativi alle spese per consumi e ai redditi personali ha messo in evidenza che il parametro favorito dalla Fed per monitorare l’inflazione è salito dell’1,9% nei dodici mesi terminati a marzo, su base annua.
Si tratta della componente core dell’indice PCE (indice dei prezzi dei consumi personali, depurato dalle componenti più volatili, ovvero dai prezzi energetici e dei beni alimentari), che è balzata al tasso più alto dal febbraio del 2017, dopo il rialzo dell’1,6% a febbraio. Su base mensile, l’indicatore è salito di appena +0,2%, come a febbraio.
In realtà, il trend era atteso sia dagli economisti che dai funzionari della Fed. Di conseguenza, Jerome Powell & Co. non dovrebbero apportare modifiche alle proprie stime sul percorso dei tassi. Ma un sondaggio condotto dalla Cnbc – il Cnbc Fed Survey – mette in evidenza come la maggior parte degli intervistati preveda ora livelli di inflazione – e di tassi – più elevati rispetto ai valori che erano stati stimati nei sondaggi precedenti.
Per la riunione del Fomc di queste ore – che si concluderà stasera con l’annuncio sui tassi alle 20 ora italiana – l’outlook rimane lo stesso: i tassi sui fed funds sono attesi fermi al range compreso tra l’1,5% e l’1,75%.
Tuttavia, la probabilità che la Fed alzi il costo del denaro a giugno è aumentata all’86%. C’è ancora incertezza su cosa farà la Banca centrale Usa dopo il mese di giugno: dei 37 esperti interpellati – economisti, gestori dei fondi e strategist – il 46% crede che ci saranno altre due strette monetarie nel 2018; un altro 46% ne stima altre tre (oltre quella di marzo).
“Il forte momentum economico e l’accelerazione dei prezzi e dei salari potrebbero portare la Fed ad alzare i tassi altre tre volte (dopo marzo), nel corso di quest’anno”, ha commentato Kathy Bostjancic, responsabile della divisione di servizi per gli investitori macro presso Oxford Economics Usa.
E per il 2019, se è vero che la stima mediana è di due rialzi dei tassi, il 43% cita il rischio che il numero delle strette monetarie possa essere pari a tre o addirittura a quattro.
D’altronde, le aspettative per il trend delle pressioni inflazionistiche degli stessi esperti sono più elevate: gli interpellati prevedono che, su base annua, l’inflazione salirà quest’anno del 2,45%, rispetto al 2,14% previsto lo scorso luglio.
Inoltre, dopo un primo trimestre debole, gli intervistati hanno tagliato l’outlook sul Pil del 2018 al 2,7%, alzando però quello relativo al 2019 a +2,8%, a fronte di una probabilità di una recessione nei prossimi 12 mesi che rimane bassa al 16,5% (anche se in lieve rialzo rispetto allo stesso periodo dello scorso anno).
Poco entusiasmante, in questo contesto, l’outlook per Wall Street, ma solo per il 2018.
Le previsioni sono di un indice S&P 500 che terminerà il 2018 a 2.787 punti, ovvero a un valore inferiore di 150 punti, o del 5%, rispetto all’outlook di gennaio. Detto questo, gli intervistati vedono per l’azionario un margine di rialzo del 7,5% dai livelli attuali a 2.879, entro la fine del 2019.